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Sinistra anticapitalista e rappresentanza politica dei settori popolari

Report dell’assemblea della Rete dei Comunisti a Roma, sabato 31 ottobre

(3 Novembre 2009)

Sabato 31 ottobre l’incontro pubblico organizzato a Roma dalla Rete dei Comunisti, ha decisamente messo “i piedi nel piatto” relativamente alla crisi della sinistra nella rappresentanza politica dei settori popolari. Sulle questioni sollevate dalla Rete dei Comunisti con la relazione introduttiva di Mauro Casadio (già disponibile integralmente su www.contropiano.org )sono intervenuti gli esponenti delle forze politiche della sinistra alternativa e le soggettività invitate a portare il proprio contributo. Sarà perché la situazione ha ormai messo tutti e duramente di fronte alla realtà, sarà perché le elaborazioni della Rete dei Comunisti sulla rappresentanza politica (definita nella relazione introduttiva come il “terzo fronte”) indicano un nesso non politicista con la realtà stessa, stavolta -diversamente che in altre occasioni - la discussione non è stata formale né condizionata dal vecchio vizio della “politica”, un vizio secondo cui le buone analisi sono importanti, le lotte e i movimenti sociali anche ma poi le necessità della politica diventano sempre altre, diverse, contingenti e talvolta dissonanti rispetto alla prime due.

In questo caso gran parte degli interventi sono stati sul tema facendo registrare la dovuta attenzione alle questioni poste dal senso dell’iniziativa e dal contenuto dell’introduzione.

Nel dibattito sono intervenuti Salvatore Cannavò (Sinistra Critica), Vladimiro Giacchè (autore di numerosi saggi, l’ultimo su Il Capitale e la crisi), Paolo Ferrero (segretario del PRC), Marco Rizzo (Sinistra Popolare), Cesare Salvi (Socialismo 2000), Nella Ginatempo (attivista del Patto contro la guerra), Giampaolo Patta (Lavoro e Solidarietà), Francesco Piccioni (giornalista del Manifesto), Paola Pellegrini (PdCI). Le conclusioni sono state tirate da Sergio Cararo (Rete dei Comunisti).

La relazione introduttiva di Mauro Casadio ha posto nero su bianco – sulla base dello “scompaginamento” teorico, strategico, politico e sociale prodotto dalla sconfitta del movimento comunista alla fine del Novecento - il problema del rapporto tra “coscienza e organizzazione” tra la soggettività politica delle forze della sinistra (inclusi i partiti comunisti) e il blocco sociale antagonista. “Abbiamo visto crescere, particolarmente nell’ultimo decennio, la contraddizione tra una sinistra che si è proposta etica e “politicamente corretta”ed i settori operai e popolari” ha affermato Casadio, “Quello che ci ha tolto la terra sotto i piedi è l’aver accettato la distruzione sistematica e la deformazione di quel tessuto connettivo, a cominciare da quello sindacale, che è stato nel nostro paese l’organizzazione sociale diffusa ed il conseguente e necessario conflitto a difesa degli interessi materiali delle classi subalterne. E’ stata la perdita di questa dimensione che ha fatto smarrire i riferimenti politici ma anche quelli culturali ed etici ai settori di classe ed ha portato alla attuale divaricazione politica”. L’organizzazione è stata sistematicamente demonizzata dal pensiero debole ma se esiste il problema dell’organizzazione oggi “abbiamo anche il problema delle sue forme. Questo, infatti, non è solo un problema teorico ma anche pratico che deve fare i conti con la classe reale “qui ed ora”…. L’esperienza del sindacalismo di base e l’obiettiva esigenza che rappresenta, dimostra bene questa necessità. Al di là dei suoi inevitabili limiti pratici, questo soggetto non nasce solo dal “tradimento” dei vertici sindacali, per contrastare i quali potrebbe bastare la sinistra sindacale interna, ma dalla modifica strutturale della classe che oggi con la crisi subisce ulteriori accelerazioni”.

