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(La tolleranza zero)

Torino. Rompere le gabbie. Giornata antirazzista

(26 Febbraio 2010)

Sabato 27 febbraio dalle 10,30 al Balon – via Andreis angolo via Borgodora In solidarietà con Joy e le altre ribelli del CIE Punto info Interventi e testimonianze DJ set KND hip hop.

Joy, Hellen, Priscilla, Debby, Florence sono cinque ragazze nigeriane finite in un CIE, una prigione per migranti, una prigione per senza carte.

Una delle galere che lo Stato italiano riserva a quelli che non servono più. Il diritto legale di vivere nel nostro paese è riservato solo a chi ha un contratto di lavoro, a chi accetta di lavorare come qui nessuno più era obbligato a fare. Grazie alle lotte di chi aveva riscattato, almeno un po’, il lavoro dalla schiavitù. Oggi i migranti, con permesso o in nero, sono i nuovi schiavi di quest’Europa fatta di confini e filo spinato.

Lo scorso agosto, quando è entrata in vigore la legge che estendeva da due a sei mesi la reclusione nei CIE, ovunque nelle gabbie degli immigrati è divampata la protesta, con scioperi della fame, episodi di autolesionismo, materassi bruciati, tentativi di fuga.

Per lunghe notti, dalle prigioni dei senza carte si sono levate grida.
Grida nel silenzio. Solo pochi antirazzisti erano lì a dare sostegno a chi, con la forza della disperazione, lottava per uno scampolo di vita, per un pezzo di futuro.

In agosto nel CIE di via Corelli a Milano la protesta è diventata rivolta.
Alla fine 18 uomini e 5 donne sono stati arrestati e portati in carcere.

Alla prima udienza al processo a loro carico – all’apparire in aula dell’ispettore di polizia Vittorio Addesso – hanno gridato forte. La loro rabbia andava oltre il timore delle conseguenze. Addesso aveva fatto violenza a Joy, convinto che una ragazza in prigione, africana e prostituta non si sarebbe mai ribellata. Invece la dignità è più forte della violenza dello Stato, più forte del giogo patriarcale.

Alla fine i ribelli del CIE sono stati condannati a sei mesi di reclusione.
Uno di loro dalla prigione non è mai uscito: l’ha fatta finita uccidendosi. Sapeva che per quelli come lui le prigioni non finiscono mai.
Qualche giorno fa avrebbero dovuto essere scarcerate le cinque ragazze: fuori ad attenderle c’erano gli antirazzisti che ne avevano sostenuto per lunghi mesi la lotta.

Purtroppo gli sgherri di Maroni sono arrivati prima. Hanno agito in piena notte. La polizia le ha prelevate dalle carceri dove erano rinchiuse e le ha portate in vari CIE.
Due di loro sono adesso nel centro di corso Brunelleschi a Torino.

I muri che rinchiudono le vite dei migranti, sono intrisi del dolore dei tanti uomini e delle tante donne che vi assaggiano ogni giorno processi lampo, soprusi, pestaggi, umiliazioni. Stupri.

In questi giorni la magistratura torinese ha arrestato sei antirazzisti e ne ha messi sotto accusa numerosi altri, accusandoli di aver contrastato le politiche razziste del governo e dei padroni. Li hanno chiamati delinquenti.

Se un giorno qualcuno ci domanderà dov’eri mentre deportavano le persone, dov’eri mentre davano la caccia agli schiavi nelle campagne, dov’eri mentre un immigrato veniva lasciato morire senza cure in un centro, dov’eri mentre un uomo in divisa stuprava una ragazza nel CIE?

Vorremmo poter rispondere: “Eravamo lì, in prima fila, a resistere alla barbarie. Perché i delinquenti, quelli veri, siedono sui banchi del governo e nei consigli di amministrazione delle aziende.

FAI Torino

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