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Inchiesta. Profumo cede i mutui UniCredit agli amici di Galan

Il 10 novembre 2008 UniCredit Banca per la Casa Spa ha ceduto i crediti relativi a mutui ipotecari privati alla società Cordusio RMBS Securisation Srl

(29 Aprile 2009)

In questi giorni migliaia di titolari di mutui UniCredit stanno ricevendo una lettera in cui viene loro comunicato che il 10 novembre 2008 UniCredit Banca per la Casa Spa ha ceduto i crediti relativi ai loro mutui ipotecari alla società Cordusio RMBS Securisation Srl. Si tratta di un’operazione di cartolarizzazione. Il veicolo Cordusio incassa crediti per quasi 24 mld di euro ed emetterà bond per 22,5 mld garantiti dal pagamento delle rate da parte di coloro che negli anni passati hanno acceso mutui presso UniCredit. Un’emissione che viene definita dal Sole24Ore “mozzafiato, senza precedenti per il mercato italiano e tra le più grandi in Europa”. UniCredit assicura che questa operazione ha scopo puramente “prudenziale”, perché la banca non ha problemi di liquidità e che i titoli verranno utilizzati come collaterale nelle operazioni di rifinanziamento da parte della BCE, cioè a garanzia dei prestiti concessi da quest’ultima. Moody’s inizialmente assegna al bond rating A1, il livello più alto della classe A, che contrassegna i “debiti di buona qualità, ma con rischio futuro”, dunque un titolo di qualità “media”. A febbraio lo aumenta addirittura al livello più alto Aaa (prime: massima sicurezza del capitale, quello assegnato ai titoli di Stato americani): "L'azione di rating odierna è scaturita dall'aumento della riserva di cassa dell'operazione da 150.000.000 euro (0,63% del portafoglio originario) a 880.000.000 euro (3,7% del portafoglio originario), interamente finanziato da un ulteriore prestito subordinato" – afferma l’agenzia, presa da un ottimismo repentino quanto inspiegabile e che negli anni passati aveva assegnato rating incredibilmente alti ai titoli legati ai mutui subprime.

Cordusio è un veicolo finanziario già utilizzato in passato da UniCredit e da altre banche confluite nel gruppo guidato da Profumo, in particolare dalla Banca di Roma-Capitalia prima della fusione. Il nome potrebbe suggerire che si tratti di una finanziaria collocata nel perimetro della stessa banca (UniCredit ha sede in uno storico immobile di Piazza Cordusio a Milano), ma non è così. UniCredit comunica ai suoi clienti che tratta di una Srl con sede legale a Verona, Piazzetta Monte 1, con un capitale sociale di 10mila euro (sic!) e un socio unico, di cui, nella lettera inviata in questi giorni a migliaia di titolari di mutui, non si fa il nome. Andando a scartabellare nel sito della banca si scopre che il socio unico è SVM Securisation Vehicle Management Spa. A sua volta questa fa parte di Finanziaria Internazionale Holding Spa, con sede a Conegliano Veneto e facente capo a due soci Enrico Marchi e Andrea De Vido, attraverso una ragnatela di partecipazioni piuttosto intricata a quanto riportato sul forum di Yahoo Finanza
( http://it.messages.finance.yahoo.com):

il Dr. Enrico Marchi e il Dr. Andrea De Vido detengono rispettivamente circa il 44% e il 42% di Finanziaria Internazionale Holding S.p.A.

