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Atene. Ordine pubblico

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(4 Maggio 2010) Enzo Apicella
Grecia. Il Fondo Monetario Internazionale si scontra con la resistenza popolare

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    A fianco dei rivoltosi greci: la crisi è il capitalismo

    (9 Maggio 2010)

    Mentre gli Stati di mezza Europa (Spagna, Portogallo, Irlanda, Inghilterra e Italia) sono costretti a far crescere il debito pubblico a livelli insostenibili nel disperato tentativo di salvare istituti di credito e grandi industrie dal crac, la Grecia, da sempre fanalino di coda dell’area-Euro, si trova, secondo le parole del suo stesso presidente “sull’orlo dell’abisso”.

    Il “piano di salvataggio” approvato dal parlamento greco su ordine del FMI e di un’UE sempre più sotto l’egida dell’imperialismo tedesco (che non a caso, fino a qualche giorno fà minacciava di abbandonare la Grecia al suo destino qualora non venisse rispettata l’ortodossia monetarista di Maastricht) costituisce forse la più devastante opera di macelleria sociale compiuta in Europa dal dopoguerra ad oggi: taglio degli stipendi fino al 30%, assoluta libertà di licenziamento, privatizzazione di settori pubblici strategici quali energia e trasporti, tagli alle pensioni con aumento di cinque anni dell’età pensionabile, aumento dell’Iva e delle imposte sui beni di consumo.

    Il governo “socialista” di Papandreu, che oggi si prostra ossequioso ai diktat degli organismi di governo internazionale del capitalismo riducendo alla fame milioni di proletari greci, solo qualche mese orsono, in nome degli stessi interessi e degli stessi mandanti, ha regalato 28 miliardi di euro alle banche per tirarle fuori da una crisi che proprio esse stesse hanno generato!

    La mobilitazione di massa e generalizzata messa in campo del movimento operaio, dai precari e dagli studenti greci negli scioperi e negli scontri di piazza di questi giorni, la radicalità delle sue pratiche e delle sue parole d’ordine, per noi è la risposta giusta e sacrosanta a un potere politico-economico-finanziario che, dopo essersi appropriato per decenni delle ricchezze prodotte imponendo sacrifici e austerità ai lavoratori e ai proletari, ora pretende di scaricare su questi ultimi anche i costi della crisi.

    Per questo siamo senza riserva alcuna al fianco della popolazione greca in rivolta

    Ma gli eventi greci parlano anche di noi. Nel nostro paese la crisi è tutt’altro che superata: secondo Unioncamere nel 2010 andranno perduti altri 134.000 posti di lavoro; innumerevoli fabbriche restano chiuse; proseguono le casse integrazioni; migliaia di precari privi di tutele finiscono per strada, e mentre i padroni minacciano di trasferire la produzione all’estero per tutelare i loro profitti, il governo delle destre annuncia ulteriori tagli e nuove ondate di privatizzazioni.

    Queste misure, praticate in tutta Europa, finora non sono servite a nulla.

    Dopo la crisi c’è ancora la crisi: i padroni e i loro comitati d’affari che siedono nei parlamenti, pur riuscendo temporaneamente a mettere qualche toppa con ulteriori attacchi ai diritti e al salario, sono oramai privi di soluzioni, poiché si rifiutano di ammettere che la crisi è sistemica e la sua radice stà nel meccanismo stesso di funzionamento del modo di produzione capitalistico, basato su sfruttamento, guerre, precarietà e appropriazione da parte di pochi della ricchezza prodotta da tutti.

    Per l’organizzazione autonoma di classe, in Italia e in Europa: il circolo vizioso in cui questo sistema in agonia stà trascinando l’intera società rende sempre più evidente l’impraticabilità di qualsiasi soluzione riformista, sia essa l’ipocrita utopia di un “capitalismo dal volto umano” propinata dai liberal-democratici, o che aspiri a un impossibile “compromesso sociale” tra le classi caldeggiato dai partiti di quella “sinistra radicale” entrata in coma irreversibile con le ultime tornate elettorali.

    Torna dunque di stringente attualità il tema della trasformazione rivoluzionaria dell’esistente. Compito dei comunisti, e di tutti gli anticapitalisti conseguenti, è quello di dotarsi di forme politiche e organizzative adeguate alla fase, mettendo da parte inutili parrocchie e orticelli in nome della comune battaglia per il superamento dello stato di cose presenti.

    Se non ora, quando?

    Napoli, 07-05-2010

    Associazione Marxista Unità Comunista

    Fonte

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