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Un fil di fumo

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(Dove và la CGIL?)

La Bolognina della CGIL

(18 Febbraio 2010)

Sindacato protagonista ma non antagonista. E' uno slogan del Congresso della CGIL. E anche il titolo di un Convegno dello SPI-CGIL che si terrà a Palermo nei prossimi giorni e si propone anche di unire le generazioni. Ma che vuol dire? Per sua natura il sindacato deve essere antagonista, deve cioè essere portatore di istanze e di richieste che è difficile vengano accolte senza il conflitto, senza la dialettica dello scontro e del negoziato. Se il Sindacato non è antagonista priva i suoi rappresentati della loro arma fondamentale: la lotta che si sviluppa attraverso gli scioperi, le manifestazioni, i sitin. In questo modo il sindacato diventa protagonista e fa diventare protagonista la sua gente. Può esistere un protagonismo senza antagonismo? Credo proprio di no a meno che non si pensi ad una fase della concertazione che superi gli accordi del 93 e stabilisca una sorta di automatismo per cui, date certi accordi interconfederali, non resta che una funzione ragioneristica di registrazione di eventuali variazioni.

Questa posizione che fa dei sindacati dei meri collaboratori del padronato e del governo sterilizza la loro funzione sociale di trasformazione e di riadattamento dei rapporti di classe e ne fa una sorta di osservatorio passivo dei fenomeni sociali. Insomma, un servente di una dinamica che viene stabilita senza il loro concorso.

Siamo nel campo del cosidetto "moderatismo" che di fatto ha regolato le relazioni sindacali negli ultimi venti anni. Questo "moderatismo" ha impoverito i lavoratori e le loro famiglie legandoli a una dinamica retributiva stabilita a tavolino ed assai inferiore di quella reale. Il fenomeno ha avuto anche riflessi nella normazione dei diritti. Anche questi sono stati sottoposti ad una limatura costante che non è ancora finita. Con la legge sull'arbitrato, caldeggiata bipartisan in Parlamento, i lavoratori diventeranno cittadini con meno diritti dal momento che non potranno rivolgersi al giudice, come chiunque può fare, per risolvere una vertenza, nè il giudice potrà intervenire per sanare eventuali ingiustizie per un divieto esplicito scritto nel disegno di legge.

Quando la più grande organizzazione sindacale italiana si pone il problema della natura stessa della propria funzione sociale c'è qualcosa che deve fare pensare profondamente. Siamo alla vigilia di una sorta di Bolognina della CGIL? Alla formalizzazione di una abiura del sindacato di classe che, in una visione di confederalità e cioè tenendo conto degli interessi generali del Paese, senza uccidere la vacca come diceva Di Vittorio, si proponeva l'avanzamento della classe lavoratrice, dei suoi diritti e con esso anche la prosperità e la civiltà del Paese. Questa è stata la CGIL fino a quando la lunghissima pratica unitaria con Cisl ed UIL, confederazioni per loro naturale tendenza governative e collaborazioniste, non ha indebolito fino a farlo diventare quasi evanescente l'ethos che l'aveva sempre impregnata ed aveva dato vita ad un mito talmente forte da durare ancora. I lavoratori vedono ancora il Sindacato attraverso il grande mito della sua storia e non si rendono conto che si è profondamente trasformato e che è oggi è diventato uno strumento attuativo di politiche decise in grande parte dal padronato e dal governo e da esso subite. Politiche generali che hanno effetti micidiali sulla condizione umana e civile dei lavoratori come le privatizzazioni che stanno divorando dall'interno la scuola la sanità e le pensioni, i tre pilastri fondamentali dello Stato Sociale del welfare di cui l'Italia era orgogliosamente europea. Bisognerebbe aggiungere a tutto questo la privatizzazione dello Stato come abbiamo visto per le vicende delle Forze Armate e Protezione Civile che non hanno suscitato alcun interesse nelle segreterie delle confederazioni. Come si possono unire le generazioni se il Sindacato ha subito la spaventosa legge trenta che mette un muro tra i giovani e i diritti ? Circa quattro milioni di persone sono regolate dalle innumerevoli forme di prestazione inventate apposta per eludere i loro diritti e schiavizzarli, come i contratti a progetto o le collaborazioni a partita iva e pagate in modo miserabile, molto al disotto dei minimi contrattuali. Questa passività, assieme ad altre nefandezze pretese dal governo Prodi, è stata sottoposta ad un referendum che avrebbe dato risultati bulgari a favore. Cosa del tutto inverosimile e che è la spia di un gravissimo deterioramento democratico.

La CGIL si avvia verso un Congresso in cui " i fondamentali" della condizione dei lavoratori non vengono messi in discussione. Non si mette in discussione il precariato della legge Biagi, nè si avanza la proposta di un Salario Minimo Garantito che potrebbe unificare italiani e stranieri nella difesa di un minimo di remunerazione per la sopravvivenza. Non si solleva il problema di un generale miglioramento dei salari auspicato da economisti anche "moderati" come mezzo per ritonificare un sistema con consumi sempre più depressi. Non si dice alt all'attacco allo Statuto dei Lavoratori ma si attendono iniziative padronali o governative per lavorare di lima, per "ridurre il danno". Non si mette in discussione la natura dei rapporti con Cisl ed UIL, ma anzi si ha la tendenza a chiudere in un ghetto i metalmeccanici che sono bastian contrari e sono invisi al Potere.

Le due mozioni della CGIL dicono cose quasi simili e nonostante ciò la mozione due lamenta gravi attacchi ai suoi diritti. Lamenta una insofferenza enorme della maggioranza guidata da Epifani e la limitazione degli spazi di dibattito. Il PD tira la volata e, dietro le quinte, esercita una azione di condizionamento servendosi della sua influenza sui funzionari a tempo pieno.

Sull'esito del Congresso sono assai pessimista. La rinunzia ad intervenire nei processi politici generali del sistema economico sarà ribadita ed il sindacato diventerà non protagonista e neppure collaborazionista ma qualcosa di ancora meno. Fino a quando qualcuno stabilirà che i contratti collettivi debbono essere sostituiti dai contratti individuali come predicano i pannelliani da anni e l'americanizzazione avrà colonizzato tutto il mondo del lavoro. Non sarà certo una conquista abbandonare il modello europeo di sindacato per abbracciare quello americano che è una sorta di scimmia sulle spalle dei lavoratori.

Pietro Ancona

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