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Il governo olandese salta sull'Afghanistan.

I senatori italiani votano il rifinanziamento, ma Gino Strada accusa: i parlamentari italiani sono dei 'delinquenti politici'

(26 Febbraio 2010)

I parlamentari italiani sono 'delinquenti politici' perché si apprestano a rinnovare una missione militare all'Estero contraria alla Costituzione: questo ha detto in sostanza Gino Strada ai microfoni di CNRmedia, alla vigilia del voto di domani al Senato che riconfermerà la missione italiana in Afghanistan.

"Vivo questo voto con l'animo disgustato da questa classe politica, che definisco di delinquenti politici. Perché quando una classe politica, la stragrande maggioranza del parlamento, vota contro la Costituzione del proprio Paese, delinque di fatto contro la propria Costituzione, quindi il termine è appropriato". "Oltre questo c'è lo sdegno per chi non vuol vedere la strage di civili che sta avvenendo in questi giorni, proprio in queste ore, dove si stanno compiendo crimini di guerra inauditi", ha aggiunto Strada. "Non solo si massacrano civili ma si impedisce che i feriti vengano evacuati negli ospedali. Di questo, ovviamente, abbiamo numerose testimonianze, da parte dei pochi che sono riusciti a superare i cordoni che le forze di occupazione hanno disposto intorno ai luoghi dei bombardamenti. Chiediamo, ancora una volta, con forza, che si apra un corridoio umanitario per la popolazione di Marjah", ha detto Strada.

"Sull'Afghanistan continuano a dire agli italiani bugie clamorose, palle gigantesche - ha concluso Strada - l'unica cosa da fare è smettere di sostenere questa classe politica. Io, personalmente, mi rifiuto di andare a votare. Lo farò quando ci saranno politici degni di questo nome". "I nostri politici non sanno niente dei talebani - ha attaccato Strada - non sanno di cosa parlano, non saprebbero nemmeno indicare l'Afghanistan su una cartina muta", ha detto Strada. "Purtroppo, questa è la gente che prende decisioni costano la vita a tanti afgani. E che costa una quantità di soldi impressionanti agli italiani".

"Al Ministro chiedo – aggiunge Strada - cosa sono i nostri, aerei da turismo? Cosa fanno, portano in giro i turisti a vedere i bombardamenti? Cosa ci fanno gli aerei militari in zone dove si sta bombardano? Sono affermazioni ridicole. Piuttosto possiamo indicare alcuni dei pericolosi terroristi feriti dalle operazioni militari nella zona di Marjah. Feriti, perché i morti non li vediamo. Un ragazzo di 10 anni di nome Fasel, una bambina di 12 di nome Rojah che stava prendendo acqua al pozzo e si è presa una pallottola in un fianco, Said, di 7 anni, con una pallottola nel torace, un bambino di 9 anni di nome Akter che stava guardando dalla finestra quando gli hanno sparato in testa: questi sono i talebani", ha concluso Strada.

Le durissime dichiarazioni del leader di Emergency giungono a poche ore dall'ammissione da parte della Nato della responsabilità nella strage compiuta ieri in Afghanistan. I comandi militari 'alleati' e il generale McChrystal si presentano davanti alle telecamere con il volto contrito, presentando le proprie scuse per quello che definiscono un 'tragico errore'. E tutto finisce qui. Ma di errori come quello che ieri ha ammazzato 27 persone nel dipartimento di Daykundi la Nato nel paese occupato ne ha compiuti di innumerevoli, tanto che i raid aerei delle forze militari occidentali sono ''la principale causa di vittime civili attribuite alle forze pro-governative (afgane e internazionali)'', ha scritto l'Onu nel suo ultimo rapporto del 2009.

