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(4 Novembre 2009) Enzo Apicella
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    Onoranze funebri e neomilitarismo

    (22 Settembre 2009)

    Due giorni di lutto nazionale, solenni funerali di Stato, ricevimento delle salme a Ciampino da parte del Presidente della Repubblica, camera ardente visitata da migliaia di persone, titoloni in prima pagina strillati dai massmedia in preda ad un vero e proprio delirio di magniloquenza, pennivendoli che saccheggiano dal vocabolario gli aggettivi e tutte le figure retoriche per comunicare ai lettori la loro profondissima compenetrazione con il luttuoso ma glorioso evento!

    Se fossi familiare di uno dei soldati che hanno perso la vita mi sentirei stordito, strattonato, trascinato da questa enorme corrente di enfasi nazionale e spesso nazionalistica, e preferirei piangere il mio morto in un contesto più sobrio. Una enorme folla che rende omaggio e partecipa ad un funerale non vuol dire una enorme partecipazione reale, un enorme cordoglio.

    Credo che con questo teatro montato dal Governo si voglia in qualche modo cancellare sotto una valanga di patriottismo e di lodi ai "valori" dell'eroismo dei militi immolati per l'Italia la mancanza di ragioni e di motivi accettabili per una morte in una terra lontanissima dai nostri confini. Per quale motivo i nostri soldati sono in Afghanistan? Per combattere il terrorismo? Una motivazione che gli stessi americani tendono a cancellare quando sempre più frequentemente appellano i combattenti come "insurgents". Infatti si tratta di insorti contro l'occupazione straniera di eserciti Nato e di killers contractors, contro bombardamenti che hanno massacrato una parte della popolazione, donne e bambini compresi, una sequenza di stragi realizzate con aerei senza pilota (drone) e bombe di tonnellate di peso capaci di scavare crateri immensi e distruggere interi villaggi.

    Stiamo in Afghanistan perchè siamo membri della Nato e dobbiamo assolvere ai nostri compiti internazionali. Ma la Nato non è più un organismo di difesa, è diventata uno strumento della guerra globale dell'impero americano per il controllo delle zone petrolifere e l'affermazione della sua egemonia sul mondo intero. E' difficile credere che oltre mille basi militari USA sparse nel mondo ed in particolare lungo la linea delle nazioni che esprimono culture diverse da quella occidentale siano presidi di pace e di stabilità.

    L'Italia deve poter discutere dentro la Nato le scelte militari. Ma queste vengono imposte dagli anglosassoni e chiunque non si dichiara pronto a "credere, obbedire, combattere" viene iscritto nel libro dei sospettati. L'Impero è molto sospettoso e, oltre alla lista degli stati-canaglia, dispone di varie altre liste sulla base della fedeltà più o meno canina ai suoi interessi. L'Italia non chiederà mai di discutere gli ordini che vengono impartiti dai generali del Pentagono. Almeno questa Italia bipartisan!

    Tutta questa enfasi e questa intensa mobilitazione dei vertici dello Stato sta in qualche modo cambiando la natura della democrazia italiana. Nei primi cinquanta anni della Repubblica il ruolo delle Forze Armate è sempre stato defilato mai ostentato, discreto. Avevamo anche un esercito di leva, nazionalpopolare che si identificava profondamente con la Repubblica democratica scaturita dalla Resistenza.

    Ora abbiamo un esercito di professionisti legatissimi ai generali americani, che non sono certamente mercenari ma che comunque hanno fatto delle armi il loro lavoro permanente fino alla pensione. Questo esercito di professionisti mobilita risorse ed interessi enormi e, laddove avvia processi di privatizzazione (come avviene in forma massiccia negli USA), crea ancora altri interessi economici di grandissima rilevanza e peso.

    Con queste solenni celebrazioni dei caduti nelle missioni all'estero, questo Esercito si colloca in posizioni assai di più preminenti di quelle che aveva occupato nella cosidetta "prima repubblica". L'opinione pubblica viene indotta ad identificarsi sempre di più con la parte militare del Paese e questo non sono sicuro che sia un bene.

    Una opinione pubblica che si schiera tutta dalla parte dei nostri militari ostentando disprezzo indifferenza lontananza dalle sofferenze delle popolazioni che occupiamo potrebbe sempre di più assomigliare a quella che lodava le gesta dei Generali a cominciare dal generale Rodolfo Graziani in Africa, gesta che glorificavano un colonialismo spietato e criminale che tuttora persiste nel profondo della cultura nazionale, che non è stato rimosso dalla fase civile aperta dalla Costituzione, dall'amore per la pace e per il rispetto di tutti gli esseri umani. Avete notato come il termine pacifismo sia stato degradato e come i pacifisti sono considerati più o meno amici dei terroristi?

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