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Un fil di fumo

Un fil di fumo

(10 Maggio 2010) Enzo Apicella
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I mass-media e la crisi

(12 Maggio 2009)

Negli ultimi tempi i mezzi di comunicazione (ossia di disinformazione e persuasione) di massa stanno diffondendo diverse menzogne, mezze o false verità ufficiali, notizie distorte e manipolate come, ad esempio, l’idea che la fase più critica sia sul punto di esaurire i suoi effetti più pesanti e drammatici per lasciare lo spazio ad una nuova ripresa dell’economia mondiale. Parimenti, circolano racconti e versioni discordanti, leggende metropolitane sia sull’effettiva durata e portata della crisi, sia sulle sue cause reali. All’inizio sembrava che qualcuno avesse l’interesse a seminare il panico generale, perché da una situazione di sgomento e turbamento sociale avrebbe potuto ricavare occasioni propizie per realizzare nuove speculazioni finanziarie, approfittare della psicosi collettiva per siglare facilmente affari d’oro e trarre opportunità di lucro individuale. Oggi sembra che si giochi nella direzione opposta, provando a ingenerare l’idea che la bufera sia cessata per sedare gli animi e intorpidire le menti delle persone, quasi a voler prendere tempo per adottare nuove decisioni per l’avvenire.

Ogni giorno si passa con estrema facilità dall’ottimismo più roseo al pessimismo più cupo e viceversa, a seconda dell’esito del vaticinio quotidiano, per cui gli “esperti” oscillano da pre-visioni fauste e positive ad annunci “profetici” meno lieti e più allarmistici. Il G20 ha trasmesso la convinzione puramente illusoria di una capacità di regolamentazione e moralizzazione dei mercati finanziari con l’intento palese di infondere fiducia e ottimismo, suscitando nuove speranze e aspettative verso un risanamento della situazione. In tal modo le Borse cominciano a risalire, il presidente Obama alimenta le speranze annunciando “segnali di ripresa”, ma il giorno dopo si smentisce o, comunque, non si sbilancia più di tanto.

Qualcun altro sostiene, in buona o mala fede, che l’attuale crisi potrebbe far regredire l’umanità fino alla “età della pietra”. Ma alla cosiddetta "età della pietra" (senza offesa per le comunità umane esistenti in epoca preistorica quando, per ragioni di sopravvivenza, si impose per millenni una sorta di "comunismo necessario", definito "primitivo" dagli studiosi di etnologia e antropologia culturale) già ci siamo, in virtù di un sistema di vita che è a tutti gli effetti "tribale", ossia violento e conflittuale, crudele e disumano. Viviamo già in un sistema sociale ad elevato tasso di criminalità, alienazione e violenza, efferatezza e disumanizzazione, una società brutale e spietata, isterica e nevrotica, in quanto segnata da sentimenti sempre più diffusi e laceranti di odio, egoismo e divisione, da lotte feroci e furibonde, rozze rivalità e discordie tra gli esseri umani, invidie e gelosie che degradano e abbrutiscono le persone costringendole al di sotto del livello minimo della meschinità e della pusillanimità, risentimenti e rancori volgari e grossolani, contraddizioni drammatiche e ingiustizie dolorose, discriminazioni e disuguaglianze materiali sempre crescenti, dissidi e controversie di ogni genere e sorta, catastrofi e guerre sempre più terribili e sanguinose. Dunque, peggio di così...

Comunque sia, malgrado la disinformazione di massa in corso, è ormai evidente a tutti, anche ai più incauti e incalliti ottimisti, che siamo di fronte ad una crisi non congiunturale ma strutturale, una crisi epocale e totale che investe l'intero apparato produttivo internazionale, una crisi di sistema che sta mettendo in discussione il paradigma stesso dello sviluppo economico e dell'accumulazione espansiva del capitale, e sta sfatando un falso mito imposto in Europa e nel mondo intero negli ultimi decenni. Un mito che è riconducibile a un modello di vita, quello edonistico e consumistico, che ora cade fragorosamente in frantumi.

Di certo il consumismo non è stato generato dai comunisti, anzi. La sobrietà e l'austerità del comunismo potrebbero insegnarci a vivere meglio, aiutandoci a recuperare un rapporto più equilibrato, più sano ed autentico con le persone e con le cose. E’ indubitabile che il modello economico-consumistico è figlio di un’economia industrializzata retta sul mercato capitalistico. Un sistema che ormai rischia il collasso e la bancarotta (fraudolenta) mondiale, nella misura in cui la domanda sta precipitando in modo vertiginoso causando il panico generale, mentre l’offerta produttiva è aumentata in maniera sproporzionata. Si conferma esattamente la tesi secondo cui saremmo caduti in piena crisi da sovrapproduzione e sottoconsumo: finora si è prodotto in eccesso sfruttando troppo i lavoratori, che si sono progressivamente impoveriti, per cui i consumi sono calati vertiginosamente, nonostante la gente si sia indebitata fino al collo; ora i magazzini sono strapieni di merci invendute e gli operai sono gli unici a pagare la crisi con i licenziamenti e la disoccupazione di massa. Di conseguenza i consumi continuano a precipitare, cosicché la crisi rischia di aggravarsi ulteriormente e si autoalimenta in modo crescente e irreparabile.

Dunque, sorge spontanea la domanda: non è da criminali irresponsabili esortare i cittadini ad essere "ottimisti", a continuare a "consumare", ossia indebitarsi, come se nulla fosse, come ha fatto qualcuno di nostra conoscenza? Indovinate a chi mi riferisco: ma al bandito, piduista e populista, isterico e oscurantista, di Arcore, ovviamente! Nel contempo sorgono altre domande: si poteva proporre una maggiore sobrietà in tempi di consumismo sfrenato pompato dalle reti televisive Mediaset? Si poteva raccomandare l'austerità ai cittadini italiani ai tempi della filosofia iper-consumista dei "tre telefonini a persona", delle "tre o quattro automobili in media a famiglia" e via discorrendo? Nel recente passato, chi avesse osato mettere in discussione il “dogma consumista” avrebbe quantomeno corso il rischio di essere scambiato per un idiota.

Lucio Garofalo

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