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La classe operaia va in fumo

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(8 Settembre 2011) Enzo Apicella
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(Dove và la CGIL?)

Lettera aperta alla Cgil sullo sciopero dell’11 dicembre

(10 Dicembre 2009)

Per l’11 dicembre la Cgil ha proclamato sciopero nazionale di tutto il comparto pubblico. I Cobas hanno proclamato uno sciopero generale lo scorso 23 ottobre, uno sciopero a cui hanno partecipato anche tanti lavoratori di area Cgil, ma non la Cgil come sindacato, che ha ritenuto inutile questa scadenza, preferendole riunioni con quella specie di “sindacati” che sono Cisl e Uil.

Infatti la Cgil, che intende mantenere col sindacalismo di base lo stesso rapporto che c’è tra il diavolo e l’acqua santa, non vuole assolutamente rompere il rapporto con la Cisl e la Uil, anche se ogni giorno esse, insieme a padroni e governo, sparano ad alzo zero contro i lavoratori, non risparmiando di colpire con schegge velenose la stessa Cgil.

La Cgil, appunto, che giustamente ha rifiutato di firmare l’intesa interconfederale del 22 gennaio con governo e Confindustria (accolta, invece, a braccia aperte da Cisl, Uil e Ugl), con cui si è stracciato la contrattazione, il diritto di sciopero, la democrazia sindacale, di tutto di più, e si è regalato la durata triennale dei contratti nazionali e l’affossamento del potere d’acquisto delle retribuzioni falcidiate dall’inflazione.

E poi, quando si è passati ai contratti di settore (come nel commercio, nel comparto alimentare e nel trasporto pubblico locale e ferroviario), la “grande” Cgil ha finito per accettare proprio il punto di vista delle stesse Cisl e Uil, siglando contratti che sono autentiche rese al padronato.

Bella coerenza! Rispetto allo sciopero dell’11 dicembre e alla piattaforma rivendicativa ci sono contenuti in parte condivisibili e in parte assolutamente NO. Tra l’altro, la Cgil dimentica di avere sottoscritto solo pochi mesi fa intese che hanno avuto e continuano ad avere ripercussioni negative sui lavoratori, sul loro potere di acquisto e di contrattazione. Lo sciopero del giorno 11, inoltre, non si pone l’obiettivo di dare vita a un movimento del lavoro dipendente capace di sottrarre i lavoratori e le lavoratrici della pubblica amministrazione alle nere prospettive a cui intendono condannarli padroni, governo, Cisl, Uil e Ugl.

Infatti, la proclamazione dello sciopero è stata un fatto verticistico, quando invece sarebbe dovuta scaturire dal confronto con le Rsu e con il sindacato di base, per una preparazione comune di questa scadenza utile a costruire una vera opposizione sociale al governo e alle sue politiche del lavoro, dello stato sociale e della pubblica amministrazione; per ottenere risultati utili sul piano economico e su quello normativo, in particolare su quello della democrazia e dei diritti sindacali.

A questo punto, alla Cgil (che -con Cisl, Uil, padroni e governo- ha sempre disconosciuto i sindacati di base e li ha tenuti fuori dalle trattative, e che adesso ha subìto la stessa sorte, visto che Cisl, Uil e il ministro Brunetta l’hanno tenuta fuori dalla trattativa in corso) chiediamo di dire pubblicamente che lo sciopero dell’11 dicembre si prefigge come obiettivi la lotta contro i decreti Gelmini e Brunetta, contro i tagli al welfare e alla pubblica amministrazione.
Chiediamo alla Cgil di esprimersi contro un modello di relazioni sindacali che ha gravemente limitato il diritto di sciopero, e a favore del legittimo esercizio dei diritti sindacali, non solo per sé, ma, coerentemente, anche per i sindacati di base (diritto di iscrizione sindacale, diritto di assemblea, diritto di contrattazione e di stipulazione di contratti e accordi collettivi, ecc.).

Se a questo la Cgil non è disponibile, se è indisponibile a cambiare rotta rispetto alle sue politiche decennali, se guarda a ricucire i rapporti con Cisl e Uil per farsene trascinare nell’abbraccio col governo, allora lo sciopero del giorno 11 non potrà che essere uno sciopero parziale e con obiettivi monchi, per questo inefficace.

I lavoratori vogliono risalire la china degli arretramenti che hanno subìto, per lasciarsi alle spalle un passato atroce e un presente ancora peggiore, e per avere un futuro di rispetto dei loro diritti, del loro lavoro, della loro condizione materiale, della loro dignità.

Federico Giusti, Cobas Comune di Pisa

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