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(5 Agosto 2011) Enzo Apicella

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Milano. Lavoratori contro la crisi

(17 Aprile 2009)

Dappertutto si sentono discorsi intorno alla crisi: crisi globale, crisi finanziaria internazionale, crisi dell’economia italiana, crisi dell’industria italiana, crisi… Molti sono concordi nel minimizzare il disastro economico e nessuno ammette la profondità di questa crisi, che non è possibile arrestarla, almeno per un certo periodo. Le previsioni sono sempre più nere, soprattutto per l’Italia: Prodotto Interno Lordo in caduta del 4,2%, disoccupazione in costante aumento, aumento della cassa integrazione ordinaria e straordinaria, rincaro delle spese per la casa, generi alimentari, trasporti, scuola, servizi sanitari…
Le cifre della crisi sono impressionanti: negli USA 12 milioni di senza lavoro; in GB 2 milioni; in Italia il 20% delle persone sono già sotto la soglia di povertà; in Europa vengono stimati 25 milioni di disoccupati entro il 2010.
Poco o niente di concreto viene fatto a favore dei lavoratori e la recessione, come sempre accade, viene pagata duramente dai lavoratori, soprattutto i salariati.

I continui messaggi mediatici hanno una precisa funzione: far metabolizzare ad una classe operaia e lavoratrice, che è stata nel corso del tempo spezzata, dispersa, diminuita, intontita, deviata, togliendo lavoro e fabbriche, punti di aggregazione e organizzazione, il solito contenuto ma elevato alla massima potenza: l’unica possibilità dentro tutte queste crisi è la ripresa ancor più vigorosa dei valori del capitalismo, cioè il profitto e lo sfruttamento ma in un quadro nuovo e più avanzato (per il capitale).
Un riammodernamento capitalistico che deve avvenire senza ostacoli attraverso l’accettazione del comando d’impresa, l’assimilazione della sua cultura e della sua mentalità, della ristrettezza dei suoi principi, del suo rifiuto a qualsiasi forma vera di conoscenza ed analisi, della sua totale indifferenza verso i lavoratori e i ceti popolari, se non come oggetto di “compassione” (vedi social card ai pensionati)
Questo si traduce, da una parte nel fare quadrato attorno al rifinanziamento, sempre con i soldi dei lavoratori, delle banche e istituzioni finanziarie, vero centro e meccanismo essenziale della circolazione capitalista, il fulcro della vita economica, della produzione, della distribuzione dei vari prodotti, fonte principale degli straordinari profitti accumulati in questi anni. Dall’altra, nell’estendersi della repressione dei ceti popolari e dell’autoritarismo complessivo sulla società, una democrazia autoritaria accentuata dal bipolarismo.
Sul piano della sicurezza del lavoro vengono rimodulate e vanificate le sanzioni per le imprese, viene limitato un già limitativo “diritto” di sciopero, si firmano protocolli sulle forme di lotta lecite e illecite, si cerca di eliminare l’art. 18 sul licenziamento per giusta causa, si riformano la contrattazione e il salario, che si vuole legato esclusivamente alla produttività, si allunga l’età pensionabile di uomini e donne, si estende il precariato. Un futuro che per i lavoratori si profila senza nessuna libertà e benessere, senza aria né luce.

Se la paura di rimanere senza un salario porta la moltitudine dei lavoratori ad essere disponibili a lavorare di più con meno diritti e meno salario, esistono e si moltiplicano anche le realtà occupazionali che rispondono con la lotta alla crisi che i padroni ci stanno facendo pagare, che ragionano di controllo operaio sulla gestione economica e finanziaria, sui costi e sugli investimenti dell’azienda. Sono un esempio nel territorio milanese la INN.SE. Presse di via Rubattino, la TEREX di Cusano Milanino, la Metalli Preziosi di Paderno Dugnano e tante altre.
In altri paesi europei cominciano a prendere forma risposte efficaci a queste elitè finanziarie, industriali e politiche che hanno saccheggiato il pianeta alla ricerca del massimo profitto a breve termine mediante continue fusioni, acquisizioni, speculazioni, delocalizzazioni.
In Francia, ad esempio, la dura e lunga lotta dei lavoratori delle colonie della Martinica e Guadalupa, portata avanti con ogni mezzo necessario e fuori dalle regole imposte, ha costretto la Medef (Confindustria francese) ad aumentare i salari di 200 euro al mese. La mobilitazione, sostenuta dal 78% dei francesi, contro il piano fiscale del governo a protezione dei più ricchi, ha visto la partecipazione di milioni di persone in tutto il paese.
Sull’esempio della lotta nelle Antille anche nella francia metropolitana la lotta sociale ha ripreso vigore destabilizzando la strategia del governo. Sotto lo slogan “no al profitto” si moltiplicano i movimenti contro i licenziamenti, con picchetti di 24 ore su 24, lotte dure e lunghe come alla Continental, alla Sony, alla STPM, alle poste ecc…

A partire da questi brevi spunti di riflessione proponiamo un incontro per discutere e confrontarci a partire dalle diverse esperienze lavorative e di lotta. Un’ulteriore occasione per socializzare una conoscenza maggiore delle difficoltà e delle prospettive di lotta, nel tentativo di stimolare una concreta partecipazione e un convinto sostegno collettivo alle risposte che già oggi e ancor più nell’immediato futuro dobbiamo dare.

VENERDÌ 17 APRILE, ALLE ORE 21
diamo voce alle esperienze di lotta contro i licenziamenti, le ristrutturazioni, la precarietà parlano i lavoratori di alcune realtà del territorio milanese
in via Conte Rosso, 20 – Lambrate (Milano)
per informazioni: retedeilavoratori@gmail.com

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