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(29 Ottobre 2011) Enzo Apicella
Klaus Regling è a Pechino per cercare 100 miliardi di dollari per il fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf) di cui è Direttore

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    (Capitale e lavoro)

    Antagonismo operaio, emancipazione ed un rinnovato conflitto sociale. Radicale.

    In questi settant'anni stanno ricostruendo le loro barricate: è ora di fargliele nuovamente traballare, fino al crollo, magari definitivo. Le condizioni attuali ce lo permettono

    (21 Maggio 2010)

    Partiamo da dati di fatto recentissimi ed attuali: la multinazionale ENI insieme alla multinazionale RAMCO GROUP del Qatar hanno preso per il culo gli operai dell'intera filiera produttiva dell'alluminio in Sardegna (ALCOA, EYRALLUMINA, VINYLS...), giungendo ad accordi di basso profilo solo per il territorio italiano e rimarcando la politica colonialista ed oppressiva in terra sarda; la FIAT annuncia un piano quinquennale da 30 miliardi di euro per il periodo 2010-2014 confermando il blocco totale e/o parziale concentrato più che altro negli stabilimenti del sud Italia da Melfi a Termini Imerese, passando per Cassino e Pomigliano d'Arco; la grande industria italiana sostanzialmente chiude i battenti, con il padronato che va a "sbarcare il lunario" nell'Est Europa ed in Asia.

    Il caso Grecia, il più clamoroso dei fallimenti capitalisti nel nostro continente, è frettolosamente archiviato in poche righe di aggiornamento sui grandi mezzi di informazione a seguito dell'immissione (ancora virtuale) di 750 miliardi di euro nel mercato da parte degli stati membri della UE. Un intervento emergenziale che non ha portato i frutti sperati e che ha deluso i promotori dell'iniziativa, ovvero i veri motori della coalizione del vecchio continente, Francia e Germania: dopo un'unica giornata di giubilo, le Borse internazionali tornano a bruciare decine e decine di miliardi di euro (solo ieri ne sono andati in fumo 144 miliardi) ripartendo col solito carosello di speculazioni: altro il loro sistema non può escogitare, ed attuale più che mai risulta il pensiero di Marx secondo cui il sistema del soldo è fondato su un anarchismo applicato alla lettera: imprevedibile e sregolamentato.

    Le agenzie di rating internazionali tornano progressivamente a fare la voce grossa, la finanza riprende il controllo dell'intera economia globale, i governi subalterni ai mercati devono convincersi ancora una volta che nulla possono davanti alle lobby degli affari. Quelle lobby che portano alla chiusura delle aziende, al licenziamento degli operai, alla disoccupazione perenne ed agli sfratti per insolvenza. La lettera di Angelo, operaio bergamasco, a proposito del caso della COMITAL di Nembro, non arriva per caso e racconta con estrema semplicità come il sistema di potere sia riuscito a penetrare profondamente all'interno dei luoghi di lavoro e delle coscienze collettive ed individuali di ogni singolo operaio.

    Il padronato ed il ventre molle e socialdemocratico della classe operaia hanno prodotto la concertazione e la teoria del compromesso (sempre al ribasso) attraverso i sindacati confederali: a differenza dei gloriosi anni '70, l'operaio delega il proprio destino nelle mani di cravattari invischiati fino al collo con il sistema vigente con un atto che sa di puro autolesionismo. Fortunatamente, stante la condizione sempre peggiore di lavoratrici e lavoratori, l'anadamento si sta invertendo di marcia arrivando alle clamorose auto-organizzazioni delle lotte come nel caso della INNSE di Milano, vero e proprio apripista per un rinnovato ragionamento di autodeterminazione, dal basso.

    Bene ricorderanno gli operai di vecchia data come a Mirafiori, durante gli scioperi e le dure manifestazioni degli anni '60 e '70, sindacati e partiti politici si sbracciavano per frenare la legittima auto-difesa operaia davanti ai cancelli della FIAT, PCI e CGIL in testa al contro-corteo. Scioperi spontanei e manifestazioni di strada venivano seppellite due volte: una volta dalla Celere del fascismo di stato, l'altra dalle delazioni dei falsi compagni infiltrati nei gruppi dissidenti oeprai che si riconoscevano negli auto-organizzati gruppi extraparlamentari dell'epoca. Fior di testimonianze dirette sono a disposizione di chiunque sia disposto ad ascoltare.

    Nuovamente, a distanza di oltre trent'anni, gli Ustascia (consapevoli o meno) del padronato stanno bloccando la crescita progressiva e costante del conflitto sociale, appropiandosi e canonizzando gli strumenti più duri della protesta nata dal basso (occupazione delle fabbriche su tutti). Da un lato i cravattari si fanno immortalare con gli operai, dall'altro vanno al tavolo di trattative e firmano per il numero più basso di licenziamenti che riescono ad ottenere. Per usare un eufemismo, queste sono pratiche deleterie per il progresso e lo sviluppo di classe. Ed ancora c'è chi racconta che sì, un altro mondo è possibile, ma con il pacifico e non violento cambiamento radicale dell'esistente.

    Facciamo in modo che una volta per tutte queste signore e questi signori non mettano più un piede in fabbrica se non espressamente richiamati per uno scambio di opinioni dai diretti interessati; facciamo in modo di fermare qualsiasi persona che, in maniera sciagurata, individui in qualsiasi sindacato che non sia "di classe" l'arma migliore da impugnare. Non è strettamente necessario essere teste d'uovo ed impararsi "Il Capitale" a memoria: basta elencare i dati di fatto e calcolare i posti di lavoro "sacrificati" da lorignori sul pietoso altare del compromesso. Valore, quest'ultimo, che si è prepotentemente imposto con la nascita della Repubblica Italiana, con evidente disappunto di un gran numero di Partigiane e Partigiani combattenti tra il '43 ed il '45.

    Ciò che è accaduto in Grecia inevitabilmente si ripercuoterà nel nostro Paese (quello con il tasso più alto di debito pubblico della UE) insieme alle altre nazioni a rischio come Spagna, Portogallo ed irlanda. Giusto per fermarsi al nostro continente.

    Per il bene di noi operai, e per il bene di qualsiasi salariato, è bene affilare le armi delle lotta e predicare una rinnovata radicalità del conflitto. Ne va della nostra sopravvivenza. Lo stesso concetto era predicato dai più lungimiranti ed informati soggetti dell'Argentina, prima del grande crollo di Stato con le strade della capitale (e non solo) invase dalla folla rabbiosa e soprattutto affamata. La dignità è un bene inalienabile e l'abbiamo già messa sul piatto: occorre riprendersela e difenderla, erigendo con la forza della massa di salariate e salariati un sistema radicalmente opposto a quello che ci uccide nei cantieri, nelle fabbriche, sulle strade, sui binari, nei campi per un pezzo di pane e poco più; che ci affama e che ci spinge alla competizione ed all'isolamento culturale e sociale; che ci porta in strada a lottare e che ci toglie la vita grazie alla allegre pallottole vaganti delle guardie; che ci prende a coltellate e bastonate con il braccio armato fascista della borghesia se camminiamo a testa alta per strada nonostante la nostra povertà, le nostre idee, le nostre tendenze sessuali, la nostra filosofia. In questi settant'anni stanno ricostruendo le loro barricate: è ora di fargliele nuovamente traballare, fino al crollo, magari definitivo: le condizioni attuali ce lo permettono.

    Per la Lotta Continua

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