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Pisa. A proposito del carcere Don Bosco

(6 Febbraio 2010)

In relazione alle condizioni della struttura del penitenziario don Bosco, vorremmo mestamente mettere a fuoco alcuni aspetti . Non è certo un mistero per la popolazione pisana, ed in particolare modo per la popolazione detenuta, la cattiva condizione della struttura del don Bosco, passandoci davanti (senza voltarsi istintivamente dal lato opposto) non può che balzare agli occhi tanto grigio squallore, tanto da sembrare assurdo che in esso siano costrette a vivere tante persone: circa il doppio di quelle che la legge consentirebbe. La sospetta presenza di amianto nelle mura non è certo l'aspetto più grave, la scorsa estate a causa di un ritardo del ministero nel pagamento delle bollette l'azienda concessionaria ebbe modo di lasciare al secco i detenuti, immaginate dover fare i propri bisogni nel sacchino della immondizia...la sala colloqui non recepisce le normative di legge non consentendo quell'attimo di rilassatezza tra il detenuto ed i propri cari, le celle sono prive di doccia ed acqua calda e via dicendo: è la situazione insomma della maggioranza delle carceri italiane, e la responsabilità principale come sempre è politica, va ricercata al vertice e non certo incolpando questo o quel funzionario pubblico.

Vorremmo però, con altrettanta chiarezza, prendere le distanze dal "sindacato" di polizia penitenziaria dal quale si sono levate denunce verso la Direzione del don Bosco. Il CIISA è infatti un sindacato decisamente orientato a destra . Non possiamo dimenticare come, lo scorso anno, fu proprio questo sindacato a inscenare una campagna stampa scandalistica riguardo un momento di affettività tra un detenuto ospite del Polo di studi ed una professoressa. Apriti cielo, per un episodio così insignificante il CIISA volle intervenire sulla stampa e scomodò addirittura il ministro Alfano, incolpando dell'avvenuto la direzione dell'Istituto colpevole, secondo il CIISA, di un presunto eccessivo lassismo verso i detenuti. Nelle richieste del CIISA si pretendeva tra l'altro l'introduzione e l'uso da parte degli agenti penitenziari di strumenti di offesa contro i detenuti, quali "manganelli elettrici" e cose simili ed infine l'introduzione della "condanna immediata per il reato di oltraggio", che applicata in carcere diverrebbe facilmente galera prolungata ad oltranza per i detenuti in antipatia a questo o quell'agente.

Già, un mondo sconosciuto ai più quello della galera, venuto alla ribalta dopo la morte terribile di Stefano Cucchi e di altri caduti nelle mani di uno Stato che non ha tutelato in alcun modo le loro vite, tra i quali non possiamo dimenticare il caso di Marcello Lonzi morto alle Sughere di Livorno sette anni or sono. Proprio in questi giorni l'associazione Antigone e numerose personalità di vario orientamento hanno lanciato un appello per APRIRE LE PORTE DELLE CARCERI ITALIANE AI GIORNALISTI, sarebbe davvero il caso dato che ormai le poche forze politiche che si occupavano delle condizioni dei detenuti sono fuori del parlamento ed entrare in carcere e verificare tante cose risulta sempre più complesso.

Non dimentichiamoci del popolo detenuto e delle paurose condizioni nelle quali è costretto a vivere da uno Stato che una volta di più mostra di non saper applicare neppure le sue leggi e la sua legalità, applicando troppo spesso un supplizio illecito verso chi si trova ristretto in carcere.

Coordinamento Antifascista Antirazzista pisano
Gruppo di discussione sul carcere

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