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(8 Dicembre 2010) Enzo Apicella
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Una legge capestro per i lavoratori, che più capestro non si può

(29 Marzo 2010)

La maggioranza governativa ha approvato il “collegato lavoro” (legge n. 1441).
Questa legge permetterà alle aziende di stipulare col singolo lavoratore un contratto individuale contenente la cosiddetta “clausola compromisssoria”, con cui il lavoratore:
- rinuncia, tra gli altri diritti, anche a quello di ricorrere al tribunale per chiedergli di risolvere le controversie sorte col datore di lavoro in merito al rispetto dei suoi diritti;
- accetta di mettersi nelle mani di una commissione di “arbitri”, che non dovrà decidere sulla base delle leggi e dei contratti collettivi, ma secondo criteri basati sostanzialmente sul consenso del padrone.

Governo e Confindustria, Cisl, Uil e Ugl (che sono totalmente d’accordo col governo su questa legge) dicono che il lavoratore è in ogni caso libero di firmare o non firmare la “clausola compromissoria”.
È chiaro che governo, Confindustria e sindacalisti loro galoppini dicono una menzogna, perché, soprattutto in questi tempi di grandi difficoltà nel mondo del lavoro dipendente, il singolo lavoratore sarà costretto, nel momento della stipula del contratto individuale a fare buon viso a cattiva sorte e a firmare un contratto-capestro, pur di essere assunto o, se già assunto, pur di non essere segnato nel “libro nero” dei lavoratori da discriminare.

Questo vorrà dire che molti diritti del lavoro, che sono costati anni e anni di lotte, con la “clausola compromissoria” faranno una brutta fine. In particolare, farà una fine drammatica un diritto fondamentale, quello a non essere licenziati se non per la cosiddetta “giusta causa”, sancita dall’articolo 18 dello “Statuto dei lavoratori” per le aziende con più di 15 dipendenti.
Quell’articolo 18 che, già nel 2002, lo stesso governo di oggi tentò di fare fuori, provocando la risposta di milioni e milioni di lavoratori, i quali lo costrinsero a rinunciare a quel suo progetto banditesco.

Mentre il Tribunale, in caso di licenziamento illegittimo, reintegrerebbe nel posto di lavoro il lavoratore ingiustamente licenziato e condannerebbe l’azienda a retribuirgli le mensilità perse, la commissione di “arbitri” confermerebbe il licenziamento e permetterebbe all’azienda di cavarsela col pagamento di qualche mensilità a titolo di elemosina …

Cosa ne sarà, a questo punto, del diritto di sciopero (a parte i progetti del ministro del lavoro Sacconi di renderlo impraticabile con regole che prevedono anche multe di migliaia di euro), è presto detto.
Con la possibilità di licenziare senza ”giusta causa”, il padrone avrà mano libera nell’operare rappresaglie sui lavoratori che sciopereranno, cominciando col licenziare quelli più attivi nell’iniziativa sindacale. Come dire: “colpiscine uno per addomesticarne cento”, cioè l’uso dello spettro del licenziamento come feroce strategia padronale per farci ripiombare tutti nel 1800!

E, inoltre, definitiva battuta d’arresto nella stabilizzazione dei precari e riduzione di un anno dell’obbligo scolastico per consentire l’apprendistato a 15 anni e mettere così a disposizione delle aziende qualche altro centinaio di migliaia di lavoratori precari e sottopagati.
E poi drastica riduzione del numero dei lavoratori da inviare in pensione con 3 anni d’anticipo, come effetto di una vita lavorativa fatta di lavori usuranti.
Anche questo stabilisce il “Collegato lavoro”.

Domanda: dobbiamo subirlo o dobbiamo ricacciarlo indietro?

CONFEDERAZIONE COBAS, Pisa

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