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(23 Settembre 2010) Enzo Apicella
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    Chi semina vento raccoglie tempesta

    (16 Dicembre 2009)

    Al colpo di souvenir lanciato da un cittadino dell’hinterland milanese e che ha ferito il Presidente del Consiglio Berlusconi, sembra che vogliano dare lo stesso clamore di un vero e proprio attentato. Mentre al popolo dei blog e di facebook viene dato il contentino di sfogarsi sulla rete, il sistema politico bipartizan prende la palla al balzo per utilizzare ai propri fini un episodio rilevante sul piano della cronaca politica ma tutto sommato relativo sul piano degli effetti materiali prodotti. L’obiettivo è quello di sfruttare l’accaduto per riportare tutti alla “calma”, quietare gli “animi surriscaldati”, mettere la museruola alle parole forti e…. riallacciare il dialogo/inciucio bipartizan sulle controriforme istituzionali ed economiche.
    Su quanto accaduto, tutti tacciono però di due fattori politicamente rilevanti avvenuti domenica pomeriggio a Milano durante il comizio di Berlusconi, fattori estranei al lancio del souvenir contro il leader del maggior partito del centro-destra (questo e non un’autorità istituzionale era Berlusconi in quel contesto).
    Il primo fattore è che non c’è stato il bagno di folla che il Cavaliere si aspettava nella “sua” Milano. Le cronache riferiscono di un migliaio di fans del Cavaliere di solito abituato a ben altre presenze di massa nelle sue apparizioni pubbliche.

    Il secondo fattore è che il comizio di Berlusconi è stato contestato apertamente in piazza, segno questo della perdita di ogni soggezione pubblica e politica di un pezzo di società verso il leader politico indicato come eternamente vincente e popolarissimo. L’imprevedibile coda del ferimento di Berlusconi ad opera del sig. Tartaglia - almeno dalle immagini che hanno fatto il giro del mondo – ha aggiunto un volto segnato più dallo sgomento che dal dolore.
    La destra in queste ore spara a palle incantenate contro tutto ciò che ha osato criticare Berlusconi sotto in ogni forma: dalle manifestazioni alle trasmissioni televisive, dai libri ai film, accusandoli praticamente di “concorso esterno in attentato a capo di stato”. Il Partito Democratico si spertica in dichiarazioni di condanna del fatto e maledice il momento in cui il sig. Tartaglia, invece di tornarsene a casa, ha deciso di lanciare un souvenir del duomo di Milano contro Berlusconi. Il direttore del quotidiano La Repubblica quasi si pente di aver condotto una campagna giornalistica critica verso il Primo Ministro. Uniche eccezioni, al momento, Rosy Bindi e Di Pietro che in modi diversi hanno invitato il Cavaliere a non fare la vittima.
    Il punto infatti è anche questo: chi semina vento non può che raccogliere tempesta. Berlusconi ha palesemente costruito il suo blocco sociale di potere proprio sull’ideologia dell’odio di classe, scatenando sistematicamente i suoi ministri o i suoi alleati della Lega prima contro gli immigrati, poi contro gli insegnanti e i lavoratori pubblici, poi ancora contro i sindacati o gli studenti che occupavano le scuole. Paradossalmente fino a quando il target di questo odio erano i settori sociali subalterni, il Cavaliere ha trovato compagni di strada anche nei distinti commentatori liberaldemocratici (dal Corriere della Sera al Sole 24 Ore e alla Stampa). Quando invece si è fatto prendere la mano ed è passato a istigare all’odio anche contro magistrati, autorità istituzionali e giornalisti (fino a voler "strozzare" chi ha scritto libri o film sulla mafia), i liberali si sono fatti più prudenti, riluttanti, quasi ostili, ma mai, mai, mai avrebbero pensato che qualcuno nella società reale (e non nei salotti o nelle camere di compensazione bipartizan) potesse alla fine sentire questo odio come reciproco.
    Se osserviamo la spaventosa sottrazione di ricchezza a vantaggio dei ricchi ed a scapito dei lavoratori avvenuta in questi ultimi diciassette anni, se rammentassimo gli effetti perversi della oligarchizzazione della rappresentanza politica prodotta dal sistema maggioritario re-introdotto nel 1993, se comprendessimo come dentro la società astratta c’è anche una società reale che riesce a distinguere tra le responsabilità di un immigrato e quelle di un ricchissimo leader politico sulla propria difficoltà quotidiana del vivere dignitosamente, allora si potrebbe guardare a quanto avvenuto in un pomeriggio milanese con occhi assai diversi da quelli dell’ipocrisia.

    la redazione di Contropiano

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