Solo considerando gli ultimi quattro anni, sono state centinaia le vittime civili dei bombardamenti aerei in Afghanistan. Ecco alcune delle stragi più efferate: 22 maggio 2006 - Una Ong afgana parla di 37 civili morti durante un raid aereo nella provincia di Kandahar. Per le autorità afgane il bilancio e' di 80 talebani e 16 civili uccisi. - 24 ottobre 2006, l'Isaf ammette la morte di una dozzina di civili fra le 70 vittime degli attacchi aerei nella provincia di Kandahar, ma gli abitanti parlano di 60 civili morti. 27-29 aprile del 2007: le autorità locali e l'Onu contano più di 50 morti civili nella provincia di Herat mentre la cosiddetta coalizione parla di 136 talebani uccisi. 29 giugno 2007: nella provincia di Helmand muoiono, secondo le autorità locali, 65 civili in raid aerei. 6 agosto 2008: bombe su un banchetto nuziale nella provincia di Nangarhar, per le autorità afgane le vittime civili sono 47, in maggioranza donne e bambini. 22 agosto 2008: colpita la zona di Farah, per le autorità afgane e l'Onu le vittime civili sarebbero 90, fra cui una cinquantina di bambini. 3 novembre sempre del 2008: bombe Usa su una festa di matrimonio nella provincia di Kandahar: muoiono 37 civili. 4-5 maggio del 2009: decine di civili muoiono nella provincia di Farah sotto i bombardamenti statunitensi, 97 i civili uccisi secondo una commissione d'inchiesta indipendente, 140 per il governo afgano, e solo ''dai 20 ai 30'' per gli americani. 4 settembre 2009: un raid aereo della Nato a Kunduz, ordinato dal colonnello tedesco Georg Klein, costa la vita a 142 persone, tra 30 o 40 civili che cercavano di approvvigionarsi di benzina distribuita dai talebani ai bordi di una strada.

Intanto uno scontro tra i partiti sulla scelta di mantenere o ritirare i soldati dall'Afghanistan ha causato nei giorni scorsi la caduta del governo olandese. La regina Beatrice di Olanda dovrà decidere presto sulle dimissioni del premier olandese, il cristiano-liberale Jan Peter Balkenende, con la probabile convocazione di elezioni anticipate per maggio o giugno. Ma intanto lo stesso Balkenende ha ammesso che la missione militare in Afghanistan potrebbe finire ad agosto, come preventivato, dopo l'opposizione degli alleati laburisti a mantenere una presenza finalizzata "all'addestramento delle truppe afgane" fino al 2011. Balkenende voleva estendere l'impegno delle truppe olandesi in Afghanistan nell'ambito della missione Nato oltre il termine previsto per agosto, ma il Partito laburista del vicepremier Wouter Bos si è opposto causando così lo scioglimento dell'esecutivo. Una mossa coraggiosa quella dei laburisti che i sondaggi di opinione ritengono in sintonia col sentimento popolare nel paese: nel primo sondaggio realizzato sabato dopo la caduta del governo, infatti, i laburisti guadagnano quattro seggi e arrivano a 19, mentre i liberal-cristiani di Balkenende ne perdono uno scendendo a 26. Gli osservatori indicano per ora che un governo di minoranza formato dai soli cristiano-democratici e dalla piccola formazione cristiana Cu, dopo l'uscita dei laburisti Pvda, potrebbe continuare a gestire gli affari correnti fino all'indizione di elezioni politiche per maggio. Il ritiro dell'Olanda dall'Afghanistan non è solo simbolico, visto che il piccolo paese mantiene attualmente ben 1880 militari nel paese occupato, 1250 dei quali di stanza nella provincia di Uruzgan, proprio quella dove è avvenuta la strage di ieri e dove gli eserciti invasori sono in particolare difficoltà per la resistenza dei talebani all'offensiva della NATO. Un altro sondaggio, realizzato su un campione di 12 mila telespettatori dal programma SenVandaag, evidenzia che il 62% della popolazione giudica la caduta del governo un fatto positivo, con il 37% degli intervistati che dà la colpa della crisi ai liberal-cristiani.

Tornando all'Italia, i deputati e i senatori di forze politiche ben più radicali (almeno a parole) dei socialdemocratici olandesi, quando PdCI, Verdi, Rifondazione e Sinistra DS ne ebbero la possibilità, subordinarono il loro voto contro la missione militare in Afghanistan alla stabilità del governo Prodi, permettendo così alla maggioranza di centrosinistra di continuare la propria complicità con le strategie della Nato in Asia. Ed ora nel nostro paese impazza la polemica dopo la strage di ieri e dopo le assurde dichiarazioni del Ministro La Russa in vista del voto al Senato sull'ennesimo e costosissimo rifinanziamento della missione a Kabul. Maggioranza ed opposizione, senza distinzioni, sembrano compatte e martedì al Senato non ci dovrebbero essere sorprese nel voto per il rifinanziamento, già approvato in sordina alla Camera nelle scorse settimane. Ma sembrano crescere i dubbi sulla costituzionalità del 'nostro' intervento militare e sui costi che lievitano di anno in anno.

