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Dell’Utri, nostalgia canaglia

(6 Maggio 2009)

Nelle sue periodiche esternazioni parastoriche e parafasciste il senatore Marcello Dell’Utri sta a metà strada fra i suonati irriducibili di Forza Nuova alla Fiore, le sguaiatine dell’ultradestra tipo nipotina o madame silicone, e quei divulgatori del revisionismo che si vogliono dare un tono ma non mostrano né spessore storico né arguzia argomentativa. Così ripete la lenzioncella a memoria sulla memoria quella del “Duce buono”, magari donnaiolo più di Berlusconi, e poi acculturato e tutt’altro che razzista. Impariamo: era Hitler mica Mussolini a perseguitare gli ebrei. Per giungere, ultima chicca, ai saloini “partigiani di destra”. Se per partigiano s’intende quello che qualsiasi dizionario della lingua dà come significato del termine, la considerazione è lapalissiana. Se partigiano ha invece il valore conferitogli dalla lotta patriottica nel secondo conflitto mondiale ognuno sa che i partigiani d’ogni Paese combatterono le occupazioni e la dittatura nazifascista. E non c’è bisogno di riscritture e mescolamenti di carte a uso e consumo del blobbone mediatico che offre sponda a simili sortite. Che un senso però ce l’hanno: disorientare i più giovani alla cui conoscenza della storia già non contribuisce la tivù di Stato.

Infatti l’altra perla del vecchio sodale di Berlusconi (in fatto di picciotti-stallieri, falsi in bilancio e nostalgie del “quando c’era lui”) riguarda la Rai non ancora abbastanza pidiellizzata, o forse facendo un cattivo pensiero sul nostro sarebbe meglio dire piduellizzata. Evidentemente a Dell’Utri non bastano i fedelissimi cronisti-addetti stampa in quota azzurra della prima “discesa in campo”, né basta la pletora di giornalisti-camerieri - variante servile dei giornalisti-impiegati - cooptati o clonati nelle reti dell’azienda di Stato. Non bastano i ragazzi di ‘via Milano’ promossi in Rai come direttori e altro che allietano le serate del tiggìdue coi proclami di Balbo, le memorie del Vate nelle imprese pre marcia su Roma, la marcia su Roma stessa, i prosciugamenti delle paludi italiche, roba che i cinegiornali Luce riuscivano a essere meno enfatici e propagandistici. Per anni, assieme alle veline distribuite dal lenone Saccà nelle feste del suo secondo Duce (per sua età anagrafica il primo pur iniziando con B non si chiamava Benito), mamma Rai del Terzo Millennio questo elargiva a pieno video.

E le lezioni revisioniste dei professori Panebianco, Galli Della Loggia, assecondati dagli editorialisti di grido Romano, Mieli e quando andava malissimo Pansa. Tutti a spiegare che nero in fondo era bello e storicamente riscrivibile. Ma tanto per il senatore Dell’Utri non è ancora servito a riequilibrare l’egemonia della Sinistra in seno alla tivù di Stato. Giocando con l’immunità acquisita presso il Senato della Repubblica in un passaggio dell’intervista-parata fatta con Klaus Davi Dell’Utri assume panni iannoniani dicendo che sì la Rai si potrebbe occupare. Voglia di blitz da Casa Pound oppure reminiscenze parapiduiste? No, perché differentemente dal sodale di Arcore lui ha sempre negato di conoscere Gelli, prima e dopo le faccende della Loggia. Dunque la smania d’occupazione manu militari di via Teulada, che pure ricorse fra i golpisti dell’Italia che fu, non appartiene al nostalgico senatore. In effetti rende maggiormante occuparla coi telegiornali della non notizia, le passerelle della politica, gli elogi ai governi di oggi che provano a somigliare a quelli di ieri. Bisogna avere solo la pazienza d’attendere maturazioni consone alle riforme costituzionali del Grande Capo che fra una satiriasi e l’altra ci farà da nonno conducator e vendicherà quello statista “troppo buono”.

5 maggio 2009

Enrico Campofreda

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