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Regionali francesi, l’inciampo di Sarkò

(17 Marzo 2010)

Al primo turno delle regionali di Francia ha partecipato meno della metà degli elettori. Sembra che il 54% di essi non ha creduto che valesse la pena partecipare a una consultazione utile a eleggere quella che molti considerano una burocrazia politica, piuttosto che rappresentanti in grado di sostenere i bisogni dei cittadini in organismi dotati di poteri quanto mai limitati, essenzialmente nel settore della scuola e dei trasporti. La destra al governo minimizza il valore del risultato, sostenendo che il comportamento degli elettori non indica in alcun modo un calo dell’entusiasmo per Sarkozy e la sua corte, un voto-sanzione a tre anni dalla trionfale elezione nel 2007 - quando aveva sedotto « la Francia che soffre » e buona parte degli elettori neofascisti del Front National . A due anni dalle presidenziali del 2012 ci si chiede perché l’astensione del 54% toglie valore al risultato del primo turno delle regionali secondo quegli stessi corifei governativi che s’erano entusiasmati per la vittoria del partito del presidente alle europee dello scorso anno, quando l’astensione raggiunse il 60%.

Secondo i numeri, l’UMP, il partito che sostiene Sarkozy, diventa, con il 26,18%, la seconda forza politica nazionale dietro il Partito Socialista che col 29,48% può sperare di riconquistare le ventidue regioni che già governava e aggiungere anche Corsica e Alsazia, governate fino a ieri dalla Destra, mentre Europe Ecologie, la nuova formazione ambientalista guidata da Daniel Cohn-Bendit anarchico in gioventù convertitosi a un ambientalismo in grado di coesistere con i bombardamenti umanitari della guerra del Kossovo, si conferma con il 12,47% il terzo partito transalpino. Segue l’immarcescibile monocolo Jean-Marie Le Pen, che a 81 anni suonati ha voluto fare campagna per il Front National, conquistando con un 11,74 % il diritto d’essere presente al secondo turno in ben 12 regioni in compagnia di sua figlia e perfino di sua nipote, entrambe biondissime.

Mentre al « centro » si registra il crollo del Modem inventato da François Bayrou, che si ferma al 4,24% su base nazionale e raggiunge in una sola regione – l’Aquitaine - il 10% necessario a partecipare al secondo turno, a sinistra si mantiene un buon risultato il Front de Gauche (6%), il cui asse portante è l’alleanza fra il vecchio PCF ed il nuovo Parti de Gauche fondato dall’ex senatore socialista Jean-Luc Mélanchon – che ha paragonato l’astensione a una « insurrezione civica » , mentre il NPA guidato da Olivier Besancenot non va oltre il 2,5% e Lutte Ouvrière l’1%. Domenica prossima ci sarà il secondo turno, che confermerà con tutta probabilità il risultato : nel sistema a due turni gli elettori votano per la formazione politica che preferiscono solo al primo turno e sono costretti al secondo ad astenersi oppure a contentarsi del « meno peggio » per sbarrare la strada agli avversari come unica opzione possibile, perfettamente compatibile con la struttura portante d’un sistema che, chiunque vinca, resta ben saldo sulle sue fondamenta.

A sinistra si profila un accordo nazionale fra Partito Socialista, Europe Ecologie e Front de Gauche in grado, secondo ogni probabilità, di fare cappotto, mentre a destra l’unica possibilità per l’UMP di capovolgere il risultato è quella – tanto per cambiare - di sollecitare i voti del redivivo Front National, al quale fanno apertamente appello tutti i leader governativi – il primo ministro François Fillon in testa – che battono il territorio nella speranza, abbastanza remota, di creare la sorpresa. Per i milioni di cittadini francesi alle prese con disoccupazione, precarietà, riduzione dei fondi per l’istruzione e l’assistenza sanitaria, con il calo verticale del potere d’acquisto di salari e stipendi, con la fine della tregua invernale per gli sfratti, con una povertà che colpisce ormai fasce della popolazione sempre più ampie e visibili ovunque, queste elezioni, come le politiche, le presidenziali e le europee cambiano la forma del potere ma non la sua sostanza.

Giustiniano Rossi

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