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Rifugiato o clandestino?

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(5 Aprile 2011) Enzo Apicella

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(La tolleranza zero)

Milano. La polizia carica i rom. Tra i feriti anche bambini e bambine

(22 Maggio 2010)

Giovedì 20 maggio. Il Comune di Milano, entro il 30 giugno, vuole sgomberare baraccopoli di via Triboniano, nel nulla metropolitano alle spalle del cimitero Maggiore.

I rom del campo nell’ultima assemblea decidono di rifiutare ogni mediazione e di trattare direttamente con l’amministrazione meneghina.
La scelta è per un presidio in piazza della Scala, di fronte a Palazzo Marino, sede del Comune.

Tutto secondo le regole, tutto a puntino: nei giorni precedenti la questura era stata avvisata e non c’era alcun divieto.
Antirazzisti solidali attenderanno inutilmente i rom in centro. All’uscita dal campo le famiglie dirette alla fermata dell’autobus vengono bloccate dalla polizia. Solo una delegazione di sette può andare al presidio, gli altri non possono uscire, sono prigionieri nel campo.

Il filo spinato sui muri perimetrali della spianata di baracche, assume un senso più chiaro.
I rom non ci stanno. Sono stanchi delle proposte dei misericordiosi mediatori dello sgombero, la banda di (don) Colmegna che continua a proporre soldi per tornare a “casa” a chi se ne va spontaneamente e firma che non torna per 15 anni. La massima concessione è un aiuto per la pigione a chi lavora con un contratto a tempo indeterminato e riesce a trovare qualcuno disposto ad affittare un appartamento ad un rom.

La polizia carica brutalmente in via Barzaghi. Nessuno dei 250 rom loro deve prendere il tram 14 e raggiungere piazza della Scala. Nessuno deve sentire la loro proposta al Comune. Per l’amministrazione di Milano i rom di Triboniano sono disadattati, criminali e stupidi, manovrati da un gruppo di sobillatori di professione, ossia quelli del comitato antirazzista di Milano.
Le loro proposte non debbono essere prese in considerazione. A priori.

Dopo la lunga giornata di resistenza del 13 maggio, quando con barricate e auto in fiamme i rom si erano opposti all’ennesimo sfratto di una famiglia del campo, i media si erano scatenati, creando il clima per la giornata di violenza di ieri.

Le proposte che nessuno ha voluto sentire erano troppo banali e sensate perché il comune razzista di Milano potesse permettersi che venissero esposte pubblicamente da uomini e donne venuti a difendere la propria dignità e quella dei propri figli.
La comunità europea ha stanziato dei fondi a sostegno delle comunità rom.
Questi fondi, gestiti dal Comune, sinora sono stati utilizzati per operazioni di ordine pubblico: il controllo dei campi ed il finanziamento di associazioni come la Casa della Carità di (don) Colmegna che gestiscono da piccoli kapò le baraccopoli.

La proposta dei rom è semplice: usare i soldi dell’UE per assegnare aree abbandonate all’interno del comune di Milano, autorecuperabili a costo zero, garantendo nel contempo la continuità scolastica ai bambini. I Rom, anche se le favole stupide su di loro ce la raccontano diversa, vorrebbero come tutti una casa vera, ma si accontenterebbero di un terreno per piazzarvi la loro baracca.

Troppo. Per i razzisti che siedono a Palazzo Marino, il vicesindaco De Corato e l’assessore alla Famiglia, Scuola e Politiche sociali, Mariolina Moioli.
La parola – come sempre in questa Milano silente e feroce – passa ai manganelli.

Torniamo in via Barzaghi. Al pomeriggio di violenza di ieri.
La polizia carica tre volte. Ogni volta i rom resistono. A mani nude, pietrate, lanci di bombole, barricate. Ogni volta la polizia arretra. Poi scagliano decine di lacrimogeni e lanciano un blindato in corsa folle contro la gente che resiste. Colpiscono tutti quelli che trovano sulla strada. Nel campo vivono 150 bambini: nemmeno loro vengono risparmiati dalla furia razzista.

L’intera zona viene isolata. Gli antirazzisti, pochi, troppo pochi, vengono tenuti a distanza.
Oggi i quotidiani raccontano un’altra storia: blaterano di manifestazione non autorizzata e di cariche di contenimento. Nessuno dice di bimbi gasati, dei segni dei manganelli sulle schiene dei rom, della bambina di sette anni colpita ad un braccio.

Capita di fronte agli orrori del fascismo e del nazismo che qualcuno si domandi come siano state possibili le deportazioni di massa, i campi, la soluzione finale.

Chi guardasse il nostro oggi dalle baracche di via Triboniano saprebbe la risposta. Una risposta che dovrebbe inquietare una società che si pretende civile.

Se non ora, quando? Se non io, chi per me?
L’indifferenza è complicità.


Lunedì 24 maggio ore 21 corso Palermo 46 Torino Resistenza Rom Con Anto D’Errico del Comitato Antirazzista di Milano

Federazione Anarchica Torinese - FAI

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