Sulle questioni politiche ed elettorali, rispetto alle quali molti avevano invocato chiarimenti in queste settimane, la Rete dei Comunisti ha esplicitamente indicato nell’introduzione di credere che “vada rafforzata la prospettiva del sindacalismo strategicamente indipendente che sempre più assume una dimensione autenticamente confederale” e che - sempre per chiarezza e per evitare sterili tatticismi – di ritenere che “un’altra divergenza non può che esserci sulla questione della indipendenza politica e delle alleanze elettorali; sappiamo che oggi su questo piano non sono possibili nostre convergenze in quanto riteniamo strategico fin da oggi affermare con forza l’indipendenza politica dal PD come elemento costitutivo di una identità forte dei settori sociali”.


Finalmente un dibattito non formale
Nelle risposte alle cause della crisi della sinistra nella rappresentanza politica dei settori popolari, sono emerse accezioni diverse. Per Cannavò nei partiti della sinistra “l’organizzazione si è ormai trasformata in apparati elettorali ed è stata sostituita dalla rincorsa alla presenza mediatica piuttosto che dal radicamento sociale”. Sinistra Critica – piuttosto severa sulla proposta della federazione della sinistra - propone invece a tutte le forze politiche e sociali un “movimento unitario contro la crisi”. Secondo Giacchè, che ha sviluppato una analisi della crisi di comunicazione e di egemonia culturale della sinistra sul blocco sociale, “in questi anni si è vissuti di rendita su quello che l’introduzione aveva definito il tesoretto di famiglia- ossia il pacchetto elettorale ereditato dal PCI e dalla nuova sinistra - ma l’eredità oggi si è esaurita…Dobbiamo recuperare un lessico e rimettere in piedi una massa critica” ha detto Giacchè pronunciandosi a favore della ricostruzione di un solo partito per i comunisti e la sinistra.

Per Paolo Ferrero i problemi posti nell’incontro sono materia per un dibattito vero. Si è detto convinto dalla disarticolazione nei tre livelli indicati dall’introduzione di quella che una volta era la rappresentanza politica. Ferrero ha riconosciuto che il voto sull’Afghanistan durante il governo Prodi è stato “l’ultimo elemento di dissoluzione del PRC” ed ha ribadito - come già fatto in altre occasioni – che “aveva avuto ragione Turigliatto e torto io”. Quella di questi anni, ha aggiunto Ferrero “non è stata una sconfitta ma una autodissoluzione dentro l’egemonia degli altri”. La questione che si è rivelata insopportabile come contraddizione da reggere è stata quella del bipolarismo, tant’è che tutte le scissioni nel PRC sono avvenute in occasione di difficili scelte o svolte istituzionali (dal governo Dini, alla revoca dell’appoggio al primo governo Prodi e al sostegno del secondo governo Prodi). Ferrero ha riaffermato la sua convinzione sull’esperimento della federazione della sinistra che prevede l’alternatività al PD e il no al bipolarismo, ma che cerca anche di raccogliere il senso comune del popolo della sinistra che vuole unire le forze nelle occasioni elettorali per battere la destra.

Per Marco Rizzo in realtà la divisione oggi è “tra chi vive della politica – e quindi è disponibile a tutti i compromessi – e chi vuole fare politica”. In qualche modo occorre liberare le forze della sinistra dal ricatto economico individuale e collettivo che spesso è quello che poi determina le scelte politiche.

Anche Cesare Salvi, come Ferrero, ha sostenuto l’opportunità offerta dalla proposta della federazione della sinistra come tentativo di rimettere insieme le forze, incluse quelle di ispirazione socialista di sinistra, incoraggiati su questo terreno dall’esperienza positiva della Linke tedesca.

Nella Ginatempo ha ricostruito la rottura dei rapporti tra i partiti della sinistra e i movimenti contro la guerra, una rottura incubata nella fase discendente del movimento dei social forum e poi esplosa con la decisione dei partiti di sinistra di votare a favore della missione militare in Afghanistan nonostante l’opposizione di gran parte del movimento No War.

