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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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Torino. Una città in catene

(24 Febbraio 2010)

Per non farci mancare niente in questo inizio di 2010, la Questura e la Procura della Repubblica di Torino hanno messo insieme un po’ di episodi di lotta contro la barbarie moderna che è il razzismo di stato incarnato dai CIE nonché contro quel partito razzista che è la Lega; hanno messo questo guazzabuglio in un solo contenitore; ci hanno appiccicato l’etichetta “associazione a delinquere”; hanno arrestato sei persone (tre in carcere e tre agli arresti domiciliari); perquisito ed indagato altre 23 persone; perquisito la sede di Radio Black Out interrompendo le trasmissioni.

È evidente che le leggi e le politiche razziste di questo paese debbano essere presidiate e difese perché sono tra i capo saldi del sistema in cui ci tocca vivere. Mettere a nudo la violenza istituzionale, l’orrore di una sperimentazione sociale fatta sulla pelle degli immigrati - detenzione “amministrativa” nei CIE, processi lampo, soprusi, pestaggi, umiliazioni espulsioni - il doppio regime giuridico (“noi” e “loro”), che magari un giorno sarà esteso ad altri pezzi di società; tutto questo è intollerabile e chi pubblicamente ed a viso aperto si è sempre battuto contro questa ignominia va incarcerato, intimidito, punito.

Le accuse sono risibili, bisognerebbe davvero ridere se non ci fosse da piangere per il miserevole spettacolo offerto da questi servi dello stato che devono giustificare la propria esistenza sulla pelle degli altri, sempre forti con i deboli e deboli con i forti.

Protagonista della vicenda è il noto sostituto procuratore della repubblica Andrea Padalino (guardatene una fotografia: cosa avrebbe detto Lombroso di quest’uomo?), pubblico ministero fautore della schedatura di tutti (dicasi tutti) gli immigrati con prelievo delle impronte digitali.

Criticato apertamente da alcuni degli indagati per questa idea scopertamente razzista, Padalino ha da anni dichiarato la sua guerra personale contro alcuni antirazzisti torinesi. In questo caso, la privatizzazione della giustizia non ha nulla da invidiare agli eccessi da basso impero del presidente “viagra” Berlusconi: entrambi strapazzano il diritto a loro uso e consumo, la “cultura” è la stessa.

I fatti contestati non hanno rilevanza penale, sono vecchi di mesi se non di anni o non avrebbero certo portato alla custodia cautelare. Ancora una volta lo strumento repressivo principe è quello del reato associativo. Non potendo invocare la banda armata o l’associazione sovversiva, come fecero negli anni ’70, e poi ancora, con esiti sempre negativi in anni più recenti, gli inquisitori locali hanno dovuto ripiegare sulla più banale “associazione a delinquere”. Banale sì, ma in grado di permettere la custodia cautelare. E per tenere in piedi l’accusa, si dissotterra la defunta assemblea antirazzista, il punto di riferimento, tra maggio 2008 e maggio 2009, di un’area ampia e trasversale, che ha dato vita a numerose iniziative in città. La usano oggi per cucire addosso ad un po’ di anarchici un reato associativo capace di portarli in galera.

Lo scopo è speculare a quello di tutta la normativa contro i migranti ed in particolare del reato di immigrazione clandestina voluto dalla Lega e approvato dall’attuale maggioranza di governo (con notevoli simpatie nella cosiddetta opposizione). Qui l’unico scopo è espellere o comunque detenere (fino a sei mesi): non importa nulla di tutto il resto, il reato è stato costruito non per essere punito come tale, ma per raggiungere un altro scopo, cioè espellere e privare della libertà, sempre e comunque. Contro questo abominio giuridico si sono scagliati gli strali anche della procura della repubblica di Torino, che ha eccepito l’illegittimità costituzionale del reato di immigrazione clandestina; quella procura guidata oggi da quel dott. Caselli nemico di tutti i terrorismi (di sinistra) e delle mafie, che scrive autobiografie sull’essere “un magistrato contro”, che guida i giudici nell’uscire dall’aula quando prende la parola il rappresentante del governo all’inaugurazione di questo anno giudiziario; quel dott.

Caselli la cui voce sentiamo stancamente ripetere la velina di questura sugli arresti del 23 febbraio 2010 dal sito de La Stampa. Che pena.

