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Il tour dei Nobel per la pace

Il tour dei Nobel per la pace

(20 Novembre 2011) Enzo Apicell
Obama, premio Nobel per la Pace, dichiara di “non escludere un attacco militare all'Iran”. Shimon Peres, premio Nobel per la Pace, afferma: “L'attacco all'Iran è sempre più vicino”.

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    Iran, i giorni dell’Ashura

    (30 Dicembre 2009)

    Otto vittime o quindici non cambiano i termini dello scontro in atto in Iran. Non si tratta di cinica real politik ma della disamina d’un conflitto politico in evoluzione giocato su più terreni dove le morti possono diventare centinaia. Il fronte interno, aperto alla componente persiana che rappresenta la metà degli oltre settanta milioni di iraniani, ha l’epicentro nella capitale e s’è trasformato da protesta elettorale a rivolta antigovernativa. Vedremo se diventerà rivoluzione antisistema infiammando una guerra civile. Certo i fatti degli ultimi giorni parlano chiaro. La polizia e i basij difensori del governo del velayat-e faqih sparano e uccidono i manifestanti, in una festa santa come l’Ashura contravvenendo a princìpi coranici e alla tradizione. I manifestanti rispondono all’aggressione con altra violenza, assaltano e incendiano i simboli della repressione. Aggrediscono i pasdaran e fanno scorrere anche il loro sangue con ferite lacero-contuse che potrebbero e potranno diventare colpi mortali inferti per sete di giustizia o vendetta. Le immagini presenti sul web nei siti paragovernativi e ribelli mostrano uomini contro che urlano e s’affrontano senza temere la fisicità. In quella condizione chiunque può morire; se a bastoni e mazze si sostituiranno armi che già circolano la piazza non vedrà più figure di sola protesta sotto il megafono di Mussavi, se mai potrà ancora impugnarlo, oppure il consenso della marea in chador nero. Vedrà guerriglieri.

    In questo la storia può assumere i contorni nuovi del moderno miliziano, kamikaze o meno, però si ripete. Dà fuoco alle polveri o combatte uno contro cento come facevano i Micca e i Di Nanni e crea altri eroi. Da parte sua l’Islam negli ultimi decenni ne ha consacrati milioni. Eroi e martiri. Bisogna comprendere chi è disposto a dare la vita, la sua vita, per la causa e di che genere di causa si tratti. Finora la protesta anti Ahmadinejad è stata condotta dai giovani filo occidentali figli della borghesia urbana, che soffre gli ayatollah e probabilmente non era vicina neppure a Montazeri fino al suo pronunciamento dell’agosto contro lo storico nemico Khamenei. Opposti a costoro già oggi e se servirà per giorni l’establishment rilancia la piazza dei mostazafin, come ha fatto peraltro già in altre occasioni in questi mesi. Ma adesso le piazze non scandiscono solo slogan seppure infiammatissimi, infiammano direttamente ciò che le circonda e chi ne fa parte. Perciò se gli eventi eclatanti continueranno a concentrarsi a Teheran, Tabriz, Isfahan servirà vedere cosa farà il volto meno evoluto e tecnologico dell’Iran, quello che non usa né internet né telefonia mobile e vive in provincia. I figli, tuttora poveri dei basij che costituiscono la forza del partito tradizionalista al potere, potrebbero seguire anziché la tradizione familiare il vento d’innovazione dei coetanei ricchi che comunque soffia da almeno un decennio.

    I giovani, due terzi della società iraniana, sono senz’altro una pedina centrale nell’evoluzione del conflitto. L’altra sono i blocchi sociali e qui finora la linea della tradizione legata alla scelta clericale ha prevalso sia fra di diseredati che fra i mercanti, tutti uniti a sostenere la via degli ayatollah, prima prammatico-affarista con Rafsanjani poi riformista con Khatami quindi tradizionalista coi fondamentalisti che sono dietro Ahmadinejad. Il mondo femminile, altra componente socialmente attiva, hanno visto prevalere non le giovani “mal velate” ma le moderniste progressiste che non reclamano una totale laicità dello Stato. L’Islam, il “giusto faqih” tanto predicato da Montazeri, è stato il collante che le stesse manifestazioni dei dissidenti non hanno mai rinnegato perciò finora non s’è visto fra le soluzioni possibili quella di abbattere il potere dei turbanti. Ipotesi che alletta molto i nemici dell’Iran islamico, siano essi commentatori o politici delle potenze occidentali e gli stessi agenti delle Intelligence presenti nelle città iraniane. Naturalmente uomini dell’attuale governo come Mottaki che minaccia i britannici di ricevere pugni in bocca, seguono un copione fatto di propri slogan e propaganda. Le centinaia di migliaia di manifestanti dei mesi post elettorali e le decine di migliaia che hanno forza e coraggio di scontrasi con l’apparato repressivo non possono essere al soldo di Sis e Cia, ma che nelle strade di Teheran agiscano anche gli agenti che vogliono azzoppare il regime dei turbanti è assai probabile. Ognuno gioca la sua partita. E’ il popolo iraniano che deve capire qual è la causa da seguire, per la quale offrire anche il sangue. Come in una processione dell’Ashura.

    29 dicembre 2009

    Enrico Campofreda

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