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Disoccupazione e rischio di guerra tra poveri nella regione Lazio

(4 Dicembre 2009)

L’ultima indagine ISTAT ci informa che la disoccupazione in Italia è cresciuta all’8%, portando i disoccupati a quota 2.004.000, mentre il tasso della disoccupazione giovanile ( 15-24 anni), si attesta a quote superiori di quelle europee ( 26,9% contro il 20,6% ).Sono aumentati anche gli “inattivi” ( 14 milioni e 741 mila individui a ottobre 2009 ). Il governo ha esaltato i dati, affermando che si tratta di un tasso inferiore alla media europea, dimenticando tuttavia, che nel nostro paese chi lavora è solo il 57,6%, rispetto al 65% in Europa. Ma non basta. Il governo dimentica l’uso massiccio degli ammortizzatori sociali, compresi quelli in deroga, che di fatto, in molti casi, sono l’anticamera al licenziamento e quindi, alla disoccupazione. L’uso e l’abuso ( non sempre trova reale giustificazione e spesso i lavoratori non interrompono l’attività produttiva ) degli ammortizzatori in deroga è divenuto, negli ultimi mesi, pratica tampone che grava sulla collettività e si è trasformato in strumento per affrontare crisi strutturali, piuttosto che temporanee.

Naturalmente, a pagare sono i lavoratori, che insieme ai disoccupati, divengono business per le cosiddette politiche attive del lavoro, cioè,” quell’insieme di azioni mirate alla formazione ed al sostegno delle persone per la collocazione lavorativa, in modo da aumentare la loro possibilità di trovare una nuova occupazione”.

La regione Lazio (http://www.portalavoro.regione.lazio.it/portalavoro/sezione/?id=CIGS-e-Mobilit-agrave--in-deroga_112 ) , come le altre in Italia, adeguandosi alla normativa nazionale ed attraverso accordi e regolamenti, ha attivato una serie di “percorsi” di politica attiva, che coinvolge i lavoratori sottoposti a cassa integrazione o mobilità in deroga, recandosi “presso il Centro per l'impiego dove concordano le misure di politica attiva del lavoro perfezionando in tal modo la stipula del Patto di servizio, dove le misure concordate fungono da Piano di azione individuale. Sulla base delle indicazioni del Centro per l'impiego, i lavoratori si attivano per usufruire delle misure di politica attiva la cui frequenza viene monitorata dalla Regione”.

Ma, “il lavoratore non avrà diritto al trattamento di integrazione del reddito (CIGS o Mobilità in deroga) nei seguenti casi: mancata presentazione al Centro per l'impiego; rifiuto della sottoscrizione del PAI; mancata presentazione all'intervento di politica attiva concordato con il Centro per l'impiego; interruzione immotivata dell'intervento di politica attiva.
Tenuto conto che i Centri per l’impiego non sono stati mai in grado di offrire adeguate domande di lavoro, la Regione ha attivato delle attività “formative” obbligatorie ( http://spal.formalazio.it/cimp/RicercaCorsi.php ). Oltre a gravare gli operatori dei Centri per l’impiego di ulteriori adempimenti ( ricordiamo le selezioni AMA/Opus Dei e le prossime graduatorie per il “reddito minimo” ), si esasperano lavoratori disagiati con ulteriori incombenze, utili solo a soddisfare autoreferenziali esigenze politiche o incrementare rendite dei soliti istituti di formazione professionale.

Non è questa la sede per entrare nelle specificità tecniche, ma basti dire che alcuni corsi non sono mai stati attivati; alcuni altri sono distanti anche 30/40 km dalle residenze dei lavoratori; molti, non hanno raggiunto la quota necessaria di iscritti.
Tutto questo, a discapito dei lavoratori che perdono tempo e che rischiano di non avere riconosciute le indennità. Non solo. Ci dovrebbero spiegare, ed è accaduto, perché, in mancanza di corsi adeguati, un/una cassaintegrato/a dovrebbe partecipare ad attività per “ricostruzione artificiale delle unghie”; o “lingua tedesca”; o trascorrere 24 ore per la“ricerca informativa networking” ed altre 16 a comprendere la “gestione del tempo”. Ma i geni che hanno provveduto ad implementare tali farraginosità, comprendono con chi hanno a che fare?

Gente d i s p e r a t a, che non può e non d e v e sottostare ad ulteriori vessazioni: lavoratori letteralmente presi per i fondelli.

Come non lo dovranno essere presi le migliaia di partecipanti alla lotteria del “reddito minimo garantito”, la cui graduatoria, a tutt’oggi, non è uscita (salvo nella Provincia di Rieti), adducendo il ritardo alle Poste, con cui la Regione ha stipulato una convenzione milionaria.

Il 6 maggio 2009, nelle “Linee di indirizzo per l’attuazione dell’accordo in Conferenza Stato Regioni in materia di ammortizzatori sociali in deroga”, l’assessorato al lavoro della Regione Lazio affermava che, riguardo la crisi, “si può pertanto ragionevolmente attendere un maggiore impatto negativo sull’occupazione dei lavoratori anziani (over-45) e di quelli molto giovani (apprendisti e neo-assunti con poca o scarsa esperienza) rispetto a quelli della fascia 30-45 anni”. Il 29 maggio 2009, con delibera di Giunta, venivano individuati “come beneficiari i disoccupati, inoccupati e lavoratori precariamente occupati di età compresa fra anni 30 e 44” (http://www.portalavoro.regione.lazio.it/portalavoro/sezione/?id=Le-procedure-per-il-2009_57 ).

Aldilà della schizofrenica gestione della legge, che sicuramente offrirà motivo ad ulteriori polemiche, sicuramente creerà aggiuntive divisioni fra i meno garantiti, rafforzando ulteriori forme di razzismo, nel caso in cui fra gli aventi diritto, risultassero un numero rilevante di immigrati e rom.

A mio avviso, l’istituzione di un tale reddito, sarà un’inutile spot elettoralistico destinato a scontrarsi con la realtà dei fatti: possibilità di percepire più redditi in uno stesso ambito familiare, equiparazione del disoccupato al precariamente occupato, scontri di genere, prevedendo per le donne un punteggio maggiorato…. Senza voler tener in conto, che una siffatta distribuzione, non incide sulle dinamiche del processo di accumulazione capitalista e non serve a contrastare precariato e disoccupazione, prodotti di una economia liberista, che rientrerà delle risorse spese, con tasse e perdite d’acquisto della busta paga.

Sarà utile, nei prossimi mesi, aprire una stagione di lotte e nuove vertenzialità con i soggetti coinvolti nel processo di ristrutturazione del mercato del lavoro ( regioni e provincie ), respingendo la logica dei sussidi, che serve solo a sminuire il potere contrattuale dei lavoratori e non. Una stagione di rinascita, che riesca ad unificare le lotte dei lavoratori garantiti e non, degli emarginati e che sappia contrastare l’egemonia culturale vigente, ma, fondamentalmente, sappia essere credibile, coerente e che intenda dotarsi di diversificati e validi strumenti di conflitto.

Luciano Di Gregorio
RdB/CUB Roma

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