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Attacco al referendum

Attacco al referendum

(25 Maggio 2011) Enzo Apicella

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    Discorso di Hugo Chavez al vertice di Copenhagen

    (5 Gennaio 2010)

    Signor Presidente, signori, signore, eccellenze, amiche ed amici, prometto che non desidero parlare più di quanto sia già stato fatto questo pomeriggio, ma permettetemi un commento iniziale che avrei voluto facesse parte del punto precedente discusso dalle delegazioni del Brasile, Cina, India e Bolivia; noi chiedevamo la parola, però non ci è stato possibile prenderla.

    Ha parlato la rappresentante della Bolivia, e a questo proposito porgo il mio saluto al compagno Presidente Evo Morales, qui presente, Presidente della Repubblica di Bolivia.

    Fra le altre cose, la rappresentante ha detto quel che segue, ne ho preso nota: il testo presentato non è democratico, non è inclusivo. Ero appena arrivato e ci stavamo sedendo, quando abbiamo sentito la Presidentessa della sessione precedente, la Ministra, affermare che era in arrivo da queste parti un documento, che però nessuno conosce, io ho chiesto il documento, ancora non l’abbiamo, credo che nessuno sappia nulla di questo documento top secret.

    Certo, la collega boliviana l’ha detto, non è democratico, non è rappresentativo, ma signore e signori:
    Forse che non è precisamente questa la realtà di questo mondo?
    Siamo forse in un mondo democratico? Per caso, il sistema mondiale è inclusivo?
    Possiamo aspettarci qualcosa di democratico, di rappresentativo dal sistema mondiale attuale?

    Quella che stiamo vivendo su questo pianeta è una dittatura imperiale, e da qui continuiamo a denunciarla: “Abbasso la dittatura imperiale! E che su questo pianeta vivano i popoli, la democrazia e l’uguaglianza!”

    E questo che vediamo qui è il riflesso di ciò: esclusione.

    Esiste un gruppo di paesi che si credono superiori a noi del sud, a noi del terzo mondo, a noi sottosviluppati, o come dice il grande amico Eduardo Galeano: noi, i paesi sopraffatti come da un treno che ci ha travolto nella storia.

    Quindi non ci dobbiamo stupire per questo, non ci stupiamo, non c’è democrazia al mondo e qui, una volta ancora, ci troviamo di fronte ad una poderosa evidenza della dittatura imperiale mondiale.

    Poco fa, sono saliti due giovani, per fortuna i tutori dell’ordine sono stati decenti, da qualche parte alcuni spintoni, però loro hanno collaborato, no?! Qui fuori c’è molta gente, sapete? Certamente, non possono entrare in questa sala, sono in troppi; ho letto sulla stampa che ci sono stati alcuni arresti, alcune proteste intense, qui per le strade di Copenhagen, e desidero salutare tutta questa gente che se ne sta fuori, la maggior parte costituita da giovani.

    Sicuramente sono giovani preoccupati, credo a ragione, molto più di noi per il futuro del mondo; noi abbiamo, la maggior parte di noi che siamo qui, già il sole alle nostre spalle, loro hanno il sole in fronte e sono davvero preoccupati.

    Qualcuno potrebbe dire, signor Presidente, che un fantasma si aggira per Copenhagen, parafrasando Carlo Marx, il grande Carlo Marx, un fantasma si aggira per le strade di Copenhagen, e credo che questo fantasma vaghi in silenzio per questa sala, qui vaga, fra di noi, si introduce attraverso i corridoi, esce dal basso, sale, questo fantasma è un fantasma spaventoso, che quasi nessuno vuole nominare: il capitalismo è questo fantasma che nessuno vuole nominare.

    È il capitalismo, qui ruggiscono i popoli, là fuori così si fanno sentire.

    Stavo leggendo alcune proposizioni scritte per le strade, e penso che queste frasi siano di questi giovani, alcune di queste le ho sentite quando sono venuti qui il giovane e la giovane, e ho preso nota di queste. Fra le altre, ci sono due poderose indicazioni.

    La prima: “Non si cambia il clima, si cambia il sistema!”

    Ed io la acquisisco come nostra.

    Non cambiamo il clima, cambiamo il sistema! E di conseguenza cominceremo a salvare il pianeta. Il capitalismo, il modello di sviluppo distruttivo sta mettendo fine alla vita, minaccia di distruggere in via definitiva la specie umana.

