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Connessioni inquietanti tra i mercenari neutralizzati in Bolivia e le reti terroristiche attive in Europa

(20 Aprile 2009)

La storia di Eduardo Rosza Flores, uno dei tre mercenari uccisi dalle forze di sicurezza boliviane dopo un violentissimo scontro a fuoco, è rivelatrice di scenari inquietanti che collegano i gruppi eversivi in America Latina con reti analoghe anche in Europa.

Eduardo Rosza Flores nasce in Bolivia nel ’60 da padre ebreo comunista ungherese e madre cattolica boliviana, dopo un passaggio in Cile e uno in Svezia, a 14 anni ritorna in Ungheria. A Budapest finisce gli studi e si arruola. Si specializza militarmente in Unione Sovietica, ma dopo meno di due anni si dimette. «Niente di più noioso che fare il soldato in tempo di pace», spiegherà. Vivrà per un periodo in Israele «alla ricerca delle radici».

Nel ’91 Flores era corrispondente per il quotidiano spagnolo Vanguardia e il giornale di Barcellona lo mandò a seguire gli albori del conflitto yugoslavo. Osservò due cose. «Che mi trovavo meglio con i soldati croati che con i miei colleghi» e che «i serbi sparavano deliberatamente sui giornalisti».Si licenziò con un telegramma, si arruolò direttamente nell’esercito croato, fondò la Brigata internazionale (Piv): una sorta di legione straniera di cui, col grado di colonnello, divenne il capo. Rosza Flores organizzò la fuga degli ebrei albanesi da un paese ormai in disfacimento. Operazione di certo gradita al Mossad. Più di recente, fu avvistato in Iraq; si presume col ‘gradimento’ della Cia. Di passaporti ne aveva diversi
Eduardo Rosza Flores è anche il protagonista del film "Chico. Una storia di guerra croata, ungherese ed ebrea" che ricevette alcuni premi nella Repubblica Ceca ed è il frutto di una coproduzione cilena, ungherese, croata, francese.

"Nel ’94, trascorsi un paio di giorni con lui - racconta sul Quotidiano Nazionale il giornalista italiano Andrea Cangini - e dopo l’uscita dell’intervista, fummo abbordati da un fotoreporter. Ci mise in guardia. Considerava Flores responsabile dell’assassinio di due giornalisti che indagavano su un traffico d’armi".

Il coinvolgimento di mercenari europei, già attivi nelle milizie di destra all’interno della guerre che hanno dilaniato la Jugoslavia negli anni Novanta, rivelano all’opinione pubblica internazionale l’esistenza di una rete terrorista neofascista ancora attiva e che trova nelle forze reazionarie ancora dominanti in alcune regioni boliviane, un inquietante centro di complicità. Lo scenario disegnato dagli attentati contro il Presidente e il Vicepresidente della Bolivia e contro il cardinale di Santa Cruz appare estremamente grave e preoccupante non solo per la Bolivia ma per tutte le forze democratiche e progressiste dell’America Latina e del mondo.

I democratici e i progressisti italiani non possono rimanere indifferenti di fronte alla gravità dei fatti accaduti in Bolivia. Non solo per la simpatia e la solidarietà verso il primo presidente indigeno nella storia recente dell’America Latina e della Bolivia o per il processo democratico e popolare che la nuova Costituzione boliviana sta realizzando. Quanto accaduto in Bolivia concretizza agli occhi dell’opinione pubblica l’esistenza ancora attiva di quella rete terroristica neofascista che ha insanguinato con attentati e stragi anche la storia recente dell’Italia e che ha trovato storicamente rifugio e complicità proprio negli ambienti della destra boliviana che oggi si oppone violentemente al cambiamento democratico in corso in Bolivia. Non è irrilevante ricordare che il fascista italiano Stefano Delle Chiaie collaborò insieme al nazista tedesco Klaus Barbie nel golpe militare del 1980 in Bolivia e assunse incarichi di consigliere nel regime emerso dal golpe o che - molto più recentemente - un altro fascista italiano rifugiatosi in Bolivia, Marco Marino Diodato, è coinvolto nella strage degli indios sostenitori di Evo Morales avvenuto a Pando nel settembre 2008 e fondatore nel '94 dell'organizzazione paramilitare FRIE, la Fuerza de Reacion Immediata del Ejercito
Esprimendo la nostra piena solidarietà al Presidente Evo Morales, al suo governo e al popolo boliviano intendiamo esprimere anche la nostra determinazione nel combattere in ogni angolo del mondo il terrorismo neofascista che intende sbarrare la strada al protagonismo popolare nei processi di cambiamento democratico, in Bolivia come in Europa.

la redazione di Contropiano
la redazione di Nuestra America

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