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(15 Novembre 2010) Enzo Apicella
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1 marzo 2010: sciopero dei migranti, un’occasione da non perdere

Un appello da Napoli

(15 Febbraio 2010)

1 marzo 2010: sciopero dei migranti, un’occasione da non perdere .

Le leggi in materia di immigrazione, dalla Turco-Napolitano, alla Bossi-Fini, fino al Pacchetto sicurezza ed all’introduzione del reato di clandestinità, fanno parte di una più generale ristrutturazione del mercato del lavoro, avviata tra l’altro dai governi di centro sinistra con il Pacchetto Treu, approfondita dalla legge 30 e dalla riforma del ccnl del centro destra.

La flessibilità è il comun denominatore di un medesimo progetto che ha il principale obbiettivo di abbassare il costo del lavoro di tutta la forza-lavoro e di affermare il primato dell’impresa sugli individui.

Gli immigrati soprattutto se “irregolari”, sono una “risorsa” per molti imprenditori, in particolare delle piccole e medie imprese, che potendo usare la loro maggiore ricattabilità e subordinazione impongono loro uno sfruttamento e trattamenti salariali altrimenti intollerabili.

Condizione questa che si aggrava ancor di più nel caso delle donne “irregolari”.

La rivolta di Rosarno, ha squarciato quindi il velo che le imprese, non solo meridionali, con la complicità dei governi cercano di stendere rispetto all’equazione clandestinità=lavoro nero=schiavitù. Si tratta infatti di moderne forme di schiavitù, sia nelle retribuzione che nei ritmi di lavoro, ma anche nelle più generali condizioni di vita.

Con l’aggravarsi della crisi e l’accesso a forza lavoro ricattabile peggiorano anche quelle dei lavoratori italiani.

Imprese, banche e governi cercano di scaricare i costi della crisi economica da loro provocata su tutti i lavoratori. Licenziamenti, cassa integrazione, abbassamento dei salari, disoccupazione, difficoltà a permettersi una casa, taglio alle spese sociali, dalla scuola alla sanità, sono diventati una dura realtà anche per milioni di lavoratori italiani.

Per i migranti tali effetti sono ancora più disastrosi, poiché per il tipo di lavoro che svolgono e per la condizione di non cittadini in cui si trovano, non usufruiscono nemmeno di quei miserabili ammortizzatori sociali previsti per la maggioranza dei lavoratori italiani; inoltre la perdita del lavoro significa spesso ripiombare nella condizione di clandestinità perché la infame legge Bossi-Fini lega il possesso del permesso di soggiorno al mantenimento di un’occupazione.

In questo contesto le politiche razziste e populiste, dei governi di centro destra, con il concreto sostegno di esponenti ed amministratori di centro sinistra, mirano a contrapporre i lavoratori immigrati ai lavoratori italiani (precari e non, a nero, inoccupati), favorendo un pericoloso clima di odio sociale. L’immagine dell’immigrato-ruba-lavoro-terrorista-violentatore-criminale, da respingere/rinchiudere, viene utilizzata con l’unico scopo di indicare un capro espiatorio sul quale scaricare le tensioni prodotte dalle precarietà dell’esistenza. In tal modo si rendono più ricattabili e succubi gli immigrati che sono costretti ad accettare condizioni ancora peggiori alimentando un circolo vizioso che si ritorce sugli stessi lavoratori italiani.

In realtà padroni e loro rappresentanti politici non vogliono e non possono espellere l’enorme massa di migranti di cui hanno estremo bisogno e vorrebbero rimandare a casa solo quelli che eccedono le loro esigenze di sfruttamento. Ecco perché è una deriva autolesionista aderire alle campagne xenofobe e razziste anche da parte di proletari italiani.

Siamo, allora, di fronte ad un bivio: farsi trascinare da questa perversa spirale oppure respingerla al mittente riconoscendo nei migranti dei propri fratelli di classe, per quanto al momento trattati in maniera molto peggiore di noi, con i quali abbiamo in comune gli stessi nemici, gli stessi interessi di fondo, con la prospettiva di difenderci insieme o precipitare nel baratro di uno scontro tra sfruttati e di un comune ulteriore peggioramento.

Infatti, difendere i diritti di migranti, quelli di cittadinanza come quelli lavorativi, non è solo un atto di umanità di fronte alle criminali politiche messe in atto nei loro confronti, ma è l’unica arma che abbiamo per contrastare in maniera efficace la politica di chi li vuole utilizzare come massa di ricatto e di pressione nei nostri confronti.