    E la seconda (proposizione) invita alla riflessione. Molto a tono con la crisi bancaria che ha percorso il mondo e continua a colpirlo, e con il modo con cui i paesi del nord ricco hanno soccorso i banchieri e i grandi gruppi bancari; degli Stati Uniti, addirittura, si è persa la cifra, tanto è astronomica, per salvare le banche.

    Dicono questo per le strade: “Se il clima fosse una banca, già l’avrebbero salvato!”

    E credo che questa sia una verità. Se il clima fosse una banca capitalista fra le più grandi, i governi ricchi l’avrebbero già salvato i governi ricchi.

    Credo che Obama non sia arrivato, ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace quasi nel medesimo giorno in cui mandava altri 30.000 soldati ad ammazzare innocenti in Afghanistan, ed ora viene a presentarsi qui con il Premio Nobel per la Pace, il Presidente degli Stati Uniti!

    Però, gli Stati Uniti possiedono la macchinetta per produrre banconote, per produrre dollari, e hanno salvato, mah sì, credono di avere salvato le banche e il sistema capitalista.

    Bene, lasciando da parte questo commento, che io desidererei riprendere più in là, stavamo alzando la mano per stare al fianco del Brasile, dell’India, della Bolivia e della Cina nella loro interessante posizione, che il Venezuela e i paesi dell’Alleanza Bolivariana condividono con fermezza; però, non ci è stato concesso di parlare, per cui, Presidente, non mi conteggi questi minuti, la prego.

    Prestate attenzione, di là ho conosciuto, ho avuto il piacere di conoscere questo scrittore francese Hervé Kempf, è qui in giro, di cui raccomando questo libro, lo raccomando, nell’edizione spagnola, ma anche in francese e sicuramente in inglese, “Come i ricchi distruggono il pianeta”. Hervé Kempf: “Come i ricchi distruggono il pianeta”. Per questo avvenne che Cristo disse: “Sarà più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno dei Cieli!” Questo lo ha detto Cristo, nostro Signore.

    I ricchi stanno distruggendo il pianeta.
    Forse pensano di andarsene in un altro quando hanno distrutto questo?
    Preparano dei piani per andarsene in un altro pianeta?
    Fino ad ora non ne vediamo nessuno all’orizzonte della galassia.

    Appena mi è arrivato questo libro, me lo ha regalato Ignacio Ramonet che è anche presente in sala, leggo questa frase seguente di Kempf alla fine dell’introduzione, una frase decisamente importante: “ Non potremo ridurre il consumo materiale a livello globale se non faremo in modo che i potenti scendano di diversi gradini e se non combatteremo le disuguaglianze. È necessario che al principio ecologista tanto utile al momento di assumere consapevolezza, di pensare globalmente ed agire localmente, noi potremo unire il principio che la situazione impone: consumare meno e ripartire meglio.” Credo che questo sia un buon consiglio che noi dobbiamo accettare da questo scrittore francese, Hervé Kempf.

    Bene, signor Presidente, il cambiamento climatico è senza dubbio il problema ambientale più devastante di questo secolo, inondazioni, siccità, pesanti tormente, uragani, disgeli, innalzamento del livello del mare, acidificazione degli oceani e ondate di calore, tutto questo acutizza l’impatto delle crisi globali che ci stanno mettendo alla frusta. L’odierna attività umana supera le soglie della sostenibilità, mettendo in pericolo la vita nel pianeta, ma anche in questo siamo profondamente disuguali.

    Voglio ricordarlo: i 500 milioni di persone più ricche, 500 milioni, vale a dire il sette per cento, il sette per cento, “seven” per cento della popolazione mondiale. Questo sette per cento è responsabile, queste cinquecento milioni di persone più ricche sono responsabili del cinquanta per cento delle emissioni inquinanti, mentre il 50 per cento più povero è responsabile solo del sette per cento delle emissioni inquinanti.

    Su questo viene attirata la mia attenzione, mi sembra un po’ strano mettere qui sullo stesso piano gli Stati Uniti e la Cina. Gli Stati Uniti arrivano forse ai 300 milioni di abitanti. La Cina ha una popolazione quasi 5 volte più grande di quella degli Stati Uniti.