Per i primi sei mesi del 2010 vengono infatti stanziati 308 milioni di euro (pari ad oltre 51 milioni al mese contro i 45 spesi nel 2009), con una spesa destinata a lievitare nel secondo semestre visto che non copre il previsto invio di 700-1.000 nuovi soldati italiani sul fronte afgano. Diversi parlamentari e addirittura alcuni ambienti militari puntano il dito su quella che ritengono una violazione dell'articolo 11 della nostra Costituzione, di fronte a quella che considerano una missione di natura bellica, in particolare dopo il lancio dell'Operazione Mushtarak, l'offensiva condotta contro la resistenza talebana nella zona di Helmand. Un'interrogazione in questo senso è stata presentata nei giorni scorsi da Maurizio Turco, deputato radicale eletto nelle file del Pd, il quale ha spiegato a Peacereporter di averla presentata ''in seguito alle dichiarazioni del ministro La Russa sulla partecipazione dei comandi italiani all'operazione Mushtarak e sullo scopo di questa offensiva condotta dalle forze Isaf. Non abbiamo avuto risposta''. Reazioni critiche anche da parte di alcuni militari, come l'ex maresciallo dell'Aeronautica militare Luca Comellini, oggi segretario del Partito per la tutela dei diritti dei militari (Pdm).

''Nelle sue dichiarazioni pubbliche sulla missione militare italiana in Afghanistan - ha detto Comellini a Peacereporter - il ministro della Difesa, pur non usando mai la parola 'guerra', fa regolarmente ricorso a una terminologia prettamente bellica: 'battaglie', 'combattimenti', 'nemici eliminati', occupazione del territorio''. Secondo Comellini, é evidente che ''questa non è più una missione di pace'' e nelle forze armate il malcontento si farebbe via via più diffuso. Anche per il generale in pensione Fabio Mini, interpellato dall'agenzia Misna, "non dovremmo essere in Afghanistan'', perché ''formalmente, sulla carta, lo scopo della missione Isaf autorizzata dalle Nazioni Unite rimane il sostegno al governo afgano. Ma di fatto la natura della missione é mutata nel tempo, diventando un'operazione di controinsurrezione, nella quale noi italiani siamo pienamente coinvolti''. Peacereporter ripercorre la progressione annuale del costo di questa guerra per le casse del nostro paese: 70 milioni di euro nel 2002, 68 milioni nel 2003, 109 milioni nel 2004, 204 milioni nel 2005, 279 milioni nel 2006, 336 milioni nel 2007, 349 milioni nel 2008, 540 milioni nel 2009, per mantenere operativi 3.300 soldati, 750 mezzi terrestri (tra carri armati, blindati, camion e ruspe) e 30 velivoli (4 caccia-bombardieri, 8 elicotteri da attacco, 4 da sostegno al combattimento, 10 da trasporto truppe e 4 droni).

Anche alla luce di questi costi e del carattere sempre più violento dell'offensiva della Nato in Afghanistan il direttore di Peacereporter Maso Notarianni ha indirizzato oggi una lettera aperta ai senatori italiani. ''E' dal profondo del cuore che vi scrivo queste righe. Vorrei - dice Notarianni - che le leggeste mettendo per un momento da parte i formalismi della legge che vi apprestate a votare, del decreto che vi apprestate a convertire, e aprendo il vostro cuore a quell'umanità che una carica istituzionale importante come la vostra deve sempre rappresentare. Sappiamo tutti che la missione militare italiana in Afghanistan è sempre meno chiara: sempre più confondibili sono infatti Enduring Freedom e la missione Isaf. Lo stesso nostro ministro della Difesa ha testualmente dichiarato che 'gli insorti si sottraggono al confronto e cercano di assorbire l'azione militare del contingente Isaf, che non incontra grandi resistenze se non sporadiche' e che 'non c'e' alcun italiano tra i soldati impegnati sul territorio, naturalmente qualcuno c'e' nella linea di comando a Kabul'. Chiarendo definitivamente che il contingente Isaf sta effettivamente svolgendo operazioni di guerra volte ad occupare un territorio straniero e che militari italiani sono comunque coinvolti in un'operazione che nulla a che vedere con stabilizzazione o ricostruzione''. PeaceReporter ha chiesto ai senatori di ''leggere le storie pubblicate dal giornale. Sono storie di guerra, sono le storie di Fazel, di Gulalay, di Ali', di Kuhudainazar, di Aktel, di Roja, di Said, le cui vite abbiamo contribuito a segnare per sempre. Conosco bene l'Afghanistan e conosco bene questo conflitto e vi dico: i finanziamenti che vi apprestate a votare serviranno ad armare i nostri soldati. E i nostri soldati è con questi 'nemici' che dovranno combattere''.

Marco Santopadre
(Radio Città Aperta)

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