Secondo la stessa fonte la “ragnatela” è così costituita:

(i) Marchi G. & C. S.r.l. (società che detiene il 20,40% di Finanziaria Internazionale Holding S.p.A. ed il cui capitale sociale è detenuto al 95% dal Dr. Enrico Marchi e ad allo 0,5% da un familiare del Dr. Marchi); (ii) Abbacus – Commerciale Finanziaria S.p.A. (società che detiene il 47% di Finanziaria Internazionale Holding S.p.A. ed il cui capitale sociale è a propria volta detenuto, attraverso una fiduciaria, da Fintlux S.A. con una partecipazione del 99,80%; Fintlux S.A. detiene a propria volta il 2,20% di Finanziaria Internazionale Holding S.p.A. ed è controllata da Pecharmant Holding S.A. con una partecipazione pari al 97,92% circa del capitale sociale (le restanti partecipazioni in Fintlux S.A. fanno capo a Marchi G. & C. S.r.l. e Medcentro S.p.A., ciascuna con l’1,05% circa); il capitale sociale di Pecharmant Holding S.A. è a propria volta detenuto, attraverso intestazioni fiduciarie, dal Dr. Marchi, con una partecipazione pari al 49,6%; il restante capitale sociale è detenuto per il 49,6%, dal Dr. De Vido, per lo 0,4% da un familiare del Dr. Marchi e per lo 0,4% da un familiare del Dr. De Vido); (iii) David S.p.A. (società che detiene il 20,40% di Finanziaria Internazionale Holding S.p.A. ed il cui capitale sociale è detenuto al 21,98% da Medcentro S.p.A. ed al 39,22% dal Dr. De Vido; quest’ultimo detiene direttamente una partecipazione nel capitale sociale di Medcentro S.p.A. pari all’1%, mentre la restante partecipazione è detenuta, attraverso una fiduciaria, dal Dr. De Vido, per il 97%, e da un familiare del Dr. De Vido, per il 2%). (b) Il restante 10% del capitale sociale di Finanziaria Internazionale Holding S.p.A. è detenuto dalle Assicurazioni Generali S.p.A..

Chi sono Marchi e De Vido? Alberto Statera, su Repubblica dell’1 dicembre 2005, in un articolo dall’eloquente titolo Palazzinari e finanzieri all’assalto di Venezia, scrive così:

Nato a Conegliano, classe 1956, laurea alla Bocconi in Economia aziendale, giovane liberale con Giancarlo Galan, ex Publitalia e presidente della Regione Veneto e con Niccolò Ghedini, ringhioso legale padovano di Berlusconi, quando si parlava di Benedetto Croce esclamava: «Balle, l’importante è essere anticomunisti». Portato alla presidenza dell’aeroporto di Venezia, il terzo d’Italia per traffico, dal suo amico governatore al posto dell’ex vicesindaco comunista Gianni Pellicani, se ne compra un pezzo con la Finint, la finanziaria coneglianese di cui è titolare con il suo socio Andrea De Vido, che ha fatto soldi con la “securitisation», la cartolarizzazione dei crediti. Ufficio megagalattico sulla pista di Tessera, amicizia inossidabile con l’amministratore delegato delle Generali Giovanni Perissinotto, potere forte, il ragazzo di Conegliano in gessato, dopo aver fatto posare un favoloso parquet nella nuova aerostazione veneziana, pensa che sia arrivato il momento di attaccare il «salotto buono». La ricca provincia contro il vecchio establishment. E con i soldi della quotazione in Borsa della Save assalta la Gemina, pensando di sfilare ai Romiti gli Aeroporti di Roma perché — dice — «basta col Nordest che ha la pancia piena, ma preferisce lamentarsi piuttosto che mettersi in gioco». Mal gliene incolse. Romiti chiama a difesa i Benetton, con ormai interessi più che nelle maglie, oltre che nelle autostrade, negli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie, i quali per questioni pregresse, per di più, non possono soffrire il coneglianese.
Così adesso Marchi, non avendo i soldi e le alleanze per fare un’Opa, si trova sul groppone 160 milioni di euro, o giù di lì, di azioni Gemina, epigono di Ricucci con il “Corriere della Sera». Romiti fa sarcasmo: “Trattative con Marchi? Sono nelle mani di Dio».
Cambia scena: Sant’Angelo di Piove di Sacco, piatta, desolata campagna veneta sotto la neve, un incubo, una casa, un capannone, una casa un capannone. In una casa, con vicino il capannone dove si commercializzano scarpe Simod, all’ingresso una signorina risponde al telefono: “Qui Alpi Eagles, dica». Incede il titolare della compagnia aerea e del marchio di scarpe, oltre che presidente di Veneto Sviluppo, finanziaria regionale che fa maggioranza nella Save con Marchi, contro gli altri due azionisti pubblici, Comune e Provincia di Venezia. Spiccata somiglianza con Renato Pozzetto, maglione giallo canarino, Paolo Sinigaglia, che è anche azionista con l’8 per cento del «Gazzettino», conteso tra Francesco Caltagirone e i Benetton, ed è stato sostenitore di Fiorani nella fallita scalata all’Antonveneta, al suo socio coneglianese che vuol diventare ilpadrone di Venezia non la manda a dire: “Tutte storie di pigmei veneti, diciamolo. Marchi che scala Gemina? Mai saputo niente, si è fatto tutto da solo. Un prevaricatore che vuol fare il finanziere con la Save, cioè con una società pubblica, non come me che mi guadagno “scheo su scheo”». Furbetti della laguna? Il dente è avvelenato per l’Alpi Eagles, in difficoltà perché — dice il patron— tutte le sue tratte sono state “francobollate» (copyright Sinigaglia) da Volare. Cos’è Volare? Una specie di piccola Parmalat dei cieli, con bilanci truccati che hanno portato a un crac da 500 milioni di euro e all’arresto di sei manager, tra cui Mauro Gambaro, già direttore di lnterbanca, banca d’affari dell’Antonveneta creditrice e azionista della compagnia aerea, partecipata dal Fondo Incolore, società costituita con soldi di Ligresti e Generali e amministrata, guarda un po’,
dalla Finint di Marchi e De Vido. Chissà se Perissinotto, azionista di Finint e per il quale Volare è stata solo uno sfortunato «scippino”, è più tanto felice delle performance del suo amico coneglianese poco incline all’austerità triestina e non molto ben visto da altri soci di Mediobanca.

