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    Impronta ecologica o sovrappopolazione

    (27 Settembre 2009)

    Il blog di Grillo ha intervistato Mathis Wakernagel, l’inventore della “impronta ecologica”, che misura la richiesta umana nei confronti della natura. Siamo alla bancarotta ecologica, sostiene Mathis, dobbiamo ridurre le emissioni di Co2 dell’80% entro il 2050, questo ci chiedono gli scienziati.
    Come? Dobbiamo fare più attenzione a come costruiamo le città (sic!).
    Come al solito, la montagna partorisce un topolino e io sono scandalizzato che girino idee, giuste e razionali, a cui non segue una possibilità reale di cambiare le cose.
    Non è possibile gettare nello sconforto quelle poche persone che vogliono cambiare le cose proponendo cose generiche ed impossibili in un ordine mondiale basato sulle logiche del sistema capitalista.
    Nessuno oggi, nemmeno i capitalisti, ha il potere di ristrutturare le città né gli impianti industriali, nel senso di minori sprechi ed emissioni di Co2, in ragione degli altissimi costi di questa ristrutturazione, ancora più impossibili oggi in un periodo di crisi economica.

    Tra l’altro non vi è una forza, un soggetto politico di peso internazionale, capace di portare avanti un programma, anche minimo. A Pittsburg, per il G20, vi erano 500 no global a contestare i padroni del mondo, che non hanno preso impegni vincolanti né hanno fatto programmi per ridurre, da subito, i gas serra. Solo belle parole, buoni propositi, ma nulla di operativo.
    E il nostro cervellone, sponsorizzato da Grillo, parla di ristrutturazione delle metropoli del mondo!
    Non si può essere razionali e scientifici nel calcolare “l’impronta ecologica” e poi essere sognatori e astratti nel suggerire soluzioni.
    “L’impronta ecologica”, come io sostengo da anni, ed è un concetto valido per tutto il pianeta, è il rapporto virtuoso ed armonioso che deve esistere tra le risorse di un territorio e il numero dei suoi abitanti, per soddisfarne tutte le esigenze.
    Questa equazione varia da nazione a nazione e ogni nazione deve percorrere strade diverse per raggiungere questo equilibrio.

    Per capirci su una realtà concreta voglio fare l’esempio della Mongolia. Essa è estesa per 1 milione e 564mila kmq (5 volte l’Italia), e ha 2 milioni e 600mila abitanti. Sembrerebbero pochi, ma essendo la sua economia basata sull’allevamento del bestiame su pascoli naturali, con pastori nomadi, con un clima molto rigido che non consente altre colture, è un territorio appena sufficiente, ma è in equilibrio ecologico, poiché questi pascoli sono in grado di rigenerarsi e sostenere il numero di capi di bestiame e di persone che vi vivono.
    Questa è una nazione che vive in armonia con il suo territorio e non danneggia il nostro ecosistema.
    Prima della criminale aggressione coloniale dell’Europa all’intero continente africano, il numero degli abitanti dell’Africa non arrivava a 200 milioni (contro i 929 milioni attuali), e essi vivevano (meglio di oggi) in equilibrio naturale con le risorse a disposizione. Gli squilibri creati dal colonialismo che, concentrò nei siti minerari e nelle città le popolazioni indigene, ha innescato in un solo secolo una bomba demografica che incrementa affamati ed emigrazione a livello biblico.
    Nel caso della grande potenza inglese, se per qualche accidente si fermasse il flusso dei viveri provenienti da tutto il mondo,con i suoi 250.000 kmq e 60 milioni di abitanti, in pochi giorni sarebbe alla fame, visto che ha solo 150.000 contadini, con età media di 60 anni. Sarebbe bellissimo vederli emigrare verso l’Africa a fare da sguatteri in cambio di un po’ di cibo.

    Mi sembra evidente che ben poche sono le nazioni in equilibrio con le proprie risorse, e che il maggior problema del nostro tempo, che rischia di portarci alla catastrofe, è la sovrappopolazione.
    Dobbiamo essere in grado di dimostrare che solo impegnando ogni risorsa, umana e di denaro, nella direzione del contenimento delle nascite e della drastica diminuzione delle bocche da sfamare, si può realisticamente raggiungere l’equilibrio dell’ecostistema.
    Le centinaia di “onlus” e le “opere” cristiane e missionarie che operano in Africa, come ci ricorda l’esperienza di padre Zanotelli, non risolvono alcun problema, anzi sono un enorme ostacolo a qualunque pianificazione e distribuzione di presidi contraccettivi.
    Ciò che possiamo fare è esercitare una severa critica verso queste organizzazioni, indicare nelle religioni, islamica e cristiana, il principale ostacolo alla diffusione di una cultura contraccettiva, e far capire che la pace è possibile solo se facciamo la pace anche con l’ambiente, con territori sufficienti per tutti, e non desertificati dalla sovrappopolazione.
    50 anni di FAO e di “aiuti internazionali” ci permettono di fare un bilancio storico e di tirare le somme di questa politica: gli affamati sono aumentati, con la distruzione del territorio e delle foreste subtropicali (parlando solo dell’Africa), e questi sono fattori di alterazione del clima a livello mondiale.
    E visto che Giappone ed Europa sono i principali importatori di legname pregiato, ecco smascherati i responsabili della deforestazione.

    Parlare di sostenibilità e di “impronta ecologica” per ogni nazione deve diventare la premessa di qualunque strategia politica ed economica, e ogni nazione deve fare la sua parte, iniziando dalla autosufficienza energetica con il solare e dalla autosufficienza alimentare.
    Il “progresso” che ci propone la globalizzazione, con la strategia del “governo mondiale della economia”, è la dittatura delle multinazionali, la distruzione dell’ecosistema, la sovrappopolazione con flussi migratori incontenibili e drammatici.
    La chimica, quella della medicina e quella usata per l’agricoltura, ha fatto saltare equilibri millenari, fatto finire la selezione naturale, provocando l’enorme sovrappopolazione. Solo la chimica, quella della contraccezione, può arginare il fenomeno fino alla SOSTENIBILITA’.

    26 settembre 2009

    Paolo De Gregorio

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