    Gli Stati Uniti consumano più di 20 milioni di barili di petrolio al giorno, la Cina arriva appena ai 5,6 milioni di barili al giorno, non è possibile chiedere le medesime cose agli Stati Uniti e alla Cina. Ce ne sono argomenti da discutere, magari potessimo noi Capi di Stato e di Governo sederci a discutere davvero, davvero di questi argomenti.

    Dunque, signor Presidente, il 60 per cento degli ecosistemi del pianeta risultano danneggiati e il 20 per cento della crosta terrestre è degradata; siamo stati testimoni impassibili della deforestazione, della conversione di terre, della desertificazione e delle alterazioni dei sistemi di acqua dolce, del supersfruttamento delle risorse marine, della contaminazione e della perdita della diversità biologica.

    Lo sfruttamento esacerbato della terra supera del 30 per cento la sua capacità di rigenerarsi.

    Il pianeta sta perdendo ciò che i tecnici chiamano la capacità di autoregolazione, questo sta perdendo il Pianeta, ogni giorno si mettono in circolazione più rifiuti di quanti possano essere smaltiti. La sopravvivenza della nostra specie martella la coscienza dell’umanità.

    Nonostante l’urgenza, sono trascorsi due anni di negoziazioni per concludere un secondo periodo di impegni previsti dal Protocollo di Kyoto, e ci presentiamo a questo appuntamento senza un accordo reale e significativo.

    E per certo, con riferimento al testo che viene dal nulla, come alcuni, il rappresentante cinese, lo hanno qualificato, il Venezuela lo dice, e noi paesi dell’ALBA, dell’Alleanza Bolivariana, lo affermiamo, e già lo abbiamo affermato, che non accettiamo nessun altro testo che non derivi dai gruppi di lavoro del Protocollo di Kyoto e della Convenzione; sono questi i testi legittimi su cui si sta discutendo con tanta intensità in questi anni.

    E in queste ultime ore, credo che voi non abbiate dormito, oltre a non aver pranzato, non avete dormito. Non mi sembra logico che spunti ora un testo dal nulla, come dite voi. L'obiettivo scientificamente sostenuto di ridurre le emissioni di gas inquinanti e conseguire un accordo trasparente di cooperazione a lunga scadenza, oggi in questo momento, sembra si sia sfasciato, almeno per ora.

    Qual è il motivo? Non abbiamo dubbi.

    Il motivo è l'atteggiamento irresponsabile e la mancanza di volontà politica delle nazioni più potenti del pianeta; nessuno si senta offeso, faccio riferimento al grande José Gervasio Antigas, quando affermava: “Con la verità non offendo, ne’ temo”. Però, in verità, si tratta di un atteggiamento irresponsabile di passi in avanti, di retromarce, di esclusione, di maneggi di elite, rispetto ad un problema che è di tutti e che possiamo risolvere solo tutti insieme.

    Il conservatorismo politico e l’egoismo dei grandi consumatori, dei paesi più ricchi denotano una grande insensibilità e la mancanza di solidarietà con i più poveri, con gli affamati, con coloro che sono più soggetti alle malattie, ai disastri naturali, signor Presidente, è indispensabile un nuovo ed unico accordo applicabile a parti assolutamente disuguali, per le dimensioni dei suoi contributi e le capacità economiche, finanziarie e tecnologiche, e che si basi sul rispetto illimitato dei principi contenuti nella Convenzione.

    I paesi sviluppati dovrebbero stabilire dei compromessi vincolanti, chiari e concreti per la diminuzione sostanziale delle loro emissioni e farsi carico di obblighi di assistenza finanziaria e tecnologica nei riguardi dei paesi poveri per far fronte ai pericoli distruttivi del cambiamento climatico. In questo senso, la specificità degli stati insulari e dei paesi meno sviluppati dovrebbe essere pienamente riconosciuta.

    Signor Presidente, le variazioni climatiche non sono l’unico problema che affligge oggi l’umanità, altri flagelli ed ingiustizie ci insidiano, il divario che separa i paesi ricchi da quelli poveri non smette di crescere, malgrado tutti gli obiettivi del millennio, il vertice di Monterrey sul finanziamento, nonostante tutti questi vertici, come ha detto qui il Presidente del Senegal denunciando una grande verità, promesse e promesse cadute nel nulla, ed intanto il mondo continua nella sua marcia distruttiva.

