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    (Dove và la CGIL?)

    Relazione di Epifani: aumenta il dissenso

    (8 Maggio 2010)

    La relazione di Guglielmo Epifani ha confermato con chiarezza tutte le ragioni del nostro dissenso. Anzi, le ha accentuate. Condividiamo naturalmente i valori di fondo, la lotta per la pace, per la democrazia, per la Costituzione e contro le discriminazioni. Però, appena entriamo nel concreto, non siamo più d’accordo.

    La relazione ha sostanzialmente “aperto” sia nei confronti del Governo, sia nei confronti della Confindustria, sia nei confronti di Cisl e Uil. Nei confronti del Governo le critiche sulla politica economica non portano a una vera piattaforma sociale alternativa, ma a richieste minimaliste sull’occupazione e, ancora una volta, all’ennesimo e non chiarito appello alle necessità dello sviluppo.

    Con Cisl e Uil si fa un passaggio che mette sotto tono le ragioni vere del contendere e rilancia invece la necessità dell’unità qui ed ora, con il classico “facciamo tutti un passo indietro”.

    Ma il punto più grave è quello sul sistema contrattuale, peraltro già annunciato al congresso della Fiom. Epifani propone un semplice aggiustamento dell’accordo, chiede di essere riammesso al tavolo, non si propone più di ribaltare i contenuti di fondo dell’intesa separata, anche perché valorizza tutti gli accordi di categoria che la applicano. E’ significativo che su questo punto la Confindustria abbia subito dato delle disponibilità.

    C’è una debolezza e una contraddizione di fondo nella proposta della relazione. Da un lato si dice che la crisi sia grave, che le contraddizioni crescono, si fa riferimento al dramma della Grecia, e poi però si propongono soluzioni minimaliste di rientro e riappacificazione. Non ci siamo proprio, in questo modo la Cgil rischia o di accettare cose che fino a poco tempo fa considerava inaccettabili, oppure di trovarsi in una terra di nessuno, nella quale si sono offerte disponibilità che ti indeboliscono senza neppure essere accolte dalle controparti.

    Epifani si fa forte del consenso di una maggioranza superiore all’80%, per questo può proporre una linea molto più moderata di quella con cui ha avviato il congresso. Significative, tra l’altro, le aperture fino a poco tempo fa impensabili sul ponte di Messina o sul nucleare e la disponibilità a ridurre i costi dei contratti pubblici in cambio di risultati sull’occupazione.

    Proprio per questo per la mozione “La Cgil che vogliamo” è arrivato il momento della decisione. Si tratta di dire di no a questa impostazione della relazione e di continuare l’impegno dentro e oltre il congresso. I boati di dissenso che hanno accolto Angeletti, Bonanni, Sacconi, Marcegaglia, dicono che nella Cgil c’è una domanda di conflitto che è ben più vasta di quella che viene espressa dagli equilibri congressuali.

    Roma, 5 maggio 2010

    Giorgio Cremaschi
    (Rete 28 Aprile nella Cgil per l’indipendenza e la democrazia sindacale)

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