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Obama: la democrazia non si impone

(24 Settembre 2009)

Nel massimo consesso mondiale, l’ONU, Obama ha capovolto la tradizionale politica estera USA, basata su criminali interventi “preventivi”, ossia mano libera di intervenire in qualsiasi scenario, per mantenere l’egemonia imperiale su buona parte del pianeta.
Ma la svolta non vale niente se non si parla di ritirare immediatamente i 130.000 soldati americani ancora in Iraq e i 50.000 in Afghanistan.

Dalla fine della seconda guerra mondiale ai nostri giorni, tutta la politica estera americana si è concentrata nel creare le condizioni affinché in America Latina, in Africa, in Asia e nella stessa Europa, si affermassero governi a lei favorevoli, intervenendo pesantemente con finanziamenti occulti,consiglieri militari,ideazione di colpi di stato, installazione di basi militari, provocazioni orchestrate dalla Cia, il tutto con l’alibi di ferro di voler fermare il comunismo, sostituito poi dopo il 1989 dall’altro alibi: fermare il terrorismo.
In Europa i finanziamenti alla DC anticomunista, l’appoggio al colpo di stato dei colonnelli fascisti in Grecia, fino ai recenti fiancheggiamenti delle “rivoluzioni arancione” nell’Est europeo, le centinaia di basi militari, testimoniano la feroce volontà di determinare l’evoluzione politica di altri paesi, con metodi che nulla hanno a che fare con la democrazia, creando anzi risentimenti e reazioni che spesso nel tempo si trasformano in terrorismo.
Gli Usa lo hanno sempre saputo. Infatti sono loro a creare la reazione terroristica, per poi intervenire contro questo “cancro che minaccia la sicurezza di tutti”.
Fino a adesso ha funzionato così: fabbricano i terroristi (Bin Laden compreso), e poi arrivano i nostri, come salvatori del mondo a combatterli.

Non c’è una sola voce nella “libera stampa” che riconosca una semplice verità, come la storia ci insegna, ossia che ciò che viene definito terrorismo non è altro che l’unico modo possibile di reazione di chi vede invasa la propria terra da truppe straniere, e a cui sia stato imposto un governo “democratico” (fantoccio), come in Iraq o in Afghanistan.
I partigiani italiani erano terroristi per i tedeschi, i partigiani algerini erano terroristi per i francesi, i partigiani vietnamiti erano terroristi per gli americani, i partigiani ceceni sono terroristi per i russi, i palestinesi sono terroristi per gli israeliani che gli hanno rubato la terra, e continuiamo con l’ingannare la gente e a fare le guerre con la favola della lotta al terrorismo.
Per capire fino a che punto possa far comodo il pericolo terrorista, non vi è dubbio che gli Usa abbiano consentito (non preparato) che l’11 settembre vi fosse l’attentato alle torri gemelle (tanto è vero che gli ebrei quel giorno non andarono al lavoro negli uffici delle torri), sapendo che poi sarebbero stati autorizzati dalla opinione pubblica a qualsiasi ritorsione in qualunque parte del mondo, meglio se con obiettivi petroliferi.
Se veramente volessimo capire in buona fede quale è l’origine del terrorismo, dovrebbero essere ritirate tutte le truppe straniere presenti nel mondo, Cecenia compresa, e vedremmo che il fenomeno si scioglie come neve al sole.

La frase di Obama “la democrazia non si impone”, se fosse seguita coerentemente, sarebbe la frase più pesante di tutta la STORIA, la fine degli imperi, delle ingerenze, la chiusura di tutte le basi militari fuori dai confini nazionali.
Magari si innescherebbero guerre locali, regolamenti di conti, come fu per gli Usa che fecero una sanguinosa guerra civile tra sudisti e nordisti, ma sarebbero guerre di assestamento, brevi, se non alimentati dall’esterno.
Ci sarebbero stati 50 anni di guerre tra palestinesi e sionisti senza l’appoggio americano in armi e politica a questi ultimi?
Spero che il cancro dell’imperialismo che Obama vuole estirpare non gli costi la vita. Circoli militaristi e degli interessi del blocco industriale-militare hanno negli Usa una potenza smisurata, e se vedono minacciati i loro affari o il loro ruolo, sono in grado, insieme a parti dei servizi segreti, di far uccidere anche un presidente. Democraticamente s’intende!

24 settembre 2009

Paolo De Gregorio

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