E che compagnia. Qui a Torino hanno mandato a dirigere la baracca della polizia politica (l’OVRA fascista, per intendersi, oggi si chiama DIGOS) e ad allestire dossier contro gli anarchici, uno di quelli che stavano fuori dalla scuola Diaz a Genova nel luglio del 2001 mentre i muri si macchiavano di sangue: uno che non si sporca le mani in prima persona, ma che la “macelleria messicana” (così fu descritto l’interno della scuola nell’immediatezza dei fatti da poliziotti testimoni ai processi) la gusta e la apprezza.

Infatti, non sarà una settimana, lo Spartaco Mortola di cui parliamo ha ordinato la carica in Val Susa contro NO TAV inermi, facendoli inseguire nei boschi, circondare in tre-quattro contro uno e massacrare a manganellate e calci. Il risultato è in rete, si possono vedere le foto: il lavoro di macellai, vigliacchi, per di più. E il nostro, evidentemente affetto da problemi psicanalitici di odio nei confronti del nome che porta, a farsi scrivere da mesi articoli elogiativi dall’improbabile giornalista de La Stampa Massimo Numa diretto oggi dal non dissociato politicamente dal padre (gli affetti sono un’altra cosa) torchiatore di Pinelli, Calabresi.

Tutto ciò accade mentre i No Tav resistono a testa alta alla lobby politico-affaristica del cemento tanto amata anche da Chiamparino e dalla Bresso, pronti a solidarizzare con bestie in divisa che massacrano gente a terra con scarponi e manganelli, bestie che devono essere sguinzagliate a centinaia ogni volta che i signori del Tav devono mettere in vetrina “qualcosa” (una trivella che “morde e fugge” a gambe levate) per intercettare il fiume di denaro della Unione europea che è il loro vero unico obiettivo.

Tutto ciò accade mentre in città per tutto l’autunno si sono susseguiti gli sgomberi di squat e spazi liberati e mentre una delle poche voci libere in città, radio Black Out, è sfrattata e si tenta così di soffocarla.

La Fiat mette in cassa integrazione straordinaria 30.000 lavoratori, ma a maggio arriverà il papa per l’ostensione della sindone e chi sarà a stringergli la mano per la regione Piemonte, la ex comunista Bresso o il leghista Cota? Davvero una bella sfida… Tirando le somme, cosa significa questo intervento in campagna elettorale della procura della repubblica di Torino? Semplice: la solita battaglia “a chi c’è lo ha più duro” tra prefetto e governo PdL da un lato e la triade Chiamparino-Saitta-Bresso dall’altro, con lo “special guest” Caselli che non abbandona nella mischia per accaparrarsi i soldi del TAV i vecchi “compagni” di partito. Tutto il resto è contorno, compresa l’ostensione della sindone della prossima primavera.

Se il prefetto se ne fotte di tutto e punta sulla militarizzazione delle strade e della Val di Susa, la procura risponde inquisendo anarchici ed antagonisti (proprio oggi inizia il processo per gli scontri del G8 delle università).

L’obiettivo è uno solo: cercare di dividere l’unica opposizione popolare esistente sul territorio (il movimento NO TAV) in buoni e cattivi. Si criminalizza un pezzo di movimento per intimidirne un altro.

Se un tempo fossero partite 30.000 lettere di cassa integrazione, le strade di Torino si sarebbero riempite di rabbia. Oggi, il silenzio. O, meglio, il rumore di fondo fastidioso ed incessante della “società dello spettacolo”. Evidentemente, Chiamparino, Bresso, Caselli, insomma il vecchio PCI sopravvissuto ad un’infinita serie di “trasvalutazioni di tutti i valori”, hanno lavorato bene, hanno addomesticato, inibito e snervato ogni voglia di mutamento radicale dell’esistente (rivoluzione) che albergava da queste parti. E non solo.

A parte gli anarchici. Ed infatti oggi ci stanno provando. Ma davvero degli anarchici in duecento anni i comunisti autoritari non hanno capito molto: se non che li odiano. Ricambiati.

A tutti gli indagati ed arrestati va la nostra solidarietà. Ancora una volta non sarà la repressione a farci cambiare idea. Anzi.

Liberi, liberi tutti.

Federazione Anarchica – FAI Torino

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