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La libertà di stampa non esiste

(4 Ottobre 2009)

Certe volte appare chiaro che l’ABC della democrazia non è mai stato scritto e che le situazioni di fatto sono quelle da cui partire per riscrivere le regole, e non le solite teorie fumose e fasulle.
Per vincere le elezioni bisogna raggiungere quella ampia parte di popolo, quella che non legge libri né giornali, stimabile al 30% della intera popolazione che, contro i propri interessi di classe, vota per la destra.
La cultura politica di queste persone è instillata tutti i giorni dal mezzo televisivo con il controllo di 5 canali e mezzo su 6, potere assoluto nel determinare il “pensiero unico capitalista”, in profonda sinergia con l’attività della Chiesa cattolica. Questa attraverso le sue parrocchie, radio, televisioni, opere di ogni genere, scuole cattoliche, comunione e liberazione, mense per poveri, caritas, ecc, mantiene il controllo sui poveri e gli emarginati, cloroformizzandoli con la cultura del porgere l’altra guancia e che i poveri avranno un posto in prima fila nell’aldilà.
Se si vuole capire qualcosa di informazione, bisogna partire da questa realtà e studiare ciò che può incrinare questo potere assoluto.

Grillo ci ripete che il futuro è Internet e che le Tv sono morte, e così giustifica il suo disimpegno per una strategia contro il monopolio televisivo.
Quel 30% di popolo che fa vincere le elezioni alla destra non usa Internet, magari gioca con le macchinette dei videogiochi e si aggiorna nelle curve sud dei turbolenti stadi di calcio traboccanti violenza e becera ignoranza.
Berlusconi deve la sua fortuna politica al controllo delle reti televisive che hanno ottenuto l’incredibile risultato di far passare dei coraggiosi magistrati che lo indagavano per complottisti rossi che si inventano teoremi, e hanno fatto passare per paladino delle libertà un monopolista editoriale con spiccata tendenza a non tollerare critiche né accuse.

La “libertà di stampa” che vediamo oggi 4 ottobre nei titoli dei giornali, dopo la manifestazione di piazza del Popolo a Roma, si esprime per quei pochi e poco letti giornali di sinistra in esaltazione trionfale dei 300.000, dimenticando lo stato comatoso della “sinistra sparita”. Per gli altri, di destra o di proprietà del Cavaliere, la libertà di stampa è omettere la notizia che, infatti, non appare nemmeno o viene relegata in trafiletti delle pagine interne.
E visto che ognuno acquista il giornale che conferma le sue idee, nessuno influenza nessuno e gli schieramenti restano immobili.

Visto che i governi di “sinistra”, Prodi e D’Alema, non hanno toccato né il conflitto di interessi né il monopolio televisivo, l’unica iniziativa che si può fare dal basso è quella di far fallire la RAI, già fortemente indebitata, punendola per l’insopportabile ruolo di fiancheggiatrice di Berlusconi, e ormai in mano alla destra.
Godrei immensamente nel vedere Bruno Vespa disoccupato e finire per sempre quei tristi teatrini dove i rappresentanti dei partiti fanno quotidiane passerelle in dibattiti finti che non sono utili a nessuno.
Far fallire la RAI non è un obiettivo da sottovalutare, non bisogna farsi ingannare dal fatto che lo chiede la Lega e che vogliono chiudere Santoro.
Dalle sue ceneri nascerà qualcosa di diverso, magari una “public company” gestita dai cittadini, magari comprando piccole Tv regionali e facendole trasmettere alcune cose in contemporanea, avvalendosi di tutti coloro che sono stati emarginati dall’attuale sistema.
In attesa di un futuro lontano in cui tutti saranno su Internet è meglio occuparsi nel presente di Tv e far partecipare i cittadini ad un progetto in cui i giornalisti sono coloro che gratuitamente fanno inchieste, filmati, denunce sul proprio territorio, che è l’unico modo di fare la “libertà di stampa”, facendola finita con la Casta dei giornalisti professionali che si vendono puntualmente al potente di turno.

4 ottobre 2009

Paolo De Gregorio

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