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Ricordando Stefano Chiarini

Ricordando Stefano Chiarini

(6 Febbraio 2007) Enzo Apicella
E' morto Stefano Chiarini, un giornalista, un compagno,un amico dei popoli in lotta

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    Per un intervento nel settore giovanile-studentesco

    (20 Settembre 2009)

    Il vento non si ferma neanche se gli alberi vogliono riposare, Mao Tse-Tung

    Scriviamo questo documento come comunisti, militanti di diverse organizzazioni, con la volontà di rivolgerci ad altri compagni, di altri gruppi, attivisti sociali, di movimento o indipendenti, che vogliano aprire un dibattito con lo scopo di elaborare un’azione condivisa dei comunisti all’interno dei settori giovanili.

    Siamo convinti che l’inadeguata risposta che i settori giovanili della sinistra stanno dando all’attuale fase di ridimensionamento sociale sia da attribuire, oltre che alla loro frantumazione, ad una oggettiva regressione dalla capacità di analizzare il reale. La perdita degli strumenti analitici propri del marxismo ha portato come conseguenza la mancanza di indipendenza di pensiero e l’asservimento intellettuale, più o meno evidente ,dei settori della sinistra alternativa alle logiche del capitale.

    Le organizzazioni giovanili dei due principali partiti comunisti (Prc e Pdci) subiscono e hanno fatto proprie quelle dinamiche che hanno portato le loro organizzazioni madri all’allontanamento dalla classe con la logica conseguenza del fallimento. In esse sopravvive un avulso politicismo sostenuto da una retorica comunista che non da però alcuno spazio all’analisi dei nuovi percorsi che le identità comuniste devono svolgere all’interno della società. Un pensiero rivolto unicamente al passato, dove gli stessi riferimenti storici sono quelli più retrivi della tradizione comunista (riformismo, eurocentrismo, pacifismo ecc….) sono ciò che di più dannoso possiamo presentare al mondo giovanile soprattutto di fronte alla crescita esponenziale che in esso sta avendo la destra più radicale.

    I centri sociali, pur restando interessantissimi luoghi di sperimentazione politica essendo attraversati da diversi settori sociali, sono in crisi a causa del modello escludente che molto spesso li sorregge. In molti spazi autogestiti vengono elaborati modi di vivere più che azioni politiche complessive, rendendo i collettivi politici che in essi operano incapaci di farsi capire a chiunque non appartenga al circuito, più o meno dorato, di cui fanno parte.

    La fase economica, politica e sociale.

    La fase in cui stiamo vivendo è caratterizzata da una crisi economica di portata globale. L’incapacità di mettere a valore gli enormi capitali esistenti in un settore produttivo sconvolto dalla sovraproduzione e dalla crisi dei consumi (soprattutto occidentali) diviene anche crisi di prospettiva del capitalismo. La mastodontica opera di ristrutturazione in corso all’interno del capitalismo, che aprirà la strada al capitalismo verde, alla mercificazione dei beni comuni e a un ridimensionamento profondo degli assetti geopolitici, sta già mostrando i suoi effetti all’interno della società. Il numero dei disoccupati cresce giorno dopo giorno e la precarietà lavorativa diviene precarietà di vita con un conseguente impoverimento generale della popolazione. La decrescita che doveva essere così felice sta mietendo le sue vittime , ancora una volta, nelle fasce più povere della popolazione.

    Di fronte a tutto questo però non sembra esserci alcuna risposta significativa da parte dei settori sociali più coinvolti. Questo immobilismo è dovuto da un lato alla scomposizione di classe che ha radicalmente cambiato i suoi rapporti interni. La piramide sociale ha avuto una scomposizione oltre che orizzontale anche verticale portando settori degli stessi strati popolari in competizione tra loro piuttosto che contro il capitale. Soggettivamente poi l’assenza di un’alternativa sociale e politica nel territorio, resa manifesta da un bipartitismo istituzionale che non da spazio ad alcuna vera alternativa sistemica, priva la classe di una prospettiva a cui possa aspirare. Il bipartitismo e l’ultima tappa di controllo politico del maturo capitalismo italiano, che sente sempre più la necessità di restringere quegli spazi democratici che sono stati conquistati dalla Resistenza e dalle lotte dei lavoratori. Esso ha dimostrato tutti i suoi limiti alle ultime elezioni europee, ma non sembra esserci alcuna vera forza in grado di rompere l’attuale assetto istituzionale.

    Situazione internazionale

    La geografia del mondo sta cambiando rapidamente. I diversi poli imperialisti si stanno affrontando per il controllo delle risorse energetiche e naturali. Da una parte Cina India e Russia e dall’altra gli USA stanno giocando una partita i cui esiti daranno come risultato il nuovo assetto geopolitico mondiale. Le decine di piccoli conflitti globali e gli storici trattati di reciproco aiuto che in questo periodo vengono firmati ci danno un’idea della complessità dei cambiamenti a cui stiamo assistendo. In mezzo a questa situazione in continuo divenire abbiamo l’Europa che si dimostra sempre più tagliata fuori e asservita agli eterni alleati americani. Per chi nutriva l’illusione che essa potesse essere un’alternativa democratica al dominio americano il suo schierarsi a fianco degli eserciti americani durante le recenti campagne militari per spartirsi il mancato bottino ha dimostrato come non ci fosse nulla di più falso. Per chi invece voleva un Europa forte e competitiva, capace di sviluppare una propria prospettiva imperialista essa si e dimostrata del tutto impreparata, militarmente debole ed economicamente dipendente dagli Usa.

