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Pisa. No ai corsi gratuiti

Sosteniamo la lotta dei precari dell’Università

(18 Luglio 2009)

La scelta dell’Università di Pisa di bandire corsi di insegnamento non retribuiti è un’iniziativa grave, che colpisce la dignità di coloro che prestano la propria opera intellettuale al servizio della formazione delle giovani generazioni. I provvedimenti della Gelmini, di per sé già preoccupanti, che hanno previsto la possibilità di attivare insegnamenti sia in forma gratuita che retribuita (pur senza specificare le modalità e l’entità di tale retribuzione) sono stati estremizzati dall’ateneo pisano, che ha deciso che la stragrande maggioranza dei corsi dovessero essere effettuati gratis. Noi sosteniamo invece che qualsiasi lavoro debba essere riconosciuto economicamente: lo dice la Costituzione (art.36) e lo dicono i diritti che vogliamo che ad ogni lavoratore siano assicurati.

Questo provvedimento sui corsi non retribuiti è ancor più grave se si evidenzia anche il fatto che a tenere tali insegnamenti possa essere anche personale “in formazione”: i precari della ricerca e della didattica, ossia dottorandi, borsisti, assegnisti, contrattisti. Siamo al paradosso di un’Università che prima nega ai dottorandi lo status e i diritti di lavoratori, considerandoli alla stregua di “studenti” che fanno ricerca, o che prima stabilisce che gli assegnisti non possano svolgere attività didattica e poi coinvolge i soggetti più deboli (e ricattabili dai baroni di turno) ad effettuare gratuitamente attività senza delle quali le facoltà non potrebbero andare avanti. All’Università chiediamo di scegliere: o il personale in formazione deve occuparsi solo di ricerca ed essere quindi esentato dall’insegnamento; oppure, se si ritiene che anche l’attività didattica debba far parte del processo di formazione di un ricercatore universitario, essa deve essere pagata in maniera congrua rispetto al servizio svolto.
Naturalmente, il provvedimento di cui ci troviamo a discutere è figlio dei tagli al sistema universitario portati avanti a livello nazionale dai governi che si sono succeduti negli ultimi anni. Se l’università fosse stata finanziata come avviene in altri Paesi, avremmo oggi la possibilità di compensare i ricercatori per tutto il servizio svolto. Ciò che non possiamo accettare è che il prezzo dei tagli di Tremonti e Gelmini sia fatto pagare ai lavoratori universitari, in particolare ai precari già sottopagati e supersfruttati, a cui toccherebbero la gran parte dei corsi gratuiti.

I Cobas università di Pisa sono al fianco dell’Assemblea della Ricerca e della Didattica dell’Università di Pisa e sostengono la campagna rivolta al personale universitario per l’indisponibilità ad accettare insegnamenti gratuiti.

Nella scuola italiana accade qualcosa di simile ai tanti docenti precari che, non riuscendo a trovare lavoro presso gli istituti pubblici si vedono costretti ad accettare di lavorare presso scuole private spesso in forma gratuita o con compensi irrisori, pur di fare punteggio ed aspirare in tal modo ad un futuro meno incerto. Che forme simili di sfruttamento vengano sostenute anche dalle università pubbliche lo riteniamo del tutto inaccettabile.

Cobas università - Pisa

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