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(8 Agosto 2010) Enzo Apicella
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Estremisti dell'ottimismo

L'editoriale del nuovo numero di Contropiano di prossima uscita

(10 Giugno 2009)

Con i risultati delle elezioni si delinea piuttosto nitidamente lo scenario dentro cui siamo chiamati ad agire politicamente nel nostro paese. La chiave di lettura che presentiamo ai lettori di questo numero di Contropiano, è coerente con quella che avevamo indicato nei mesi precedenti sia sul “limite” del berlusconismo e del progetto di normalizzazione bipartizan sia sulle decisioni dei partiti comunisti esistenti che hanno scelto nuovamente e consapevolmente la strada fallimentare che abbiamo definito come una “logorante marcia sul posto”.

Innanzitutto occorre dire che è vero che l’astensionismo è cresciuto anche in questa occasione, ma è anche vero che l’Italia è il paese europeo dove – sistematicamente in controtendenza - la maggioranza della popolazione continua ad andare a votare con percentuali assai al di sopra di quelle delle altre “democrazie”.

Con il sistema proporzionale ancora in vigore per le elezioni europee, abbiamo visto indebolirsi il progetto bipartitista teso a polarizzare e comprimere in due grandi partiti contenitori tutto lo scenario politico. Al contrario quando c’è la possibilità di esprimersi al di fuori della gabbia bipolare, crescono i partiti intermedi (Lega, IdV, UDC) e perdono i due grandi partiti (PdL,PD).

I dati ci indicano inoltre che le due eventuali coalizioni in competizione (PdL, Lega, Destra, MPA da una parte e PD,IdV, UDC, Radicali e SeL dall’altra) non sono troppo distanti in termini percentuali e numerici. Il “pareggio” manifestatosi nel 2006 è un fatto reale che solo le diavolerie del sistema maggioritario fanno sì che si trasformi in maggioranze più o meno soverchianti.

I risultati elettorali dunque non possono che acutizzare la conflittualità interna alle due coalizione. Da una parte sia dentro il PdL (con i colonnelli di AN che pagano il loro servilismo al Cavaliere) sia nei rapporti tra PdL e Lega sono prevedibili turbolenze di fronte ai deludenti risultati ottenuti dopo le aspettative plebiscitarie sventolate da Berlusconi. Il Cavaliere ha toccato il suo limite di crescita e le sue stramberie e i suoi eccessi gli hanno alienato una parte dell’elettorato moderato e cattolico. In Sicilia e Sardegna hanno poi pesato la crisi interna alla maggioranza regionale e la fregatura rifilata alla Sardegna con lo spostamento del G8 all’Aquila.

Dall’altra il riequilibrio tra un PD che perde voti e l’IdV che li quasi li raddoppia, tiene aperta una partita che Veltroni intendeva chiudere così come aveva liquidato i partiti della sinistra. In un paese che adora punizioni, vendetta e penitenze, un leader giustizialista come Di Pietro gode e godrà di ottima fortuna. Il PD ha una sola rendita di posizione da giocarsi: quella di essere - per dimensioni – l’unico partito in grado di sfidare Berlusconi. Il fatto poi che l’UDC non cresca e non crepi, limita fortemente l’appeal dei centristi verso gli ex democristiani e rutelliani che vedevano l’UDC come possibile orizzonte di un nuovo partito moderato.

Infine, i risultati della Lista Comunista e di Sinistra e Libertà confermano come esistano ancora quasi due milioni di persone (circa il 7%) che esprimono - seppur in modo differenziato - un bisogno di rappresentanza che però il personale politico esistente a sinistra – complici anche le leggi elettorali volute dall’asse PdL/PD - ha disatteso anche in questa occasione. Emerge dunque l’esigenza e la possibilità di un soggetto politico che interpreti in profondità (e non solo sul piano elettorale) questo bisogno e non lo immoli sull’altare della subalternità al PD. Il nodo non è irrilevante perché se i vendoliani hanno fallito l’obiettivo del quorum, indicano piuttosto chiaramente la loro strategia di integrazione nel PD, mentre i due partiti comunisti appaiono lacerati tra chi vuole seguire su quella strada i vendoliani e chi in modo ancora troppo indefinito intende mantenere in qualche modo aperta una opzione comunista indipendente.

La minaccia dei referendum del 21 giugno

Una verifica ci attende tutti tra poche settimane e sono i referendum del 21 giugno sulla legge elettorale. La modifica che verrebbe introdotta dai referendum imporrebbe un bipartitismo blindato tramite un sistema maggioritario secco. Alla luce dei risultati elettorali è proprio di questo che hanno bisogno PdL e PD e su questo faranno convergere i loro sforzi per ridurre ogni autonomia ai loro riottosi alleati (Lega, IdV, UDC). L’eventuale vittoria dei SI (a favore dei quali si sono espressi sia Berlusconi che Franceschini) ipotecherebbe in modo definitivo lo scenario politico, la vita democratica e le esigenze di rappresentanza dei vari pezzi di società.

Per questo abbiamo chiamato in queste settimane alla mobilitazione per far fallire attraverso il boicottaggio e il non voto i referendum reazionari del 21 giugno. L ’accorpamento tra secondo turno delle amministrative e referendum, rappresentano un pericolo in più che richiede a questo punto una vera e propria campagna di dissuasione dall’andare al voto. Combattere e battere le misure reazionarie è il primo passo per cercare di avviare una controtendenza di classe e democratica nel nostro paese. I risultati elettorali ci dicono che questo è possibile e necessario.

Nel mese di maggio è morto un grande scrittore progressista uruguayano, Mario Benedetti. In un epitaffio è stato definito come un “estremista dell’ottimismo” nonostante avesse attraversato tutti i momenti bui del suo paese. Abbiamo la pretesa di dichiararci oggi degli “estremisti dell’ottimismo” e non nascondiamo affatto l’idea che questa chiave di lettura debba cominciare a contaminare positivamente anche i comunisti e la sinistra anticapitalista nel nostro paese.

Contropiano

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