    Un discorso del tutto a parte meritano invece quei paesi e quei movimenti che con sempre maggior forza perseguono la strada del socialismo e dell’antimperialismo. Se all’interno dei paesi occidentali sembra mancare una risposta da parte dei popoli alla situazione in cui il capitale e il padronato li hanno costretti (escluse poche eccezioni come la Grecia) non dobbiamo mai dimenticare che come comunisti dobbiamo impegnarci nel riconoscimento e nella solidarietà attiva alle resistenze antimperialista che si stanno rafforzando nel mondo. Dall’Iraq alla Nigeria, dalla Palestina all’Indonesia esse, oltre a essere legittimi atti di rivolta dei popoli sotto dominio imperialista, stanno diventando assieme ai paesi del nuovo socialismo latinoamericano (Venezuela, Cuba, Bolivia ecc) dei veri e propri capisaldi contro il disegno di dominio globale statunitense.

    Intervento sociale

    È importante come comunisti restare all’interno delle contraddizioni che il capitalismo sviluppa nella società e nel territorio.

    La precarizzazione sociale diffusa provoca, soprattutto all’interno delle metropoli e dei grossi aggregati urbani nuove problematiche come la casa, la mancanza di reddito il costo dei servi che li rende sempre più inaccessibili per chiunque venga colpito da licenziamenti, cassa integrazioni o semplicemente esclusione dal lavoro in quanto già precario o piccolo lavoratore autonomo. Nei territori al peggioramento delle condizioni di vita contribuiscono le privatizzazioni dei beni comuni(H2O ecc), la mercificazione della natura, le grandi opere ecc …. Tutte questi problemi, che oltre che avere un aspetto politico ne hanno uno più immediatamente sociale, necessitano di nuovi strumenti di difesa e vertenziali capaci di dare immediate risposte alle fasce sociali colpite. Siamo conviti che il sindacalismo metropolitano discusso e praticato dal sindacalismo di base sia lo strumento più adatto allo scopo. Oltre a permetterci di intervenire anche come giovani comunisti all’interno di ambiti da cui altrimenti saremmo esclusi, esso è un base di partenza per la ricostruzione di quelle organizzazioni di lotta popolari di cui si sente il bisogno.

    Studenti

    Il movimento studentesco è debole. L’onda dei medi e degli universitari si è infranta quasi subito e sopravvive in pochissime situazione al cui interno operano i vecchi arnesi della sinistra antagonista. Non essendo stata in grado di muoversi sul terreno dell’indipendenza di classe (vedi l’accettazione dei tempi della cgil e del pd) non è stata in grado di costruire una piattaforma rivendicativa credibile , sprofondando nel più idiota riformismo. La mancata distinzione tra il piano economico (riduzione della spesa pubblica e inutilità del settore della ricerca di fronte alla crisi) politico-ideologico (meritocrazia e elitarizzazione del sapere) e propagandistico hanno fatto si che anche sul piano del riformismo l’onda avanzasse richieste ed elaborasse analisi del tutto fuori dai tempi e dalla realtà.

    Noi crediamo sia necessario riappropriarci di quel metodo analitico proprio del marxismo che partendo dai concetti base di struttura e sovrastruttura ci permetta di capire quale ruolo oggi spetta, al sapere in generale e all’università in particolare, nel processo di sviluppo capitalistico. Vogliamo partire dalle facoltà , con un occhio di riguardo verso quelle scientifiche, per capire e analizzare scientificamente il ruolo di ogni dipartimento, di ogni accademia e di ogni ricerca all’interno di questo quadro.

    È di vitale importanza poi rilanciare su base nazionale il movimento dei medi assente su questo piano, escludendo le organizzazioni dirette dalla cgil per i propri scopi, da ormai 20 anni.

    Una nuova generazione di comunisti per il comunismo

    Noi siamo tra le prime generazioni di comunisti a dover ripensare completamente la nostra prospettiva. Se prima del 1989, con la sua caduta del muro di Berlino e il dissolvimento del blocco socialista, i comunisti avevano, con tutte le sue contraddizioni, un altro sistema a cui guardare e un esempio concreto a cui riferirsi noi ne siamo privi. Abbiamo quindi l’arduo compito di ripensare, non solo alla nostra azione all’interno della società attuale, ma anche alle prospettive stesse della lotta e del contenuto socio politico della nostra proposta. Gli unici esempi da cui possiamo iniziare il nostro ragionamento sono, oltre al bilancio del socialismo del xx secolo, i paesi a nuovo socialismo di Asia e America latina. Anche se la pretesa di ripensare il socialismo attraverso un dibattito teorico potrebbe sembrare esagerata è l’unico modo per dare sostanza alla proposta rivoluzionaria. Senza una chiara alternativa globale con cui sostituire il capitalismo il rischio di cadere nel riformismo o nelle sue varianti movimentiste e localiste come la decrescità è molto elevato.

    Il percorso a cui pensiamo

    Nei prossimi mesi ci impegneremo nella diffusione di questo documento tra tutte quelle soggettività giovanili, più o meno organizzate che in Italia ancora credono alla possibilità di un cambiamento rivoluzionario della società. Quello che noi cercheremo di raggiungere è la messa in rete di tutte queste realtà e compagni. Non vogliamo assolutamente riproporre la casa comune dei giovani comunisti ne tanto meno un’associazione intergruppi. Proponiamo piuttosto una serie di incontri nazionali il cui obbiettivo sia quello costruire un intervento condiviso ma praticato autonomamente dai diversi gruppi.

    Da dove provengono le idee giuste? Cadono dal cielo? No. Sono innate? No. Esse provengono dalla pratica sociale, e solo da questa. Mao Tse-Tung

    Un gruppo di compagni e compagne-under 25 (Bologna)
    http://www.politecnico09.splinder.com

    Fonte

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