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(25 Luglio 2009) Enzo Apicella

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Xiomara Hortensia Zelaya: “Hanno paura di noi, perché noi non abbiamo paura”

(12 Novembre 2009)

“Verrà un domani libero. Verrà la democrazia.
Non per un ordine straniero né per grazia divina
Verrà perchè il dolore ci deve unire tutti
Per scacciare la miseria, gli oppressori ed il fango.
Verrà la libertà! Sul passato inerte
Vedremo la vita sconfiggere la morte”.

Alfonso Guillen Zelaya, poeta honduregno

Mentre il popolo honduregno in resistenza sta festeggiando per la classificazione di Honduras al mondiale di calcio Sudafrica 2010, gli stessi ribelli hanno creato un nuovo slogan per l’occasione, “Honduras al mondiale, Zelaya nella presidenziale”, facendo chiaro riferimento che come Honduras ha vinto la qualificazione per i campionati mondiali di calcio, così il suo presidente democraticamente eletto, oggigiorno ancora assediato dentro l’ambasciata del Brasile, deve essere restituito alla Casa Presidenziale.

La partita che ha determinato la classificazione dell’Honduras è stata giocata il 14 ottobre 2009 e due giorni dopo, mentre stavo in resistenza con i “camminanti” honduregni nelle vicinanze del Hotel Clarion, sede del controverso dialogo di Guaymaras, ho incontrato la figlia di Mel Zelaya, Xiomara Hortensia Zelaya, più conosciuta come “Pichu”.

Non si può negare la sua forza da leader, anche se ancora giovane, con i suoi 24 anni: quando è arrivata al luogo della manifestazione, è stata capace di accendere di gioia gli animi della Resistenza, che quasi non le permettevano di parlare tra slogan amichevoli e grida di giubilo.

Qui nessuno ha dimenticato l’appoggio suo e di sua madre dato alla resistenza mentre Mel Zelaya si trovava fuori dal paese, erano proprio loro a dirigere la marce infinite dei camminanti honduregni.

Adesso, che suo padre è assediato nell’ambasciata del Brasile, funge da comunicazione tra Mel e la gente, conversa con i leader del Fronte Nazionale contro il golpe di stato: Xiomara scende in strada, da interviste, chiacchiera nelle piattaforme sociali come Facebook o Twigger attualizzando i partecipanti sulla violenza incredibile e sui soprusi contro i diritti umani perpetrati dal tiranno gorilla Micheletti.

La Pichu, questo venerdì 16 ottobre, è venuta accompagnata da Doña Flor Guevara, attiva militante della resistenza e madre del capitano della nazionale di calcio dell’Honduras, Amado Guevara. Proprio nell’Hotel Clarion, davanti a tutti i giornalisti che aspettavano notizie per il risultato del dialogo, la madre del calciatore ha consegnato a Xiomara la maglietta che Amado indossava nella partita decisiva della classificazione.

“Per il signor presidente Josè Manuel Zelaya, dal suo amico Amado Guevara”, è la frase che è stata scritta sulla maglietta da questo coraggioso calciatore, che oltre a fare questo regalo al presidente, si è rifiutato di essere festeggiato per la vittoria dal tiranno Micheletti, con un’altra stella della nazionale honduregna, Julio Cesar Leon.

Quando riesco ad avvicinarmi alla Pichu, facendomi largo tra folla esultante, riesco a conversare con lei grazie alla sua grande disponibilità ed ai militanti della resistenza che mi presentano.

Come prima cosa le domando come è la situazione dentro l’ambasciata del Brasile e in che condizioni sono costretti a vivere gli occupanti, e la Pichu mi risponde che sono assediati da un numero assolutamente spropositato di soldati, poliziotti, franco tiratori, laccai del golpe di stato che si occupano di azionare sistemi elettronici per interrompere le chiamate dei cellulari, produrre rumore ad elevati decibel nel tentativo di innervosire i presenti, attivare dei fari di luce molto potenti affinché i poveri accerchiati non possano dormire soprattutto durante la notte e razionano i cibi che possono essere introdotti.

“Comunque l’animo di mio padre continua ad essere forte ed alto, un esempio per tutti”.

“Io non sono mai stata una buona cuoca, però adesso ho dovuto imparare per poter cucinare per i miei genitori e portarle da mangiare tutti i giorni, in due turni, uno per il pranzo e l’altro per la cena”.