    Il reddito complessivo delle 500 persone più ricche del mondo è superiore alle entrate dei 416 milioni di persone più povere; i 2.800 milioni di persone che vivono nella povertà, con meno di 2 dollari al giorno, e che rappresentano il 40 per cento della popolazione mondiale, ricevono solo il 5 per cento delle entrate mondiali.

    Oggi, muoiono ogni anno 9.2 milioni di bambini prima di raggiungere il quinto anno di vita e il 99.9 per cento di queste morti avvengono nei paesi più poveri. La mortalità infantile è di 47 morti per mille nati vivi, però nei paesi ricchi è di solo 5 per mille. La speranza di vita nel pianeta è di 67 anni, nei paesi ricchi è di 79, mentre in alcune nazioni povere è di solo 40 anni.

    Per giunta, esistono 1.100 milioni di abitanti che non hanno accesso all’acqua potabile, 2.600 milioni privi di servizi sanitari, più di 800 milioni di analfabeti e 1.020 milioni di persone affamate, questo è lo scenario mondiale.

    E ora, la causa, qual è la causa?

    Parliamo della causa, non evitiamo le responsabilità, non evitiamo la profondità di questo problema, la causa senza dubbio, torno al tema di questo disastroso panorama, è il sistema metabolico distruttivo del capitale e del suo modello incarnato: il capitalismo.

    Ho qui una citazione, che voglio leggervi, di quel grande teologo della liberazione che è Leonardo Boff, come sappiamo, brasiliano, un nostro americano.

    Su questo argomento Leonardo Boff afferma quel che segue: “Qual è la causa? Ah, la causa è il sogno di cercare la felicità attraverso l’accumulazione materiale e il progresso senza fine, usando per questo la scienza e la tecnica con cui si possono sfruttare in modo illimitato tutte le risorse della terra”. E fa riferimento a Charles Darwin e alla sua “selezione naturale”, la sopravvivenza dei più forti, però sappiamo che i più forti sopravvivono sulle ceneri dei più deboli.

    Jean-Jacques Rousseau, sempre bisogna ricordarlo, pensava così: “Fra il forte e il debole, la libertà opprime”. Per questo, quando l’impero parla di libertà, si tratta della libertà di opprimere, di assassinare, di annientare, di sfruttare, questa è la sua libertà e Rousseau aggiunge la frase salvifica: “Solo la legge libera!”

    Ci sono alcuni paesi che stanno giocando in maniera tale che qui non si abbia un documento, perché precisamente non vogliono una legge, non desiderano alcuna norma, in quanto l’inesistenza di questa norma consente loro di scommettere sulla libertà di sfruttare, sulla libertà di sopraffare.

    Facciamo uno sforzo, e facciamo pressione qui e nelle strade, perché qui esca un impegno, si produca un documento che vincoli i paesi più potenti della terra.

    Bene, si domanda Leonardo Boff. Avete conosciuto Leonardo Boff? Non so se è presente qui, l’ho conosciuto poco tempo fa in Paraguay, lo abbiamo sempre letto.

    Può una terra finita sopportare un progetto infinito? La tesi del capitalismo, lo sviluppo infinito, è un modello distruttivo, accettiamolo.

    Dopo, Boff ci domanda: “Che possiamo aspettarci da Copenhagen?”; solo questa genuina confessione: così come ci troviamo non possiamo continuare, ed un proposito semplice, cambiamo direzione, facciamolo, ma senza cinismo, senza menzogne, senza doppie agende, senza documenti prodotti dal nulla, con la verità davanti a noi.

    Fino a quando, ci chiediamo dal Venezuela, signor Presidente, signore, signori, fino a quando consentiremo simili ingiustizie e disuguaglianze; fino a quando tollereremo l’attuale ordine economico internazionale e i meccanismi del mercato vigente; fino a quando permetteremo che grandi epidemie come l’HIV AIDS colpiscano intere popolazioni; fino a quando permetteremo che gli affamati non possano alimentarsi, né nutrire i propri figli; fino a quando permetteremo che continuino a morire milioni di bambini per malattie curabili; fino a quando permetteremo conflitti armati che massacrano milioni di esseri umani innocenti, con il fine da parte dei potenti di appropriarsi delle risorse di altri popoli?

    Noi popoli del mondo chiediamo agli imperi, a coloro che pretendono di continuare a dominare il mondo e a sfruttarci, che cessino le aggressioni e le guerre.

