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La pietà delle banche

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(15 Febbraio 2012) Enzo Apicella

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Negazione dei diritti e coercizioni

(5 Marzo 2010)

Non credevo proprio che la giornata di ieri, aperta dalla dichiarazione del Sen.Treu di denunzia dell'attacco all'art.18 dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori, si sarebbe chiusa con l'approvazione della legge voluta da Sacconi e dalla destra che controlla il Parlamento. Lo stesso Senato che ieri ha saluto con un applauso commosso il senatore Di Girolamo eletto fraudolentemente dalla 'ndrangheta all'estero ha congedato una legge che segna il passaggio dai diritti e dalle tutele al proibizionismo. Ai lavoratori viene proibito di adire al Giudice in caso di licenziamento senza giusta causa e dovranno accettare il verdetto inappellabile di un arbitro. Noto con sconcerto che la parola "obbligatorio" ricorre sempre più frequentemente nella legislazione voluta da questa generazione di giuslavoristi che da D'Antona a Biagi agli attuali Ichino e altri nel corso di quasi due decenni hanno disarticolato il sistema giuridico italiano, lo hanno americanizzato nei suoi aspetti peggiori e ributtanti. Il modello americano figlio della sconfitta del sindacato ottenuta con l'uccisione dei suoi dirigenti dai killers della Pinkerton (la famosa agenzia ora diventata la Blackwater che flagella l'Iraq e l'Afghanistan e che fornisce gli squadroni della morte alle multinazionali Usa) viene importato in Italia. Campagne di falsificazione e di manipolazione della opinione pubblica si sono svolte per l'affermazione della deregulation. Insigni personaggi come Monti hanno contrapposto i diritti dei genitori alla condizione precaria dei figli (da loro creata) in nome della "modernità" e della "flessibilità". Autorevoli esponenti dell'ex PCI come D'Alema hanno avvertito i ragazzi di non aspettarsi il posto fisso e di confrontarsi con il mercato. Ieri il Ministro del Lavoro si è spinto fino a dichiarare che i lavoratori non sono "minus habent". Sono alla pari con l'azienda!! Un'affermazione che vorrebbe ribaltare la radice del diritto del lavoro basata appunto sulla constatazione della disparità tra imprenditore e lavoratore e quindi sulla tutela della parte debole. Mettere sullo stesso piano lavoratore e datore di lavoro significa chiudere la storia del movimento sindacale e tornare ai rapporti esistenti prima della sua nascita. Torniamo indietro di due secoli.

Anche se "Repubblica" parla di "rivolta "dei sindacati e dell'opposizione alla legge approvata ieri dal Senato si ha l'impressione che la legge sia già stata metabolizzata e di fatto subita o accettata. Non c'è nessuna rivolta! L'opposizione in Parlamento anche se ha votato contro è stata sostanzialmente consenziente. Non ha votato a favore perchè non era necessario ma nel corso di questi due anni ha partecipato a tutto il lavorio di incubazione, limatura, elaborazione della normativa. Una normativa studiata da chi conosce a fondo il diritto e trova l'escamotage leguleio per "aggirare" alle spalle quanto vuole predare . L'articolo 18 dello Statuto resterà ma sarà una maceria inerte, pronta a rovinare ed unirsi alle tante altre macerie dei diritti perduti o ceduti in questi anni.

I sindacati non hanno reagito. Hanno reso interviste di malavoglia fatte sopratutto su iniziativa dei giornali. Epifani, dopo aver descritto tutti i mali della riforma, si è spinto fino a preannunziare ricorso alla Corte Costituzionale ( "se ce ne saranno le condizioni"). Da qui all'eventuale pronunziamento della Corte potrebbero passare anche tre anni o quattro anni ed intanto la nuova normativa si farà le ossa e diventerà parte della realtà dei rapporti sociali. La CGIl avrebbe potuto annunziare una riunione della sua segreteria, proclamare una qualche mobilitazione nei posti di lavoro. Niente! si è limitata a constatare quanto è amara e piena di fiele la medicina fabbricata in Senato. Cisl ed Uil hanno rivendicato la loro esclusiva nella materia forse temendo prese di posizione della sinistra politica. L'Italia vanta Sindacati con oltre diecimilioni di iscritti. Una potenza! Ebbene, con il concorso attivo o soltanto passivo di questa potenza siamo diventati un paese in crisi per i bassi, bassissimi salari, un paese di precari e di lavoratori senza diritti. Abbiamo lavoratori sempre più poveri ed infelici !

La legge approvata non si è limitata a liquidare l'art.18. Ha ridotto la scuola dell'obbligo di un anno che potrà essere speso per apprendistato. Naturalmente questo riguarderà soltanto le famiglie povere.

Ha reintrodotto il discusso istituto della staff leasing una infame possibilità di affittare interi gruppi di lavoratori anche a tempo indeterminato, una arma in più nel vantaglio delle possibilità offerta alle imprese. Il lavoro umano viene totalmente disarticolato in un numero infinito di opzioni padronali!

Anche su questa questione, il silenzio dei Sindacati di Regime è assordante. Per chi non avesse capito da oggi in poi la politica sociale è fatta soltanto dalla Confindustria. Il sindacato deve soltanto concorrere alla sua esecuzione magari estendendo la pratica degli enti bilaterali fino a farla diventare sostitutiva del welfare. Deve tacere ed ubbidire. Prepararsi alle prossime cessioni. Perchè non privatizzare l'INPS e l'INAIL? Perchè non passare ai contratti individuali?

Oggi i giornali parlano quasi esclusivamente del tormentone delle liste elettorali di Roma e Milano. Le anime belle bipartisan si dedicano alla patata ecologica. Nessuno sembra notare che la moviola ci rimanda all'indietro, agli anni cinquanta. Domani dell'art.18 non ne parlerà più nessuno.

Pietro Ancona

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