">

IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
La pagina originale è all'indirizzo: http://www.pane-rose.it/index.php?c3:o17097

 

Caos liste Pdl alle regionali: 5 risposte per 5 domande

(10 Marzo 2010)

Perché a Roma e provincia la lista PdL non è stata ammessa alle elezioni regionali?
Perché, nonostante il decreto legge cosiddetto "salva liste", emanato dal Governo Berlusconi, il Tar ha respinto il ricorso della lista PdL?
Per queste ed altre domande, il tentativo di risposta da parte del sito "Riforme Istituzionali".

1) Perché a Roma e provincia la lista PdL non è stata ammessa alle elezioni regionali?

Per un motivo molto semplice: la lista non è stata presentata. Alle ore 12.00 dell'ultimo giorno utile, infatti, i rappresentanti della lista stavano non si sa bene dove anziché in attesa pronti per consegnare la documentazione necessaria.

2) Come mai il Tar del Lazio ha respinto il ricorso senza tenere conto del Decreto Legge interpretativo e senza sollevare questioni di illegittimità costituzionale?

Il TAR del Lazio ha ritenuto di poter esaminare il ricorso della lista PdL senza addentrarsi, per il momento, nelle questioni di incostituzionalità.
Ai fini del pronunziamento, infatti, è stato sufficiente applicare il primo comma dell'art. 122 della Costituzione: Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi.

Dato che la Regione Lazio si è già avvalsa di questa competenza costituzionalmente riconosciuta, le elezioni regionali del Lazio non possono essere disciplinate dalla legge interpretata dal Governo, bensì dalla legge regionale numero 2 del 2005; "a seguito", quindi, "dell'esercizio della potestà legislativa regionale, le disposizioni adottate dal legislatore statale, anche se di carattere interpretativo, non possono trovare applicazione con riferimento alla materia disciplinata dalla legge regionale, con la conseguenza che la normativa recata dal D.L. n. 29 del 2010 non è applicabile nel presente giudizio".
Altresì, il Tar si è spinto oltre: "anche qualora, in via ipotetica, si volesse fare applicazione del citato art.1, comma 1, del DL.n. 29 del 2010 - dagli atti risulta che il plico, che asseritamente conteneva la prescritta documentazione ai sensi della citata norma, alle ore 17 veniva prelevato da un delegato di parte ricorrente, che poi si allontanava, e solo alle ore 19.30 la documentazione relativa alla presentazione della lista veniva consegnata da parte ricorrente agli uffici del predetto Reparto dei Carabinieri, che provvedeva ad acquisirla per il solo "mantenimento";
... non vi è, pertanto, alcuna certezza, né alcun principio di prova riguardo alle circostanze che il delegato di parte ricorrente, che risulta aver fatto ingresso al Tribunale alle ore 11.35 della mattina, fosse "munito della prescritta documentazione" (così come stabilito dal citato art.1, comma 1) e che il plico, rinvenuto nei pressi dell’Ufficio dopo le ore 12.30, contenesse la documentazione poi consegnata al predetto Ufficio dei Carabinieri alle ore 19.30".

3) Sulla base della decisione del Tar si può quindi dire che il Decreto Legge, per quanto non applicabile nelle regioni che si sono già dotate di una propria legge regionale per disciplinare le elezioni, non sia così manifestamente incostituzionale. Come mai, allora, tanto accanimento?

Attraverso la formula "interpretazione autentica della legge", il Governo (come anche il Presidente della Repubblica), ha ritenuto superati i rilievi che vietano l'uso del Decreto Legge in materia elettorale. Trattandosi, cioè, di un'attività che non innova, ma che spiega soltanto le intenzioni del legislatore, non s'incorrerebbe nel divieto.
In tal senso, come è facile intuire, il confine tra interpretazione e innovazione è oggettivamente flebile, con tutti i legittimi dubbi che ne potrebbero conseguire.
C'è poi da tenere conto che l'attività interpretativa compete all'Organo che ha emanato l'atto: in questo caso il Parlamento.
Attraverso lo strumento del decreto legge, però, il Governo può provvisoriamente sostituirsi all'Organo legislativo per questioni straordinariamente necessarie ed urgenti.
In linea di principio, quindi, anche al Governo potrebbe essere consentito intervenire per fornire un'interpretazione autentica che dovrebbe, in ogni caso, essere poi confermata dall'Organo pienamente competente, il Parlamento, entro 60 giorni.
Tutto ciò sembrerebbe peraltro confermato dalla sentenza 341/2003 della Corte Costituzionale che ha dichiarato non fondati i rilievi di costituzionalità nei confronti di un Decreto Legge che aveva per oggetto l'interpretazione autentica di una legge nel settore dell'autotrasporto.
Altresì, proprio da quella sentenza, il Presidente della Consulta, Zagrebelsky, trasse la seguente massima:
"Il sindacato sulla sussistenza dei presupposti di necessità e di urgenza, nel caso di un decreto legge convertito, deve limitarsi alla "evidente mancanza", che non può essere sanata dalla legge di conversione, configurando un vizio in procedendo della stessa. Il ricorso alla decretazione d'urgenza è giustificato, nel caso di un decreto-legge di interpretazione autentica, in quanto dai lavori parlamentari risulta che il punto controverso ha formato oggetto di un ampio dibattito ed emerge che la funzione della norma è di evitare l'ulteriore proliferare di un contenzioso già imponente avente conseguenze nelle relazioni sindacali nel settore dell'autotrasporto".