Giampaolo Patta, ha precisato sin da subito il suo dissenso sui due punti politici dirimenti del documento della Rete dei Comunisti (indipendenza dal PD e sostegno al sindacalismo di base) ritenendo la politica delle alleanze e l’internità alla Cgil una scelta tuttora corretta. Ma ha invece riconosciuto come importante ed anche leale il presupposto e la conclusione della relazione introduttiva che, ad avviso di Patta, rappresentano un contributo vero e non formale anche al dibattito sulla federazione della sinistra che – a suo avviso – deve riaffermare la centralità del lavoro come questione strategica.

Francesco Piccioni ha rivendicato come decisiva la rivendicazione di una visione marxista della crisi e della storia del movimento operaio e comunista, ma ritiene che oggi sia altrettanto dirimente una nuova messa a fuoco della capacità della sinistra di misurarsi con la situazione attuale e con i problemi che pone. L’identità è importante ma non può diventare testimonianza pura e semplice di un. passato glorioso.

Paola Pellegrini, ha in qualche modo ricostruito e rivendicato il ruolo svolto dai comunisti nella storia e nell’emancipazione del paese, un ruolo che oggi va rivendicato e riaffermato nonostante i tentativi di liquidazione che pure “tentano” anche alcuni settori della sinistra.

Mettere fine al “meno peggio” e mettere mano all’organizzazione
Le conclusioni sono state tirate da Sergio Cararo, il quale ha sottolineato il valore di un dibattito ampio come quello di sabato 31 che ha coinvolto gran parte delle forze politiche e delle soggettività della sinistra alternativa e di classe interessate – seppur in modo non ancora convergente – a creare quello che ha definito “un punto di resistenza politica e sociale dentro la crisi che ha bisogno di una massa critica di attivisti e militanti anche minima e della loro capacità di ricucire il rapporto con i settori popolari”. In tal senso va inquadrata l’interlocuzione aperta con il processo costituente della federazione della sinistra. La Rete dei Comunisti in questi anni si è sforzata di svolgere una funzione tesa a ricostruire effettivamente un “intellettuale collettivo” costruendo ripetutamente occasioni di analisi, confronto e dibattito aperte ed inclusive. “E’ doveroso sottolineare – ha detto Cararo – che in questi anni spesso abbiamo verificato come molti compagni abbiano sempre ritenuto la “politica” una dimensione diversa dai contributi emersi da queste occasioni di confronto e ricostruzione di un punto di vista generale della realtà, ma i risultati della realtà stessa sono stati poi impietosi verso questo atteggiamento politicista e di rimozione dalla realtà stessa”. Sulla questione delle alleanze elettorali Cararo ha ribadito che “sulla base dei risultati di questi anni occorra decretare la fine della logica del meno peggio” e che – come nel caso di Obama – sarà bene separare le “aspettative su Bersani” dal progetto e dall’agire pratico del PD e di Bersani stesso, altrimenti si corre il rischio di riproporre una subalternità al meno peggio che si è rivelata logorante prima e devastante poi per le forze della sinistra”.

La Rete dei Comunisti ha poi annunciato che non intende affatto sottrarsi alla discussione sull’unità dei comunisti o sulla ricostruzione del partito dei comunisti sollecitata da diversi compagni, al contrario, anche in questo caso intende mettere i piedi nel piatto della discussione. Da qui la messa in cantiere per l’inizio del prossimo anno di un incontro simile a quello di sabato 31 ottobre ma che avrà come tema “i comunisti e l’organizzazione”, dunque un tentativo di messa a fuoco di una teoria e di una pratica dell’organizzazione dei comunisti in un paese a capitalismo avanzato e nel XXI° Secolo. Anche su questo nodo strategico il dibattito sarà leale e non formale, esattamente come è stato per il dibattito nella sinistra, sulla federazione e sulla rappresentanza politica dei settori popolari nel nostro paese.

Roma, 1 novembre

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