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Arrivano gli aiuti. Rotto l'infame assedio di Gaza

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(7 Gennaio 2010) Enzo Apicella

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Palestina, un altro muro

(11 Dicembre 2009)

C’è un altro Muro che rischia di soffocare la vita palestinese. Riguarda il milione e mezzo di gazesi già prigionieri nella Striscia prima di diventare bersaglio delle incursioni guerrafondaie operate un anno fa dall’esercito d’Israele con l’operazione “Piombo fuso”. Lo starebbero costruendo gli egiziani e sarebbe una barriera sotterranea lunga una decina di chilometri sul versante sud di Rafah. Un muro d’acciaio profondo dai venti ai trenta metri che avrebbe la funzione di vanificare l’azione dei tunnel sotterrai con cui i gazesi aggirano l’embargo d’ogni merce imposto alle frontiere da Tsahal da oltre due anni. Ne ha scritto ieri il quotidiano Hareetz e gli egiziani hanno ufficiosamente smentito, ma molti testimoni parlano di lavori che da oltre un mese investono proprio quella zona. Ci sono stati scavi e sbancamenti di terra, sotterramento di tubi, lavori che secondo alcune interpretazioni mirano appunto a trovare una soluzione che gli Stati Uniti hanno richiesto al governo Mubarak per accontentare gli alleati israeliani. Questi ultimi sostengono come nei tunnel transitino armamenti per le formazioni militari di Hamas.

Dai tunnel, come hanno testimoniato a lungo servizi d’informazione di importanti media internazionali, può transitare di tutto ma passano prevalentemente quei viveri e medicine, quel materiale edile di piccola taglia per le ricostruzioni che Israele s’ostina da dieci mesi a bloccare alla frontiera egiziana contravvenendo anche a mozioni delle Nazioni Unite per le emergenze umanitarie riguardanti la popolazione della Striscia. Da diverso tempo gli amministratori egiziani si prestano con zelo alla demolizione della rete di tunnel che permette il rifornimento dei palestinesi strangolati di ogni fornitura commerciale. Per quell’ulteriore abuso israeliano che è il blocco delle frontiere la Comunità internazionale non ha sollevato proteste né minacciato sanzioni. In quei luoghi a testimoniare che esiste una voce diversa dai governi dell’omertà giungerà fra due settimane una copiosa delegazione internazionale che darà vita alla Gaza Freedom March, manifestazione di protesta contro il massacro israeliano del dicembre 2008 che provocò 1.450 vittime, per due terzi civili, per la metà bambini e giovani.

La marcia si rivolgerà contro l’embargo tuttora in corso, l’impossibilità di dare inizio alla ricostruzione di scuole ospedali, edifici pubblici e privati distrutti dai bombardamenti al fosforo dell’aviazione d’Israele. Sul versante egiziano di Rafah sono attese oltre un migliaio di persone, forse duemila visto che le adesioni continuano a crescere. La delegazione italiana promossa dal Forum Palestina s’aggira a tutt’oggi sul centinaio di volontari, altrettanto numerosi saranno francesi e belgi. Consistenti gruppi viaggeranno da Stati Uniti (l’associazione Code Pink che ha promosso la marcia), America latina, Giappone e Australia. Da Londra è partita da cinque giorni la terza carovana solidale promossa dal deputato inglese Geoge Galloway con duecento automezzi. A Gaza sono previsti incontri con sindacati e associazioni, visite nei luoghi devastati e non ricostruiti e verranno consegnati agli ospedali Al Awda e Al Quds gli aiuti umanitari raccolti nei mesi scorsi. Alcune personalità internazionali della politica e della cultura hanno sottoscritto la partecipazione ideale alla protesta: i premi Nobel Mandela, Carter e Maguire, la sopravvissuta all’Olocausto Hedi Epstein, Roger Waters musicista dei Pink Floyd, i registi Loach, Stone e Kaurismaki, gli scrittori Naomi Klein, Gore Vidal e Noam Chomsky. Per l’iniziativa si sono mossi anche alcuni politici italiani: De Magistris, Vattimo, Agnoletto, Rizzo.

10 dicembre 2009

Enrico Campofreda

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