    Niente più basi militari imperiali, né colpi di Stato, costruiamo un ordine economico e sociale più giusto e più equo, sradichiamo la povertà, limitiamo subito gli alti livelli di emissioni, arrestiamo il deterioramento ambientale ed evitiamo la grande catastrofe del cambiamento climatico, integriamoci nel nobile obiettivo di essere tutti più liberi e solidali.

    Signor Presidente, da quasi due secoli, un venezuelano, riconosciuto universalmente liberatore di nazioni e precursore di coscienze, ha consegnato alla posterità una massima piena di intenzioni: “Se la natura si oppone, lotteremo contro di lei e faremo in modo che ci obbedisca…”

    Era Simón Bolívar, el Libertador. Dal Venezuela Bolivariano, dove in un giorno come oggi, sicuramente da circa dieci anni, dieci anni esatti, continuiamo a vivere la tragedia climatica più grande della nostra storia: la tragedia “Vargas”, cosiddetta da questo Venezuela, la cui Rivoluzione tenta di conquistare la giustizia per tutto il suo popolo.
    [Nota sulla tragedia “Vargas”:Un gruppo di scrittori latinoamericani capeggiati dal peruviano Mario Vargas Llosa dichiara che il socialismo del XXI secolo attuato dal presidente Hugo Chávez costituisce una “minaccia”, in quanto incammina il Venezuela verso una “dittatura comunista”. Vargas denuncia: “Il Venezuela diventerà la seconda Cuba dell’America Latina; gli spazi per la libertà politica, economica e di parola in Venezuela si stanno restringendo, e la proprietà privata deve essere difesa davanti alla “panzana” della proprietà collettiva. La proprietà sociale è una chimera: siamo di fronte ad un sistema gestito da una burocrazia politica profondamente inefficiente e che prima o poi è destinato a corrompersi”.]

    Il solo cammino possibile è quello del socialismo, il socialismo, l’altro fantasma del quale parlava Carlo Marx, anche questo aleggia da queste parti, il socialismo, questa è la rotta, questa la direzione per la salvezza del pianeta, non ho il ben che minimo dubbio, ed il capitalismo è il cammino dell’inferno e della distruzione del mondo. Il socialismo, è per questo che il Venezuela viene minacciato dall’impero nordamericano.

    Dai paesi che si conformano all’ALBA, la Alleanza Bolivariana, proviene l’esortazione, lo dico con rispetto, però dal profondo della mia anima, a nome di molti su questo pianeta, noi esortiamo i governi ed i popoli della Terra, parafrasando Simón Bolívar, el Libertador: “Se la natura distruttiva del capitalismo si oppone, dunque lotteremo contro essa e faremo in maniera che ci ubbidisca, non aspetteremo a braccia conserte la morte dell’umanità.”

    La storia ci chiama all’unità e alla lotta.

    Se il capitalismo oppone resistenza, noi tutti siamo obbligati a dar battaglia contro il capitalismo ed aprire il cammino alla salvezza della specie umana, tocca a noi alzare le bandiere di Cristo, di Maometto, dell’uguaglianza, dell’amore, della giustizia, dell’umanesimo, del vero e più profondo umanesimo. Se non lo facciamo, la più bella creazione dell’universo, l’essere umano, sparirà, sparirà.

    Questo pianeta è vissuto migliaia di milioni di anni, e questo pianeta è vissuto per migliaia di milioni di anni senza di noi, la specie umana: non ha bisogno di noi per esistere. Bene, noi senza la Terra non viviamo, e stiamo distruggendo la Pachamama (La Terra Madre), come dice Evo e come dicono i nostri fratelli aborigeni del Sudamerica.

    Infine, signor Presidente, e per concludere, ascoltiamo Fidel Castro quando dice: “Una specie è in pericolo di estinzione, l’essere umano.”

    Ascoltiamo Rosa Luxemburg, quando afferma: “Socialismo o barbarie”.

    Ascoltiamo Cristo il redentore quando dice: “Benvenuti i poveri perché loro sarà il regno dei cieli.” Signor Presidente, signore e signori, dobbiamo essere capaci di non fare di questa Terra la tomba dell’umanità, ma facciamo di questa Terra un cielo, un cielo di vita, di pace, di pace e fratellanza, per tutta la umanità, per la specie umana.

    Signor Presidente, signore e signori, mille grazie e buon appetito.

    Copenhagen, 16 dicembre 2009.

    (Traduzione dal francese di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova da www.granma.cu)

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