Una storia confermata da altre testate giornalistiche (vedi Corriere del Veneto – Padova, 15 ottobre 2005: La gioventù liberale, l'amicizia con Galan, il piccolo-grande impero Finint con De Vido: 25 anni di «scalate». Il ragazzo di Conegliano in volo sui salotti buoni. Marchi, il finanziere che scala Gemina per diventare re degli aeroporti).

Nel luglio 2007 tra l’altro Marchi, pagando (in azioni) una cifra considerata da molti “modesta”, circa 10 mln, si assicura anche l’80% di Aer Tre, la società che gestisce l’aeroporto di Treviso, diventando di fatto il padrone dell’asse aeroportuale veneto, Venezia-Treviso.

Finanziaria Internazionale aveva già svolto operazioni di cartolarizzazione per conto di Capitalia, operazioni di cui si è occupata una puntata di Anno Zero, la trasmissione di Michele Santoro, nell’ottobre 2008. Secondo La Tribuna di Treviso è a Finint che la banca di Geronzi si rivolse, tra il 1999 e il 2001, per creare tre veicoli, Trevi Finance 1, 2 e 3 (con sede a Conegliano), che misero sul mercato obbligazioni per circa 6 mld di euro, acquistati da Capitalia a un prezzo, che, secondo un’intervista rilasciata anonimamente ad Anno Zero da una dipendente della Banca, sarebbero stati pagati un prezzo sproporzionato rispetto al loro valore (circa il 70% contro il 30% di prammatica). Il risultato è che alla fine del 2008 il 50% del bond, circa 3 mld di euro, non erano ancora stati rimborsati.

Alcune riflessioni

Questi fatti suscitano alcune riflessioni e alcuni approfondimenti.

1. E’ lecito che il titolare di un credito lo ceda a terzi senza il consenso del debitore? Purtroppo sì e lo è in forza di una legge, la 130/99, promulgata dal Governo D’Alema, che ha consentito alle banche italiane, cariche di migliaia di miliardi di lire di crediti ipotecari e chirografari (cioè privi di garanzie reali o personali) e difficilmente esigibili, di sbarazzarsene, mettendo in perdita la differenza tra il credito vantato e il prezzo di cessione, defalcando l’imponibile fiscale. E’ lecito, ma ciò non significa che sia sensato, tant’è che fino a 10 anni fa era vietato.

