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    Tutta colpa del capitalismo? I dubbi di Giorgio Bocca

    (26 Luglio 2009)

    “Tutta colpa del capitalismo?” Come al solito Giorgio Bocca, come tutti gli agiati intellettuali, esercita l’antico mestiere di cacadubbi e, pur riconoscendo “le bieche trame del capitale”, conclude che vi è anche “un piacere di servire, applaudire il tiranno, la voglia irresistibile di rubare, le regole della mafia, il mignottificio trionfante, da parte di classi subalterne che potrebbero anche agire diversamente”.

    Non sono bastati quasi due secoli da quando fu inappellabilmente dimostrato che “le idee dominanti sono quelle della classe dominante” e che, in assenza di una reale prospettiva di alternativa al potere capitalistico (ossia la sua distruzione), e di un partito identitario che guidi le masse, le idee e i comportamenti che circolano sono fabbricati e diffusi dal potere capitalista, come ampiamente dimostrato dal fenomeno Berlusconi e da 25 anni di monopolio mediatico privato.
    Se la prospettiva politica e sociale è quella di rimanere servi, perché stupirsi di questa identificazione con i propri padroni? Nella demokrazia attuale l’unica strada da scegliere è quella di farsi servi o farsi lupi, l’unica religione rispettata è il denaro e il potere, l’etica non esiste nemmeno nella Chiesa, e Giorgio Bocca si stupisce della decadenza morale dei poveracci!

    La risposta chiara è SI’, è tutta colpa del capitalismo, e degli intellettuali come lui che ne fanno parte, che si sono infiltrati nei partiti di sinistra, ne hanno preso la direzione e hanno portato volutamente le classi subalterne a reiterate sconfitte, fino alla attuale situazione di tragica assenza di una opposizione antagonista.

    Giorgio Bocca, negli anni 70 stava comodamente seduto alla scrivania del “Giorno”, il giornale dell’ENI, e parlava delle magnifiche prospettive della evoluzione della democrazia, mentre dava addosso ai gruppi comunisti extraparlamentari che denunciavano ciò che sarebbe accaduto, ossia l’imborghesimento del PCI e la reazione padronale e confindustriale dopo le conquiste del 68. Negli anni successivi è stato presente in televisione, alla RAI e in quelle di Berlusconi, ha trovato case editrici che gli hanno pubblicato libri, è uno che ha avuto la possibilità di comunicare, ma è evidente che quello che comunicava faceva il gioco dei suoi editori.
    Se dici qualcosa di vero e di serio in Italia, sparisci da qualunque mezzo di comunicazione di massa, pure se dici che in piazza San Pietro ci sono 4 gatti.

    Un luminoso esempio di un altro intellettuale che ha consacrato la sua vita a demolire la natura classista e comunista del PCI è Giorgio Napoletano, che poi è stato premiato per questo suo ruolo dalla Casta politica ed istituzionale, con fiducia ben riposta, visto che ha firmato la promulgazione del “Lodo Alfano”.
    Nella “sinistra” italiana c’era e c’è questa gente. Nel PD di oggi il ruolo di disgregatore di quel po’ che resta è affidato allo squallido Rutelli, che fissa paletti sempre più alti del suo integralismo cattolico per far apparire questo partito spaccato, inaffidabile, senza strategia, ingestibile, aiutato dal magnifico Veltroni che diffonde la lieta novella che il delinquente Craxi è stato il più grande innovatore e modernizzatore politico. Sapendo che fu il governo Craxi a consegnare a Berlusconi il monopolio televisivo, e, visti i risultati di questa operazione, la sortita di Veltroni ci sembra illuminante sul coma irreversibile del PD.

    Questa gente, questa Casta politica ed intellettuale, non può più invocare il “voto utile”. Essa ha consegnato l’Italia ad una destra costituita da poteri forti, piduisti, Confindustria, editoria, professionisti, commercianti, preti, banchieri, speculatori, evasori fiscali, che non molleranno mai l’osso anche senza Berlusconi.
    Caro Bocca, non è mai troppo tardi per ravvedersi, la più grande emergenza in Italia è la mancanza di opposizione, e forse sarebbe il caso di parlare sul come costruirla.

    25 luglio 2009

    Paolo De Gregorio

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