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Due morti sulla strada di… Giarabub: la guerra logistica persa dalla NATO

(19 Maggio 2010)

Quanto avvenuto ieri 17 maggio 2010 in una località come Bala Morghab, oggetto di attacchi negli ultimi anni ( dove a rotazione inutilmente contingenti multinazionali hanno cercato di raggiungere sul campo superiorità militare e consenso tra le popolazioni locali, investendo risorse considerevoli), fa pensare che l’ipotesi di una sconfitta totale entro il 2013 dei talebani, , sia solo una pia illusione.
Stiamo assistendo ad un film che i più anziani di noi hanno già visto, con la presentazione ridicola di una exit strategy dove i “locali” prendono le redini del controllo militare del paese e tengono a bada i “cattivi ” sostenuti da un inaffidabile o pericoloso vicino.
Lo abbiamo visto in Vietnam, lo abbiamo visto proprio in Afghanistan una ventina di anni fa con i Russi.
Partendo proprio dall’esperienza fatta da questi ultimi, i Russi, che possiamo definire quello di ieri un episodio emblematico della guerra logistica persa dalla NATO nel teatro afgano.
La necessità di rifornire di qualche decina di uomini (e della smisurata quantità di materiale logistico e di approvvigionamento che necessita quotidianamente ad essi e ai soldati occidentali presenti già a Bala Morghab) ha determinato la scelta da parte del comando ISAF-NATO di mettere su un convoglio corazzato stile “Armata Rossa assediata in Afghanistan” di venti anni fa.

Sì, perché il pattuglione di cento e più mezzi blindati e corazzati fu l’ultima, inutile trovata fatta dai generali superdecorati Russi in quel tragico teatro di guerra contro gli insorti afgani quando essi assediavano avamposti e città fortificate dove sventolava la bandiera rossa accanto a quella della afgana. Grazie a simile trovata si riuscì a prolungare la guerra a costi economici enormi e furono più i carri armati e blindati abbandonati per usura per le mulattiere afgane che quelli effettivamente distrutti dagli insorti.
Per i russi a complicare le cose ci si misero gli americani che tramite la CIA fornirono di missili antiaerei Stinger i mullah ribelli determinando la messa a terra del parco elicotteristico russo, mentre per NATO e USA , oggi, invece, è l’inaffidabilità dell’esercito afgano, la ricerca di minor costi in vite umane , il pesante costo logistico per ogni uomo che moltiplica all’infinito ogni difficoltà , oltre che l’inconcepibile idea di voler fare tutto in fretta in un luogo dove il tempo scorre monotamente da millenni
Se ieri erano in oltre quattrocento, i Robocop, a scortare poche decine di uomini di rinforzo da inviare in una base sperduta al confine con il Turkmenistan, immaginatevi quanto costano le cosiddette offensive miracolose che da un paio di anni ci propinano in supporto ad una exit strategy che non sia una fuga clamorososa stile Armata Russa!
Dietro ad esse si cela una complessa rete di affari e intrecci incredibili come quelli con la Russia di Putin, con l’Ucraina e lo stesso Pachistan che forniscono le basi del rifornimento logistico, l’affitto di supercargo , il permesso di transito aereo con relativa tassa di sorvolo per ogni aereo, uomo o collo trasportato , l’affitto di elicotteri per il rifornimento di basi inglesi e NATO, la fornitura di autisti e scorte dei convogli provenienti dal Pachistan. Insomma un bell’affare che certi soggetti vorrebbero che non finisse mai!
C’è un secondo inquietante aspetto invece nell’attacco di ieri ed è quello insito nella tecnica dell’attentato.
Non parliamo dell’usanza di mettere una mina autocostruita sotto il ciglio di una strada, tecnica ormai acquistita anche dal più giovane degli scugnizzi afgani ,come lo era un tempo per gli sciuscià napoletani quello di mettere i petardi tra le ruote dei filobus del Rettifilo, bensì nella costruzione del sistema di innesco e detonazione.
In effetti sembra quasi inspiegabile come sullo stesso tracciato dove erano transitati già altri 3 o 7 mezzi simili sia potuto esplodere un ordigno in maniera automatica a meno che esso non fosse o telecomandato o avesse un innesco intelligente capace di attivarsi solo dopo un certo numero di “contatti”.
Escludendo a priori il fatto che le ruote del nostro Lince abbiano scartato dal percorso in fila indiana seguito a velocità da tartaruga del convoglio e tenendo conto che a saltare in aria è stato proprio il Lince degli sminatori italiani, ovvero quello non avrebbe mancato di un millimetro il percorso delle ruote del blindato che lo precedeva, dovremmo affermare che se l’ordigno non era telecomandato, allora gli afgani hanno fatto un salto di qualità nella costruzione di IED dove la I non significa più improvvisati , bensì intelligenti!
Se invece l’ordigno era telecomandato allora siamo dinanzi ad una debacle tecnologica!!! Possibile che i numerosi apparati disturbatori, produttori di Jamming che dilagano tra i contingenti NATO in Afghanistan hanno fallito?
Possibile che non siano riusciti a mettere KO la ricezione degli impulsi del telecomando “assassino”?
A meno che… in quel momento per esigenze superiori, i sistemi di Jamming non fossero stato ammutoliti… Spesso gli americani richiedono ai contingenti minori compreso quello italiano di spegnere i loro disturbatori quando in zona hanno in volo dei droni da ricognizione ed attacco, poichè si rischia di perderne il telecontrollo a causa delle interferenze elettromagnetiche.
Ieri, quest’ordine di spegnere gli apparati “salvabombe” era stato per caso dato?E da chi?

Una domanda che forse anche la Procura di Roma, presso la quale è stata aperta l’inchiesta per strage dovrebbe fare, onde poter dare una risposta di chiarezza e giustizia per i familiari dei soldati morti o feriti, ma anche per color che hanno un figlio o un marito su quel lontano fronte di guerra.

Brindisi 18 maggio 2010

Antonio Camuso
Osservatorio sui Balcani di Brindisi

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