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Torino. G8: sei anarchici a giudizio

(10 Maggio 2010)

Un PM alla pummarola Più veloce della luce. Il PM Rinaudo, della Direzione Provinciale Antimafia, indefesso cacciatore di anarchici, sprezzante del rischio di cadere nel ridicolo, ha rinviato a giudizio sei compagni, cinque di Torino e uno del Monferrato, per “i delitti 81 cpv, 110, 639 comma 2 perché con più azioni esecutive di un medesimo episodio criminoso (…) deturpavano e imbrattavano parte di un immobile sito in via Fanti 17, facente parte di un edificio parzialmente costruito nel 1700 e quindi ritenuto di interesse storico, luogo dove ha sede il centro congressi dell’Unione Industriali di Torino”. Si va in aula il 24 settembre.

Una roba dal tono dannatamente serio.
“Delitto”, “disegno criminoso”, “deturpare ed imbrattare” e poi anche l’antimafia.

Facciamo un passo indietro.
Era il 7 luglio. All’Aquila i padroni del mondo facevano la loro passerella tra le rovine della città distrutta dal terremoto. La gente in tenda circondata da uomini armati, i potenti in una caserma/fortezza milionaria. Roba da brividi. Un G8 tra le macerie. Metafora reale di un tempo segnato dalla ferocia e dalla forza, dalla guerra e dalla miseria, dal banchetto di una minoranza di ricchiepotenti sulle spalle dei più.
L’arroganza nemmeno si maschera dietro la retorica, nemmeno finge i buoni sentimenti.
L’Aquila è il simbolo inquietante di un futuro che è già presente.
Un’intera popolazione sotto controllo, mentre i soliti noti costruiscono fortune “umanitarie”. Roba sperimentata fuori, tra Somalia e Albania e, adesso, pronta anche per noi.

A Torino, quel 7 luglio, sul marciapiede di fronte all’ingresso dell’Unione Industriali in via Fanti, vengono gettate mazzette di soldi in una pozza rosso sangue. Sulla cancellata della palazzina che ospita l’organizzazione dei padroni della città uno striscione bianco con la scritta “G8: guerra, schiavitù, oppressione”, siglato FAI.
Sangue e soldi al palazzo dei padroni, la cifra di un mondo diviso tra chi ha troppo e chi nulla, chi comanda e chi è obbligato a chinare il capo, ma anche il segno della lotta e della resistenza che, ogni giorno, in ogni dove, vede gli ultimi alzare la testa.

Neanche un anno dopo scatta la vendetta. Pomodoro e soldi finti di fronte all’ingresso dell’Unione Industriali diventano “imbrattamento e deturpamento”, “delitto”, “disegno criminoso”. Il marciapiedi di via Fanti si è trasformato un edificio storico del 1700!
Si rasenta il ridicolo. Peccato che quando i pagliacci recitano in toga nelle aule di un tribunale ci sia poco da ridere.
Non ci stupiamo. Il prezzo che chiedono per chi si oppone è ben più lieve di quello pagato dai tanti immigrati che in quest’anno terribile sono stati ammazzati in mare dalle leggi razziste di questo paese. Molto più lieve di quello che pagano ogni giorno i reclusi dei CIE di che si ribellano, tentano la fuga, osano denunciare i loro aguzzini.
Resta il fatto, che dovrebbe inquietare la coscienza dei più, che in questo paese vogliono tappare la bocca ad ogni voce scomoda, trasformare in delitto ogni piccolo gesto di protesta simbolica.

Giorno dopo giorno si restringono gli spazi di libera espressione: se la critica finisce in tribunale quella che è in ballo è la libertà di tutti.

Federazione Anarchica Torinese

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