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Una scuola da democratizzare

L'unica democrazia oggi possibile e praticabile nella scuola è la democrazia a partecipazione diretta

(3 Luglio 2009)

L’esperienza di lavoro, più che decennale, nella scuola pubblica italiana (ma credo che il discorso valga a maggior ragione anche per quella privata) mi ha insegnato, attraverso frequenti casi e circostanze assolutamente negative, che attualmente non esiste più alcun margine, né spazio di agibilità e libertà sia democratica che sindacale, e tantomeno politica, nella vita e nel funzionamento dei cosiddetti “organi collegiali”, a partire dal Collegio dei docenti, che ironicamente ho ribattezzato “degli indecenti”.

Come si è verificato in molteplici occasioni, persino le idee e le proposte che sono indubbiamente da apprezzare nel merito, in virtù delle finalità dichiaratamente a favore degli alunni, inevitabilmente finiscono per suscitare reazioni di perplessità, di critica e dissenso rispetto alle modalità impiegate, che non costituiscono un aspetto secondario o marginale, né un elemento di pura formalità procedurale, in quanto i metodi e le regole formano la base su cui poggia un’autentica democrazia collegiale. Tale deficit, ovvero l’assenza di regole e di trasparenza democratica, si avverte sempre più spesso sia in fase di elaborazione e di creazione progettuale, quindi in fase di discussione e di approvazione formale, sia in fase di esecuzione pratica e operativa.

Per citare un caso recente ed emblematico, che investe la scuola dove (ahimè) insegno, una delle circostanze più amare, spiacevoli ed infelici che ho registrato, concerne le modalità e le procedure decisionali adottate in merito ai cosiddetti “Corsi di recupero”.

Premesso che tali interventi compensativi sono un’iniziativa senza dubbio valida e persino eccellente, essendo finalizzata al recupero a beneficio degli alunni che nel corso dell’anno hanno evidenziato lacune, lentezze o difficoltà sul piano degli apprendimenti e dei contenuti disciplinari, è quantomeno da obiettare che la proposta sia supportata da un’ampia condivisione della base collegiale. Infatti, sono di imprescindibile necessità quelli che ad altri appaiono evidentemente come oziose e noiose procedure burocratiche da eliminare o rimuovere. Mi riferisco a quei preziosi momenti di riflessione, dibattito e partecipazione collettiva che sono valori essenziali tanto, se non più del merito stesso di un’idea o di un progetto, per quanto nobile, originale e impareggiabile possa essere.

Le procedure democratiche del confronto, della partecipazione e della ratifica collegiale non possono essere sminuite o degradate al livello di un arido formalismo burocratico, come ormai accade in molte realtà scolastiche, laddove i Collegi dei docenti sono esautorati di ogni potere di controllo e decisione, sono privati della libertà di discutere e confrontarsi sulle questioni. In tali contesti le delibere non scaturiscono da un confronto sincero, né poggiano su basi di compartecipazione e corresponsabilità corale. Ormai è evidente che gli organi collegiali sono stati svuotati e ridotti a luoghi privi di ogni libertà democratica, divenendo centri di mera ratifica formale delle decisioni assunte altrove.

Nella scuola odierna, più che in quella del passato, è possibile, oltre che necessario, ripristinare e rilanciare un metodo di gestione effettivamente corale e partecipativo. In tale ottica conta molto più il metodo che la finalità di un progetto, in quanto è più importante il modo in cui si raggiunge uno scopo, ossia il come, anziché il cosa. Nel nostro caso, il metodo da recuperare si chiama “democrazia partecipativa”, o “democrazia diretta”: è la democrazia suprema dell’autonomia personale, il massimo possibile di democrazia in una società come la nostra e in una scuola come la nostra.

In tempi di transizione e di passaggio epocale come quelli che stiamo vivendo, la democrazia è un organismo estremamente fragile e precario, nella misura in cui le inquietudini e le insicurezze derivanti dalla grave recessione economica in atto e dalla crisi sociale, mettono seriamente a repentaglio le libertà individuali. L’attuale situazione economico-politica nazionale e internazionale evidenzia simili rischi; infatti, sono in grave pericolo i diritti e le libertà democratiche delle persone.

Ebbene, in simili fasi storiche di transizione e trapasso, segnate da una profonda crisi sociale, economica e politica, l’unica democrazia effettivamente possibile non è quella formale e rappresentativa di stampo borghese, basata sul meccanismo della rappresentanza liberale, ovvero la democrazia delle deleghe elettorali, su cui poggia il sistema politico-istituzionale tuttora vigente. Oggi l’unica democrazia davvero possibile e praticabile, da rivalutare, è esattamente la democrazia a partecipazione diretta.

Nella scuola questa formula è incarnata nella democrazia collegiale, l’unico esempio di democrazia realmente possibile e praticabile. Non esistono altre forme o modalità organizzative. L’alternativa sarebbe semplicemente l’assenza di democrazia, di regole condivise e di trasparenza, ovvero la deriva verso il personalismo e l’autoritarismo, il dirigismo e il verticismo, la censura e la manipolazione delle idee e delle persone.

Pertanto, è necessario riscoprire ed applicare un metodo di gestione politica basato sulla più ampia partecipazione e condivisione collettiva possibile, un metodo di organizzazione e di direzione collegiale da mettere in pratica sin dalle fasi iniziali di elaborazione e creazione di qualsiasi progetto o iniziativa scolastica che investe l’istruzione e la formazione delle giovani generazioni.

Lucio Garofalo

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