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L’Ue carceriera dei palestinesi?

(27 Giugno 2009)

L’Europa servile della Ue si prepara ad attuare in Cisgiordania e Gaza il miserevole copione mostrato negli ultimi anni nei Balcani, Afghanistan, Iraq e ovunque gli Stati Uniti inseguono interessi egemonici o proteggono alleati di comodo. Gli ultimi discorsi e le proposte del premier israeliano Netanyahu sono uno schiaffo a qualsiasi ricerca d’una soluzione di pace che in prima battuta l’amministrazione Obama aveva prospettato parlando di due Stati con pari dignità. Dunque con autodeterminazione reciproca e uno stop allo stillicidio degli insediamenti di coloni nella terra palestinese. Il falco di Gerusalemme - forte della lobby d’oltreoceano che lo sostiene e che ricatta Obama come fa da decenni con qualsiasi inquilino della Casa Bianca - ha sostanzialmente deriso tale ipotesi. Ha sorvolato sugli insediamenti, ben sapendo che potrà continuare a finanziarli e proteggerli, ha lanciato la tesi d’una nazione smilitarizzata per i palestinesi dopo che essi abbiano riconosciuto l’entità ebraica dello Stato d’Israele che dal 1948 ha occupato le loro terre. Non sfiorando neppure la questione del diritto al ritorno per le famiglie dei profughi che da oltre sessant’anni subiscono le conseguenze della Nakba.

In fondo nulla di nuovo: la solita smaccata linea di pesi e misure diverse. Eppure dopo l’ennesimo massacro che nel dicembre scorso ha portato ancora lutti fra i palestinesi, aveva infiammato i musulmani del mondo e indignato la comunità internazionale negli ultimi mesi si sperava che Usa e Israele pensassero a nuove strategie in Medio Oriente per cercare un’effettiva distensione. Invece la linea del gruppo di potere e pressione che ruota attorno all’American Israel Public Affairs Committee ben impiantato negli States continua a far sentire la sua forza, cosicché i politici israeliani accanto ai muri dell’apartheid alzano sistematicamente il tiro attaccando qualsiasi proseguimento di vita dignitoso per il popolo che hanno epurato, esiliato, imprigionato. Cosa accadrà nel grande Medio Oriente a seguito della crisi iraniana lo vedremo, certo per il Medio Oriente della disputa israelo-palestinese i passi obamiani sono stati fermati già in terra d’America e Netanyahu si sente tanto protetto da contrapporre al presidente Usa la sua proverbiale arroganza.

Gli aiuti americani grazie a cui “Israele è cresciuto fino a diventare un potente Stato moderno” come lui stesso dichiarava a meta anni Novanta, riguardano denari (154 miliardi di dollari in mezzo secolo), armamenti (Israele che contesta il nucleare iraniano dispone di oltre 200 testate nucleari e il 75% degli aiuti ricevuti sono di tipo militare) e copertura politico-ideologica alla causa ebraica anche se essa grazie alla politica aggressiva attuata confligge con la pace e la sicurezza delle nazioni confinanti. Del resto Israele impara e trae benefici dalla “linea dei due volti” appresa dagli States i quali, ad esempio, attorno alle armi di distruzione di massa di cui Tsahal beneficia chiudono entrambe gli occhi mentre puntano il dito su altre nazioni. Il terrorismo che varie amministrazioni del Pentagono hanno detto di combattere è stato sempre tollerato se realizzato sotto la stella di David sia sotto le spoglie del sionismo militante dell’Irgun, sia dei servizi del Mossad o direttamente dall’esercito d’Israele. Assolutamente in sintonia con chi, come il premier Shamir, lo teorizzava apertamente “né l’etica ebraica né la tradizione ebrea escludono il terrorismo come strumento di lotta”.

Altra potentissima arma di supporto della lobby è l’informazione che dai propagandisti interni (uno per tutti: il direttore di New Republic Martin Peretz) trova agganci in tanti paesi soprattutto occidentali. Questi comportamenti s’accordano coi falsi storici coi quali per decenni la storiografia sionista ha celato stragi e distruzioni dei luoghi arabi della Palestina, costruendo come nel celebre romanzo “Exodus”, una versione degli eventi di comodo per la propria propaganda. Ora tra le ultime mosse israeliane, che già molti commentatori-tifosi hanno promosso, c’è la proposta d’uno stato palestinese volutamente con la minuscola senza armi né esercito. Si prospetta l’evoluzione da una prigione a cielo aperto a un’enclave vigilata non più dai carri e dagli aerei di Tsahal ma dalle democratiche truppe dell’Unione Europea con l’aggiunta di un po’ di marines e soldati russi. E brillantemente qualcuno ha pensato di cercare fra quest’ultimi chi ha sangue ashkenazita, cosa che li avvicinerà alle aspirazioni di quella “storia millenaria” con cui lo stesso Netanyahu giustifica le ragioni dei coloni d’insediarsi fra gli odiati arabi e scacciarli per realizzare quanto scritto sulla Torah.

27 giugno 2009

Enrico Campofreda

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