2. L’operazione di UniCredit non sembra molto differente da quella realizzata negli anni passati dalla banche americane coi cosiddetti mutui subprime. Con la recessione in atto e l’esplodere dei licenziamenti e della cassa integrazione infatti anche mutui garantiti dalle buste paga dei contraenti possono diventare a rischio, come del resto testimonia lo stesso rating inizialmente concesso da Moody’s. E i crediti di UniCredit rischiano di diventare inesigibili. In caso di insolvenza dei mutuatari infatti la banca ha due possibilità di rivalersi: quella di pignorare un quinto della busta paga, ma chi è disoccupato la busta paga non ce l’ha più (e per quanto riguarda la cassa integrazione, un quinto di un’indennità che va mediamente dal 40% al 60% dello stipendio è una cifra irrisoria) oppure quella di prendersi l’immobile, ma il rischio è che, col calo dei prezzi, il valore dell’immobile non ripaghi l’importo del mutuo. Il risultato è che le banche si sbarazzano della gatta da pelare mettendo in Borsa titoli costruiti su crediti a rischio, che verranno venduti a risparmiatori sprovveduti, riproponendo un meccanismo speculativo e ancora una volta sulle spalle di questi. Tanto più ci si chiede quali garanzie dia un’operazione di questo tipo se a gestirla sono operatori un po’ “chiacchierati” e supportati da un meccanismo di potere trasversale agli schieramenti politici. Insomma, nonostante i meccanismi che hanno generato il crack finanziario mondiale siano stati abbondantemente sviscerati sulla stampa e nei salotti televisivi, nulla sembra esser cambiato.

3. I risultati non si sono fatti aspettare: qualche settimana fa Profumo ha tenuto la consueta conferenza stampa alla Borsa di Londra, presentando i conti della sua banca e annunciando di voler ricorrere ai Tremonti Bond per 4 mld di euro. Lo stesso giorno il titolo UniCredit è schizzato a +19,5%. In una fase di crisi di liquidità una banca sospettata di avere in pancia una quantità di titoli tossici, si presenta ai mercati finanziari con l’annuncio di essersi sbarazzata di 24 mld di crediti a rischio e di stare per incassare 4 mld di denaro dal Governo, che, per come sono strutturati i Tremonti Bond, non è tenuta a rimborsare in caso di passivo di bilancio. Gli azionisti UniCredit festeggiano, ma i piccoli risparmiatori rischiano di pagare, come hanno fatto già con Parmalat e Cirio. Niente male per chi fino a poco tempo fa veniva presentato in particolare dal centrosinistra come l’unico esempio di banchiere italiano che ha saputo sfondare a livello internazionale.

4. Infine una domanda che riguarda i titolari dei mutui cartolarizzati. Il decreto istitutivo dei Tremonti Bond stabilisce alcuni vincoli alle banche che decidono di aderire. In particolare che i lavoratori licenziati o finiti in cassa integrazione abbiano diritto di sospendere per almeno 12 mesi il pagamento delle rate, che verranno messe in coda. UniCredit scrive ai suoi clienti che la cessione dei loro mutui non comporterà “alcun cambiamento gestionale e operativo”. Ma siamo sicuri che la Cordusio RBSM, non essendo un soggetto emettitore di Tremonti Bond, sia altrettanto vincolata a rispettare i vincoli previsti dal decreto istitutivo? E se non lo fosse, UniCredit si farà carico di assicurare realmente ai suoi clienti il diritto di sospensione di 12 mesi? E’ interessante notare che la cartolarizzazione dei mutui è arrivata con tempismo perfetto circa due settimane prima che il Governo varasse il decreto legge anticrisi che istituiva i Tremonti Bond.

Redazione di RESISTENZE

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