Le lotte dei migranti in alcune aziende del nord e ancor di più i ribelli di Rosarno, ci parlano, (ed è questo l’aspetto più importante) di dignità e determinazione, voglia di protagonismo, di rivendicazione di diritti elementari: lavoro/reddito, casa, salute, istruzione, gettando ponti verso quel mondo del lavoro, in tutte le sue sfaccettature che è drammaticamente aggrappato a qualche straccio di garanzia che viene continuamente erosa dalle politiche antisociali di questo governo.

Si tratta di raccogliere questo importante segnale nella prospettiva di sperimentare e organizzare lotte che mirino a conquistare migliori condizioni di lavoro e di vita per tutti, al di là del colore della pelle, della religione, della cittadinanza, cominciando dal sostegno alle rivendicazioni specifiche degli stessi migranti che li rendano meno ricattabili.

La giornata di lotta del 1° marzo proclamata anche in Italia, in coincidenza con lo sciopero dichiarato dai migranti in Francia, rappresenta quindi un’occasione importante per rompere questa artificiale e velenosa dicotomia tra lavoratori migranti e non. Essa assume un carattere transnazionale e segna la ripresa delle mobilitazioni contro la “Fortezza Europa”.

Durante quella giornata è quanto mai necessario promuovere scioperi e/o fermate nei posti di lavoro, blocchi e mobilitazioni nei territori per rafforzare le rivendicazioni dei migranti e per esprimere la nostra ripulsa contro il clima e la politica razzista portata avanti dal governo e dalle istituzioni.

Questo vuol dire la scesa in campo ed un impegno preciso di tutto il sindacato.

I sindacati confederali, infatti, nonostante abbiano, soprattutto al nord, centinaia di migliaia di iscritti immigrati, non fanno quasi nulla di concreto per la tutela dei loro diritti dentro e fuori i posti di lavoro, anzi spesso li utilizzano come alibi per portare avanti una politica di ulteriore subalternità alle pretese padronali di ottenere nuovi peggioramenti generalizzati.

Anche di fronte all’iniziativa del 1 marzo hanno in buona sostanza tergiversato accampando, quando pure si sono espressi, inconsistenti motivazioni. E’ ora di prendere una chiara posizione ed assumere iniziative concrete e vere di sostegno alle lotte e ai diritti dei migranti a partire proprio dal 1 marzo.

Promuoviamo delle mozioni nel corso dei congressi in corso e nelle assemblee sui luogo di lavoro per i contratti e le vertenze in atto, affinché la questione dei diritti dei migranti ed il sostegno alle loro rivendicazioni venga messo al centro della mobilitazione per respingere gli attacchi padronali.

Ma soprattutto facciamo del primo marzo una base di partenza per avviare ovunque dei comitati unitari composti da migranti ed italiani in cui paritariamente si discuta come promuovere la comune lotta contro il razzismo e per una più efficace difesa della condizioni di vita e di lavoro.

Chiunque voglia aderire può mandare una email a o a reteanticapitalistacampana@gmail.com, indicando luogo di lavoro, categoria e sigla sindacale d'appartenenza.


Firmatari:
Salvatore Musella r.s.u. Comdata care
Vincenzo Sarnataro r.s.a. Cobas Astir
Salvatore Mazziotti r.s.a. Arpac Multiservizi
Carla La Daga esecutivo prov. Cobas
Luca Tavano r.s.a. Cobas S.i.s. s.p.a
Tullio Coppola r.s.u. Cobas scuola
La RSU/FIOM-OFFICINA REGIONE CAMPANIA-LABRIL S.R.L.
Roberto Taddeo iscritto Federazione Chimici CGIL
Antonio Pellilli (r.s.u. FP-CGIL COMUNE DI POZZUOLI)
Salvatore Guitto (r.s.u. FP-CGIL COMUNE DI POZZUOLI)

Fonte

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Commenti (2)

1° marzo - Per l'unità della classe operaia al di sopra di tutte le divisioni.

Il proletariato è una classe di migranti, una unica classe mondiale di sfruttati, senza patria, la cui sola vera e comune necessità è la lotta per difendere le sue condizioni di vita e di lavoro, non avendo oggi nulla da perdere, e domani un mondo intero da guadagnare.

In ogni paese la borghesia nasconde ai lavoratori questa verità chiudendo la visione dei loro problemi entro l’angusto orizzonte nazionale. I media di massa, con una cinica e ben organizzata campagna razzista, fomentano la diffidenza e l’odio fra proletari indigeni e immigrati. In questa infamia le democrazie si stanno dimostrando anche più sofisticate ed efficienti dei regimi borghesi apertamente razzisti e dittatoriali del presente e del passato.

