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L’Occupazione italiana dei Balcani, Crimini di guerra e mito della "brava gente" (1940-1943)

di Davide Conti (Roma, Odradek, 2008)

(15 Febbraio 2010)

Alla fine della seconda guerra mondiale il giudizio sui militari del Regio Esercito era diviso tra un'opinione pubblica internazionale che li considerava criminali di guerra e un'opinione pubblica interna incline a considerarli vittime della guerra fascista e “buoni italiani”.

Quali furono le cause che determinarono una percezione tanto difforme della realtà degli eventi legati alle guerre di aggressione dell'Italia fascista?

Dalla documentazione ricavata, in gran parte inedita, dall'Archivio Centrale dello Stato e da quello del Ministero degli Affari Esteri è emersa come la condotta delle truppe del Regio Esercito durante l'occupazione in Jugoslavia, Grecia ed Albania, negli anni 1940-’43 sia stata caratterizzata dalla snazionalizzazione, dalle repressioni contro i civili, dagli internamenti, dalle esecuzioni sommarie: crimini di guerra, appunto.
Ciononostante essa rappresenta da sempre un tema sul quale l'opinione pubblica italiana si è misurata con difficoltà, se non con aperta reticenza.
All'elaborazione critica del passato fascista è stato sostituito un generale processo di rimozione e autoassoluzione coniugato sul falso mito del “buon italiano”.

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