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Proviamo a ragionare laicamente, sul velo islamico e quello che rappresenta

(21 Settembre 2009)

Domenica scorsa è successo un fatto squallido: la europarlamentare Daniela Santanchè è stata aggredita davanti alla Fabbrica del Vapore a Milano. Non sta qui lo squallore, anche se non è un metodo, quello dell'aggressione fisica, per far valere le proprie ragioni. L'indecenza sta nel fatto che, durante una cerimonia solenne per l'Islam, qual è il festaggiamento della fine del Ramadan, una deputata del parlamento europeo, accompagnata da una manipolo di squadristi, abbia tentato di togliere il velo ad alcune donne. Atto gravissimo che mostra un disprezzo per la religione islamica, oltre che profonda ignoranza.

Da estremista laico quale sono (oltre che ateo), non riesco ad accettare un gesto del genere, qualunque sia la motivazione. Figuriamoci se le ragioni sono di origine xenofoba, per quanto quell'origine possa essere nascosta dietro l'ipocrita giustificazione di una emanicpazione femminile limitata alla cultura cattolica, o al meglio occidentale. Provando profonda indignazione per quel gesto infame, mi verrebbe da lanciare epiteti contro la Santanchè ed i suoi scagnozzi. Ma non lo farò, ritenendo più utile provare a ragionare sul velo islamico e quello che rappresenta. Ovviamente senza rivolgermi all'europarlamentare del PDL, visto che, come dice il proverbio, "a lavare la testa all'asino, si perde il tempo, l'acqua ed il sapone".

Diciamo innanzitutto che il burka con la religione islamica non ha niente a che fare, e soprattutto non ha niente a che fare con l'islam l'obbligatorietà del velo. Infatti, in nessun verso il Corano prescrive alle donne di coprirsi il capo. Esiste invece il consiglio, per le mogli del profeta, di coprire i capelli...
«O Profeta! Dì alle tue spose e alle tue figlie e alle donne dei credenti che si ricoprano dei loro mantelli; questo sarà più atto a distinguerle dalle altre e a che non vengano offese. Ma Dio è indulgente clemente!»
Cor., XXXIII:59

...e di non mostrare gli organi della sessualità primaria (ossia la vagina) e secondaria (cioè il seno)...

«E dì alle credenti che abbassino gli sguardi e coprano le loro pudenda e non mostrino troppo le loro parti belle eccetto ciò che di fuori appare e pongano un velo sui loro seni»
Cor., XXIV:31

Come si vede, il Corano non si scaglia contro le donne che non indossano il velo ed a maggior ragione, non impone alle donne di coprirsi integralmente con il burka, che rimane una usanza tribale, che si sovrappone a quanto narrato in un hadith (l'equivalente degli Atti degli Apostoli, nella religione cattolica). O meglio, il velo che copre anche il volto, lasciando liberi solo gli occhi, è un'estremizzazione di una pratica tribale, che serve a riparare il corpo dalla polvere o dalla sabbia che si alza in talune aree di cultura araba. Ora, domandarsi il motivo per cui le donne di religione islamica indossino il velo, sarebbe un ottimo esercizio di umiltà ed aiuterebbe a scanzare molti pregiudizi.

Il hijab (e cioè il velo), che copre solo i capelli, se liberamente indossato da una donna, non dovrebbe nemmeno colpire l'attenzione di altri. Non c'è nulla di strano in quel velo, che fa parte anche della tradizione occidentale, ancora viva anche in Italia seppure stia scomparendo. Basti pensare a quante signore anziane ancora indossino un fazzoletto scuro in testa. Personalmente mi capita molto spesso di notarlo nel piccolo paese di mia nonna, dove ancora viene usato, soprattutto per andare a messa. Come avviene anche in Occidente in alcuni contesti, nei quali non è consentito di indossare ciò che si più si crede, anche per l'Islam si tende, con il velo, di porre un freno all'esibizione del corpo. E nemmeno di ciò dovremmo meravigliarci. Basti considerare che è vietato in Italia girare a torso nudo ovunque (come stabilito dall'articolo 6, commi 3 e 4 del TULPS). E comunque, anche nella "secolarizzata" Italia, fa parlare la gonna sopra il ginocchio di una insegnante, per la quale si può essere licenziate.

E seppure il velo avesse semplicemente valore di mantenimento della tradizione mussulmana, quale sarebbe il problema? Anche usato semplicemente come simbolo di una identità religiosa, che è propria della persona e non imposta a nessun altro che alla propria coscienza religiosa, quale fastidio può arrecare? Oppure si crede che quella islamica sia una cultura meritevole di minor considerazione e rispetto di altre culture? E quanti laicamente vorrebbero forzare ad una certa emancipazione le donne di religione islamica, considerando il velo solo un'imposizione religiosa o sociale, non stanno forse utilizzando un'imposizione pensando di scansarne un'altra? E cosa a che fare questo con la laicità? Mentre a quanti ostentano una presunta superiorità della religione cattolica, rispetto a quella mussulmana, consiglio di leggere questi versi della prima lettera dell'apostolo Paolo ai Corinzi, che è uno dei testi che compongono il Nuovo testamento:

«Ogni uomo che prega o profetizza a capo coperto, fa disonore al suo capo; ma ogni donna che prega o profetizza senz’avere il capo coperto da un velo, fa disonore al suo capo, perché è lo stesso che se fosse rasa. Perché se la donna non si mette il velo, si faccia anche tagliare i capelli! Ma se è cosa vergognosa per una donna il farsi tagliare i capelli o radere il capo, si metta un velo. Poiché, quanto all’uomo, egli non deve velarsi il capo, essendo immagine e gloria di Dio; ma la donna è la gloria dell’uomo; perché l’uomo non viene dalla donna, ma la donna dall’uomo; e l’uomo non fu creato a motivo della donna, ma la donna a motivo dell’uomo. Perciò la donna deve, a motivo degli angeli, aver sul capo un segno dell’autorità da cui dipende. [...] Giudicatene voi stessi: E’ egli conveniente che una donna preghi Iddio senz’esser velata? La natura stessa non v’insegna ella che se l’uomo porta la chioma, ciò è per lui un disonore? Mentre se una donna porta la chioma, ciò è per lei un onore; perché la chioma le è data a guisa di velo».

Così, tanto per cominciare a ragionare laicamente...

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