La propaganda borghese del razzismo approfitta della concorrenza fra lavoratori immigrati e indigeni creata dalla borghesia contro la classe operaia, per dividerla, indebolirla, e meglio sfruttarla. In quanto tale il razzismo non si differenzia dagli altri mezzi di divisione che il padronato utilizza, come l’impiego di lavoratori precari, la cessione di rami d’azienda in appalto a ditte esterne, la frattura fra vecchi operai "garantiti" e giovani privi di qualsiasi protezione e previdenza, la concorrenza fra lavoratori di diverse aziende o stabilimenti ottenuta grazie al progressivo smantellamento della contrattazione nazionale.

Il razzismo perciò non è un istinto malato da cui la società borghese possa guarire, ma un frutto inevitabile delle sue condizioni d’esistenza ed un’arma nella guerra di classe fra proletariato e capitale. Esso scomparirà quando cesserà la lotta di classe, con l’estinzione delle classi stesse, possibile solo attraverso l’emancipazione del proletariato dal lavoro salariato, nel comunismo.

Per questa ragione combattere il razzismo con l’anti-razzismo, sul piano astratto delle opinioni e di valori morali, non solo è impotente, ma è dannoso. Il comunismo non sarà una impossibile mediazione inter-culturale, ma il superamento e sintesi delle antiche culture storiche dell'uomo in una forma superiore che le verrà tutte a negare.

La lotta oggi da ingaggiare è invece quella classista proletaria, che ha per obiettivo la sua unione. Suo scopo è impedire l’impiego di lavoratori a condizioni peggiori, siano esse un salario più basso, una maggior libertà di licenziamento o il vile ricatto dell’espulsione in caso di licenziamento! La vera lotta della classe operaia va a coincidere con la difesa della sua parte più debole: con ciò i lavoratori relativamente meno sfruttati tutelano innanzitutto se stessi dalla concorrenza al ribasso dei loro fratelli di classe più ricattabili.

Questi semplici e sani principi dell’azione e della lotta di classe sono stati calpestati a scala internazionale da tutto il sindacalismo di regime, che ha agito ovunque secondo il metodo diametralmente opposto: hanno attuato con Stato e padroni una tattica che ha visto prima l'attacco alle condizioni di precari, immigrati, giovani, dipendenti di piccole aziende, e subito dopo quello ad una ultima ristretta cerchia d’operai "garantiti", ottenendo così la sconfitta dell’insieme della classe operaia.

In ogni paese i sindacati ufficiali (in Italia Cgil-Cisl-Uil-Ugl, in Francia Ugt e Cfdt, in Inghilterra le Trade Unions) sono organizzazioni irreversibilmente passate dalla parte dei padroni e chi vi continua a militare con l’obiettivo di risanarle (come la sinistra CGIL) in trent’anni ha ottenuto il solo risultato di facilitarne l’azione anti-operaia con l’illusione del pluralismo interno e di ritardare e boicottare l’opera di ricostruzione di un vero Sindacato di Classe.

Ma chi oggi, prendendo a pretesto il tradimento di Cgil-Cisl-Uil, proclama di voler lottare contro il razzismo fuori dal campo della lotta sindacale, organizzando manifestazioni d’opinione interclassiste o proponendo scioperi di soli lavoratori immigrati, impossibili a realizzare e falliti in partenza, contribuisce solo ad nuovo e peggiore disorientamento e confusione.

La strada obbligata è quella della ricostruzione dell’organizzazione sindacale di classe, strutturata territorialmente come nella tradizione delle Camere del Lavoro, al di fuori delle aziende e unendo le categorie, per poter inquadrare anche i lavoratori delle piccole imprese, che si muova secondo i principi della lotta di classe. Un movimento che, per esempio, non prenda le distanze ma faccia proprie le rivolte come quella dei braccianti di Rosarno e la loro sacrosanta reazione alle fucilate padronali, e che si ponga seriamente l'obiettivo di un movimento di lotta sempre più vasto e che culmini nello sciopero generale per imporre i veri obiettivi immediati della classe operaia:

- riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario!
- salario garantito ai lavoratori disoccupati!
- aumenti salariali, maggiori per le categorie peggio pagate!
- diritti di cittadinanza ai lavoratori immigrati!

Partito Comunista Internazionale

http://www.international-communist-party.org/ItalianPublications.htm

(18 Febbraio 2010)

Partito Comunista Internazionale

icparty@international-communist-party.org

Sciopero degli immigrati

Al seguente link potete vedere il servizio realizzato da UniromaTV dal titolo "Sciopero degli immigrati"

http://www.uniroma.tv/?id_video=15115

(5 Marzo 2010)

Uniroma.tv

info@uniroma.tv

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