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Il terrorista

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Saturno contro

(24 Aprile 2010)

Solo chi ha una visione congiunturale della lotta politica poteva pensare che lo scenario nel nostro paese fosse immutabile. Al contrario, la situazione italiana in questa fase sembra quasi avere “Saturno contro”, il che, secondo gli astrologi, annuncia cambiamenti imprevedibili e repentini In queste settimane, abbiamo ascoltato e letto “a sinistra” molte valutazioni sulle conseguenze dei recenti risultati elettorali che oscillavano tra il pessimismo per l’ulteriore affermazione del blocco berlusconiano insieme alla Lega e una coazione a ripetere del vecchio schema dell’antiberlusconismo e del meno peggio inteso come unico orizzonte riproponibile e praticabile per le forze della sinistra alternativa. Non abbiamo esitazione nel denunciare sia l’uno che l’altra come strumentali e funzionali ad una visione politica che si è rivelata nuovamente fuorviante.

In questi anni abbiamo cercato di condurre una puntuale battaglia politica e culturale nella sinistra contro la semplicioneria dell’antiberlusconismo ritenendolo – nei fatti –un sistematico fattore di rafforzamento dell’egemonia di Berlusconi stesso sulla società.

In realtà, come il Saturno (mitologico e non astrologico in questo caso), anche Berlusconi - ritenendosi troppo potente - non poteva che cominciare a divorare i propri figli avendo timore che gli stessi potessero cominciare a divorare lui.

Da un lato la crescita dell’ipoteca della Lega sulle regioni ricche del Nord ha rivelato una capacità di “partito di lotta e di governo” da parte dei leghisti, anche a scapito del suo principale alleato come il PdL.

L’assalto leghista ai consigli di amministrazione delle fondazioni bancarie (ampiamente sostenuto da Tremonti) dimostra che i fattori più fragorosi, odiosi e populisti del leghismo oggi convivono con un progetto di governo delle regioni più ricche del paese.

Il federalismo è diventato qualcosa di più di un feticcio amalgamante e identitario per le “comunità produttive” del nord e qualcosa di meno della maldestra riforma costituzionale attuata arbitrariamente dal governo di centro-sinistra nel 2001. Berlusconi con la Lega fa buon viso a cattivo gioco perché entrambi rispecchiano quel “carattere eversivo delle classi dominanti” che dovrebbe portare alle riforme costituzionali sulle quali il cavaliere punta per mettersi definitivamente al riparo dai guai giudiziari.

Dall’altro la fronda di Gianfranco Fini rivela uno scontro e un logoramento interno alla maggioranza politica di governo che per quanto possa oggi non portare a rotture, non può che seminare trappole a tempo sul futuro del governo Berlusconi.

La tentazione del cavaliere è dunque quella di divorare il primo dei suoi figli – il neofascista Gianfranco Fini proprio da lui sdoganato nel 1993 – in attesa che il secondo – il leghista Bossi – decida se divorare il padre o essere divorato a sua volta.

Infine, sullo scenario del ricambio del blocco di potere, si delinea all’orizzonte l’entrata in campo di Luca Cordero di Montezemolo ormai liberatosi dai vincoli derivanti dall’essere il presidente della Fiat. L’operazione tentata da Montezemolo in occasione delle elezioni regionali – quella di incentivare e cavalcare l’astensionismo come espressione della rappresentanza politica dei propri interessi e di quelli come lui, ma diversificandoli da quelli del blocco berlusconiano– in buona parte ha funzionato facendo lievitare la diserzione delle urne. Ma l’astensionismo ha fatto perdere più voti al centro-sinistra e ai centristi doc che al centro-destra e il risultato - nonostante il crollo dei voti - è stato lusinghiero più per la Lega e il PdL che per i centristi dell’UdC o per il PD.

Berlusconi si trova dunque insidiato dai propri simili sia dall’esterno che dall’interno della sua coalizione. E’ paradossale dunque che non abbia nulla da temere dai suoi “avversari politici” del centro-sinistra che in questi anni hanno continuato a ritenere che la demonizzazione antiberlusconiana potesse essere la leva per scardinare un blocco sociale e di potere egemone in quasi tutto il paese.

Il risultato dell’antiberlusconismo si è rivelato così non solo inefficace sul piano politico, culturale, elettorale, ma si rivela anche una chiave di lettura che impedisce di cogliere le contraddizioni interne e limitrofe del blocco berlusconiano mentre spiana la strada a soluzioni sostitutive (e non alternative) come quella possibile della leadership di Montezemolo, ampiamente convergenti sul piano delle priorità di interessi da difendere dentro la crisi capitalistica e la competizione globale, delle misure economico-sociali da adottare e del deficit democratico da perpetuare come garanzia della governabilità.

Colpisce in tale scenario vedere scelte come quelle di Nichi Vendola che mette in liquidazione la sua creatura – Sinistra Ecologia e Libertà - e candidarsi a “fabbricare su se stesso” una opzione sul Partito Democratico. Vendola, paradossalmente ha accusato la sua formazione politica (che pure si era accodata alla scelta di mettere il nome del suo leader nel simbolo elettorale) di “essere diventata un partito berlusconiano in cui l’unica logica che vince è quella della competizione”. Il fatto è paradossale perché Vendola ha mutuato proprio dal berlusconismo almeno due vizi: la logica degli uomini della provvidenza di cui egli si sente investito e – di nuovo – la sindrome di Saturno per cui i padri divorano i loro figli (SEL, NdR).

Ma il problema a ben vedere non riguarda solo il futuro di Vendola e della sua formazione politica, riguarda anche i partiti che hanno dato vita alla Federazione della Sinistra e che proprio su una riunificazione con Vendola sembrano aver scommesso il loro futuro. E qui veniamo non solo ai paradossi ma anche ad una sorta di “gioco dell’oca” per cui a meno di due anni dalla scissione del congresso di Chianciano e dalla batosta elettorale del 2008…si torna esattamente alla casella di partenza avendo in compenso perduto ancora credibilità, consensi e sprazzi di autonomia politica.

In questi mesi, riaffermando l’indipendenza politica della sinistra dal PD come strategica, non abbiamo certo predicato il suicidio del progetto della Federazione della Sinistra (come ci viene rimproverato da alcuni dirigenti del PRC o del PdCI) ma abbiamo cercato di fornire ai compagni, agli attivisti, ai militanti comunisti e della sinistra spunti di analisi ed elementi di programma che rompessero con le scelte che hanno portato alla crisi e si predisponessero ad una nuova sperimentazione politica sul piano del progetto, dell’organizzazione e della rappresentazione politica.

Per la Rete dei Comunisti questa prospettiva resta del tutto aperta e su questa intendiamo avanzare una ipotesi di ricostruzione della sinistra anticapitalista e dell’opzione comunista nel nostro paese, incalzando e confrontandoci con tutti coloro che non vogliono nascondere la propria crisi dietro il pessimismo della realtà e “l’opportunismo della ragione”.

Sergio Cararo
(Direttore di Contropiano)

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