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Sotterranei della giustizia

Sotterranei della giustizia

(14 Novembre 2009) Enzo Apicella
Tre medici e tre agenti penitenziari indagati per la morte di Stefano Cucchi

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    (Omicidi di stato)

    1969-2009. In ricordo di Giuseppe Pinelli

    (13 Dicembre 2009)

    Questa volta sono quarant’anni dai 17 morti e gli 84 feriti della strage di Piazza Fontana, quarant’anni dalla bomba nella banca di Milano, strage fascista ma senza colpevoli e quindi senza verità, strage a cui si deve aggiungere anche un’altra vittima, innocente come quelle rimaste uccise a Piazza Fontana, l’anarchico ferroviere Giuseppe Pinelli...

    Pinelli, arrestato subito dopo l’esplosione della bomba alla Banca Nazionale dell'Agricoltura, morì il15 dicembre 1969, dopo tre giorni di interrogatori, cadendo, volando giù dalla finestra del quarto piano della Questura di Milano.
    Da subito le versioni ufficiali parlarono di suicidio, e ricordiamo che Pinelli in fin di vita in ospedale non fu fatto vedere ai familiari ma solo ai poliziotti. Tuttavia i quattro poliziotti e il capitano dei carabinieri Lo Grano, presenti nella stanza dell’interrogatorio al momento della morte del ferroviere, saranno oggetto di un’inchiesta per omicidio colposo. Verrà poi aperto nei loro confronti un procedimento penale per omicidio volontario. Nei confronti del Commissario Calabresi si procederà per omicidio colposo. Nel 1975 gli imputati verranno prosciolti perché “il fatto non sussiste”.
    Pinelli, a differenza delle altre vittime, morì due volte, cento volte: la prima perché accusato, senza prove di un crimine infame, un crimine, come ricorda una ballata scritta per lui, i cui responsabili non andavano cercati tra gli anarchici (come si fece per mesi, depistando le indagini, tenendo in carcere persone che risultarono innocenti), perché “anarchia non vuol dire bombe, ma giustizia, amor, libertà”. E poi morì la seconda volta “cadendo”, e ancora oggi non si sa il come e il perché, da quella finestra.
    Ma Pinelli è morto anche nelle parole del questore Guida, che disse Pinelli si era ucciso perché schiacciato dalle prove. Ma le sole prove che potevano trovare erano le prove della sua innocenza, con la sola colpa di essere un anarchico, un militante, un compagno, uno che da ragazzo, adolescente, aveva fatto la staffetta partigiana, per costruire un’Italia migliore.
    Pinelli è stato ucciso ancora una volta da chi lo vorrebbe nascosto nell’oblio e liquida la sua morte con una targa che recita: “morto tragicamente nei locali della questura”.
    Come per i morti della Banca Nazionale dell’Agricoltura, così anche per Pinelli manca la verità e quindi la giustizia, ed il ricordo diventa difficile, le associazioni di idee diventano pericolose, la logica diabolica portata a scontrarsi con deduzioni illogiche, paradossali.
    E così “quella sera a Milano era caldo”, caldo di bombe e di interrogatori in fumose stanze, “ma che caldo che caldo faceva. Brigadiere apra un po’ la finestra. E ad un tratto Pinelli cascò”.

    Sabato 12 Dicembre 2009

    Alessandra Valentini
    (DirittiDistorti)

    Fonte

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