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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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Regionali, istruzioni per l’uso

(30 Marzo 2010)

Nulla di nuovo: potere leghista al nord, post fascismo in grisaglie al sud tutto immerso nell’affarismo dei tempi modernissimi che ci circondano, una formula elettorale assolutamente vincente con cui il capitale grande e minuto governa da anni sotto le spoglie di Silvio Berlusconi. La sua Santa Alleanza che in tanti momenti scricchiola continua a venir cementata dall’urna. Fanno eccezione le enclavi rosse, che di rosso hanno oltre al credo dei pochi elettori novantenni rimasti, solo il colore usato nelle sovra impressioni dei cartelloni televisivi. Quello che appare politicamente chiaro è il peso del blocco padano che si materializza anche geograficamente lungo il percorso di Pater Padus. Dalle sorgenti del Monviso, dove Bossi conduce da anni una combriccola di fedeli che paiono comparse da film brancaleonesco, al delta ferrarese e rodigino. Il Piemonte-Lombardo-Veneto, cuore del Risorgimento nazionale poi motore produttivo e tuttora finanziario del Paese, vive felicemente il suo contrappasso vestendo la camicia verde. Sul perché lo faccia basta leggere la montagna di profonde analisi socio-politiche che da tempo individuano il tessuto economico delle partite iva, la patria del lavoro autonomo che rigetta i lacciuoli e ama l’evasione.

Ben oltre il folklore della revanche locale d’una segnaletica piegata all’apocope o ridisegnata nei dialetti pedemontani c’è chi ha analizzato la potente tattica del controllo del territorio attraverso il federalismo, una sorta di casematta gramsciana che servirebbe a sinistra. La Padania è oggettivamente il luogo di un’amplissima tribù che vuol fare i suoi comodi ma ha compreso che nell’urna deve accompagnarsi al grande alleato. L’elastico dei consensi l’ha lanciata a metà anni Novanta ancor più avanti di queste ore, sono seguite notevoli depressioni che facevano pronosticare letali implosioni. Niente di tutto questo. Appare chiarissimo che quel partito regge, come nel Paese regge l’alleanza (del Pdl) e il blocco interclassista su cui si fonda. Anzi in certi casi la Lega - e di conseguenza Berlusconi - acquisiscono voti dal malcontento su alcune tematiche locali. Prendiamo l’adesione popolare a movimenti come il No Tav o il No Dal Molin, non le adesioni più ideologiche dei militanti dell’ultrasinistra, ma quelle della cosiddetta gente. Viene da pensare che in Piemonte e in Veneto anche chi partecipa a quei movimenti possa aver votato Cota o Zaia. Questo perché quella gente a sinistra non trova facce e programmi convincenti nel riformismo senz’anima del Pd e nella pletora di “antagonisti” noti che ripropongono ideuzze già da tempo bocciate.

Basti pensare alla marea astensionista che non vuole turarsi il naso e diserta i seggi. Basti pensare a quanto continua a guadagnare a sinistra L’Italia dei Valori, infarcito di candidati transfughi che approdano lì cercando di preservare soprattutto proprie carriere istituzionali. Basti pensare all’insignificanza elettorale delle liste grilline su cui convergono i mugugni, magari del popolo viola, basi pensare ai fenomeni di populismo di ritorno, quali i prossimi guru: Santoro, Saviano, chi altro? Non basta che i politici di sinistra dicano che c’è bisogno di sinistra perché in assenza di uomini e progetti sembrano solo dire che c’è bisogno di sé stessi. Mancando un’alternativa di sinistra si continua a marciare con ciò che vince della destra, per nulla dissimile da quanto mostra da anni in fatto di depauperamento della nazione e dei ceti deboli. Se nelle prossime settimane proseguiranno lottizzazioni e meschini spoil system che si fanno beffa delle capacità premiando solo l’appartenenza, non si possono versare lacrime perché altrettanto fa una sinistra riempita di faccendieri che infanga il passato e impedisce un futuro. Esiste un pericolo sempre maggiore: che in base della forza dell’urna la Lega continui a dettare leggi egoistiche, esclusiviste, xenofobe come il pacchetto sicurezza Maroni. Che insieme agli ‘a fondo’ che Berlusconi e la sua Santa Alleanza intendono dare con le promesse riforme di Giustizia e Costituzione lasceranno cicatrici indelebili nel tessuto democratico della nazione e nel modo di essere italiani.

30 marzo 2010

Enrico Campofreda

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