Nel caso, quindi, del Decreto Legge "salva liste", è quanto mai dubbio che possa sussistere anche una sola delle condizioni indicate dalla Corte:
- l'interpretazione delle norme per la presentazione delle liste non è mai stata controversa: c'era solo da ottemperare a degli obblighi ben precisi, allo stesso modo di un deposito di un ricorso o di una domanda per un concorso pubblico;
- altresì, prima di quanto avvenuto alla Lista PdL, non c'è mai stata proliferazione di contenziosi importanti da imputare alla difficile interpretazione delle norme che regolano la materia.

4) Le legge regionale del Lazio 2/2005 recepisce, per quanto non espressamente previsto, la legislazione statale. Per quale motivo, allora, il Tar non ha tenuto conto dell'interpretazione autentica delle "norme recepite" fatta dal Governo?

Recepire vuol dire, sostanzialmente, incorporare. La legge va cioè letta come se gli articoli recepiti fossero scritti in sequenza.
Non si tratta di due leggi diverse, ma di una sola legge con un testo ben definito e con, nelle intenzioni del legislatore, in questo caso regionale, una determinata interpretazione. Per questo motivo, dal momento del recepimento in poi, per quanto di sua competenza, è soltanto il legislatore regionale che può fornire un'interpretazione autentica delle norme da lui approvate.

5) Il Presidente della Republica è stato da più parti accusato di aver permesso al Governo di varare un Decreto Legge incostituzionale. Poteva, il Presidente della Repubblica, rifiutarsi di firmare?

E' opinione di questo sito che il Presidente della Repubblica non possa rifiutare la controfirma ai decreti legge presentati e motivati sotto la responsabilità del Governo.
Altresì, questo sito ritiene pure che il potere di messaggio alle Camere ed il possibile rinvio delle leggi approvate dal Parlamento possano costituire strumenti efficaci per sensibilizzare l'opinione pubblica e per contrastare eventuali abusi del Governo in materia di decreti legge.
Il Presidente Napolitano, purtroppo, non sembra aver preso in seria considerazione i poteri di cui può effettivamente disporre, senza peraltro particolari limiti per poter essere esercitati, ma ha anzi preferito autoattribuirsi un ruolo di controllo preventivo di costituzionalità dei decreti legge che ha finito per autolimitarlo, con conseguenze devastanti.
Il Presidente della Repubblica è oggettivamente divenuto parte attiva delle decisioni del Governo: la sua firma sui decreti legge vale ora non più come mera verifica delle procedure adottate, secondo quanto richiesto dalla Costituzione, bensì come "bollino di garanzia" che può permettere al Governo di affermare di non aver compiuto alcun abuso, "altrimenti il Presidente non avrebbe firmato".

Fatta questa premessa, non si può però non indagare, visto che parliamo del medesimo Presidente della Repubblica, sui motivi che hanno determinato un comportamento completamente opposto rispetto al passato.
Come per il caso Englaro, l'intervento del Governo ha cercato di intervenire su questioni attinenti la sfera dell'Organo giudiziario e per le quali vi erano procedimenti giurisdizionali in corso e con pronunzie già immediatamente applicabili.
Altresì, risultano difficilmente dimostrabili le esigenze di necessità e urgenza tali da giustificare l'adozione di un decreto legge di interpretazione autentica della legge in una materia delicata e riservata quale quella elettorale.

Mercoledì 10 Marzo 2010 00:30

www.riforme.info

9896