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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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La truffa elettorale

(7 Marzo 2010)

Dovremmo essere grati a Silvio Berlusconi - in questa come in tante altre occasioni - per aver strappato il velo di mistificazioni e di bugie che da sempre avvolgono i meccanismi (e la millantata superiorità) della democrazia (borghese) e di aver esposto alla pubblica vergogna, in tutta la sua nudità, la “sostanza”, al di là delle “forme” e delle apparenze, di una legge elettorale costruita ad uso e consumo di chi già il potere ce l’ha e se lo tiene ben stretto.

Il nano di Arcore ha portato nella stagnante politica italiana tutto il peso e la determinazione di un padrone che conta e che sa che – così come nella sua azienda – nell’Azienda della sua classe di appartenenza, nell’Azienda di TUTTI i padroni, nello stato creato storicamente per gestire gli interessi del capitale, comandano LORO.

Le leggi sono fatte per gli ALTRI, per tenere lontani dalle Istituzioni (democratiche?) chi non ha il potere economico e ha pure la presunzione di accedere al potere politico, magari solo nel ruolo di utile comparsa.

Per LORO, per la classe dominante e per i partiti che ne difendono e rappresentano gli interessi, le leggi si interpretano, si cambiano, si stravolgono … anche in corso d’opera … anche con effetto retroattivo.

Ci sarebbero voluti anni e anni di propaganda “sovversiva” comunista per sputtanare in maniera così netta la sacralità di un rito sul quale si basa la legittimità stessa del potere, in apparenza basato sulla certezza della legge, sul rispetto di regole predefinite e sulla totale uguaglianza dei liberi elettori.

E non basta l’imprimatur dell’ Uomo del colle, tenuto sveglio sino a tarda notte per una firma che – per chi ancora non lo avesse capito – segna, più che la sua pavidità notarile, la complice accettazione di una truffa nella truffa e il suo arruolamento (in ritardo su Bondi già compagno di corrente ai tempi del “migliorismo”) al carro berlusconiano, non basta il suo “bollino” per rendere “legale” quello che legale non è.

E questo all’indomani di un voto parlamentare che, di fatto, cancella l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, cosa che non turba di certo i sonni dell’ex comunista (?) napoletano - già estimatore di Craxi – che, finalmente rasserenato per la soluzione positiva del “pasticcio” in cui si era cacciato il partito di maggioranza, può tornare a rivestire i panni del “garante della costituzione e della legalità repubblicana”.

E’ vero che la democrazia formale borghese va salvaguardata poiché rimane pur sempre “il miglior terreno per lo sviluppo della lotta di classe”, ma è altresì vero che il nostro orizzonte non è quello della miope difesa di una legalità pur sempre al servizio dei padroni ma è l’orizzonte della distruzione della macchina statale attraverso la quale si concretizza la dittatura del capitale.

“Decidere una volta ogni tre o sei anni quale membro della classe dominante dovesse mal rappresentare il popolo” (Marx) è questa la sostanza della democrazia borghese.

E quindi non ci stracceremo le vesti per l’ennesimo “vulnus” alla costituzione, ne grideremo allo scandalo se le classi dirigenti stracciano le regole che loro stesse si sono date.

Se Berlusconi, Napolitano e consoci sono così (strategicamente) stupidi da sacrificare la fiducia (e il consenso) nel LORO sistema “democratico” per salvaguardare gli interessi particolari di alcune bande di “incompetenti” affaristi laziali e lombardi é affar loro. Se non si rendono conto che, a furia di considerare inutili orpelli le leggi dello stato, delegittimano prima di tutti se stessi e se non capiscono che l’attuale “sovversivismo delle classi dirigenti” rende più facilmente comprensibile a livello di massa la necessità del sovversivismo delle classi dominate, non saremo noi a lagnarcene.

La democrazia borghese muore con buona pace di quanti (a sinistra!?), inguaribilmente ammalati di elettoralismo, continuano a raccogliere … firme e a sognare rappresentanze istituzionali che renderanno possibile … un mondo diverso.

Gli sfruttati lottano, forse anche in maniera disordinata, forse solo per difendersi da chi mette in discussione perfino il loro diritto alla vita. Lottando si uniscono, si organizzano, imparano a riconoscere i loro nemici. La democrazia, quella vera, rinasce ogni giorno nella pratica della lotta di classe.

6 marzo 2010

Mario Gangarossa

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