“Non riesco quasi mai ad entrare nell’ambasciata, devo sopportare che i soldati controllino il cibo, mettendogli dentro le dita per cercare qualche arma ed i cani annusino i piatti, per cercare droga. Questa è la ragione per cui cerco di portare solo cose fredde e che possono difficilmente corrompersi”.

Mi racconta che lei è rimasta fuori dall’ambasciata perché doveva assistere sua sorella Zoe che era in cinta ed ha appena partorito, con un’operazione cesarea.

“Pochi giorni prima del parto abbiamo chiesto, io e mia sorella, il permesso all’arcivescovo di Tegucigalpa di poter entrare nell’ambasciata affinché la futura mamma potesse avere la benedizione dei suoi genitori, prima dell’intervento chirurgico, però purtroppo, dopo tre ore di attesa l’unica cosa che abbiamo ottenuto è stato un netto rifiuto”.

La Pichu non commenta questo particolare, però io, come cattolica, mi domando che classe di arcivescovo è don Oscar Rodríguez de Madariaga: un seguace di Don Bosco(!) che appena dopo il golpe di stato ha affermato che sarebbe stato un bene per il paese che il presidente democraticamente eletto Manuel Zelaya restasse fuori dall’Honduras!!!!

E come riflette di poter conciliare con i precetti cristiani più umili (neanche pensare a quello che avrebbe dovuto fare in teoria, non un semplice cattolico cresimato, ma bensì un ministro di Dio!!!) il rifiuto ad una donna in cinta di poter parlare con la sua famiglia, sequestrata da gorilla assassini, quando il cattolico in questione è forse l’unico tramite possibile?

Non credo che esista una risposta se non che, come sempre, non c’è nessuna relazione veramente cristiana tra l’alta gerarchia della Chiesa ed i fedeli: i grandi prelati sono troppo occupati a difendere i loro interessi ed appoggiare i settori golpisti, che rappresentano la fonte di denaro in Honduras.

Ed il popolo? Per fortuna non perde la fede nei precetti di Cristo, (per me e Celia Hart, Gesù è stato il primo comunista della storia) perché esistono preti veramente fedeli al loro giuramento, che stanno rischiando la vita per aver difeso i più umili e la madre terra, come padre Andres Tamayo, che per aver commesso questo “grande peccato” si trova anche lui sequestrato nell’ambasciata brasiliana.

La Pichu continua affermando che crede che il futuro di Honduras sarà comunque buono: quando restituiranno a suo padre la sua carica, perché incomincerà la lotta per una vera democrazia partecipativa che sconfigga la rappresentativa, corrotta e obsoleta, e se non lo restituiranno, allora la lotta sarà ancora più dura, però il futuro sarà sempre positivo, perché il popolo honduregno ha incominciato a marciare e nessuno lo può fermare.

“La vittoria del mio paese sarà una vittoria per tutti i popoli della Nostra America, quella tanto sognata da José Martì”.

“Dal momento che tu vivi a Cuba vorrei che portassi tutto il mio affetto all’ambasciatore Juan Carlos Hernandez, un uomo ed un diplomatico così coraggioso, con cui sempre resteremo in contatto ed a cui sempre saremo grati per il suo comportamento. Chiaramente salutiamo tutta l’ambasciata cubana, ringrazieremo il Comandante in capo Fidel Castro ed il presidente della Repubblica Raul Castro per tutto l’appoggio solidario dato al paese ed al popolo honduregno, non solo adesso, ma da tanti anni”.

“In questi giorni di lotta amiamo ancora di più i nostri fratelli cubani perché viviamo in carne propria quello che Cuba ha sofferto con il tiranno Battista. Almeno in piccola parte sentiamo le stesse unghie dell’imperialismo che feriscono il popolo cubano da quasi 50 anni con il bloqueo, sanguinario e criminale”.

“Anche mio papà è stato sequestrato perché, come Cuba, non ha accettato di piegarsi alle regole inumane del neoliberalismo, anche a noi cercano di zittire, uccidere e violentare perché stiamo cercando un futuro più equo e solidario”.

“Però non passeranno, no, i soldati non vinceranno, perché anche noi come Cuba non abbiamo paura e diremo no alla corruzione sfrenata imposta dall’imperialismo”.

Il nostro incontro termina con un grande abbraccio, questa giovane ragazza per un momento mi fa sognare e guardare nel futuro: forse, sto stringendo tra le mie braccia quella che sarà la prima donna presidente della Repubblica, (una vera Repubblica onesta e solidaria, se l’avrà scelta) in Honduras?

l’autrice è la responsabile della pagina in italiano del sito web di Prensa Latina

Ida Garberi, dall’Honduras

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