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(4 Agosto 2012) Enzo Apicella

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(Il saccheggio del territorio)

Inchiesta. Jesolo, dove il mattone fa da padrone

(21 Maggio 2010)

JESOLO (VE) - Jesolo, una delle maggiori località turistiche italiane per presenze estive, oggi potrebbe essere definita per antonomasia la città del cemento. Negli ultimi anni le amministrazioni comunali che si sono succedute alla guida del paese hanno preferito puntare ad uno sviluppo urbanistico esponenziale senza abitanti. Un fatto alquanto anomalo per una qualsiasi cittadina, dove solitamente l’incremento delle strutture urbanistiche viaggia di pari passo con l’aumento demografico. Eppure qui è successo esattamente il contrario, almeno finora.

Da una parte il numero dei residenti, pressocchè invariato nell’ultimo decennio, potrebbe essere paragonato ad una comunità montana, dove soprattutto i giovani immigrano verso le grandi città alla ricerca di maggiori opportunità, dall’altra Jesolo sembra essere diventata una fucina di architetti, costruttori e immobiliaristi che competono per realizzare e vendere appartamenti su imponenti grattacieli e palazzi avveneristici, che farebbero invidia a metropoli come Miami, o addirittura Dubai negli Emirati Arabi. Ad uno sviluppo verticale si sono aggiunte una miriade di villette e villaggi turistici spuntati come funghi un pò dappertutto. Una deregulation edilizia in controtendenza con le attuali politiche abitative dei paesi europei più avanzati. E che prezzi.

Se l’ondata della crisi economica mondiale, che sta investendo gran parte dei paesi occidentali ha determinato una battuta d’arresto sul mercato immobiliare, Jesolo è esente anche da questo fenomeno dove si continua a costruire a prezzi che nell’ultimo anno sono aumentati addirittura del 5-10%.

Prezzi che possono partire dai 3mila euro al metro quadrato per le zone più arretrate fino a raggiungere quota 15mila, per non parlare delle abitazioni frontemare, paragonabili agli esclusivi appartamenti dei centri storici italiani. Per soli quaranta metri quadrati in una costruzione delle nuovi torri si può arrivare a sborsare anche 650mila euro alla faccia di un progresso che sicuramente accontenta una risicata fetta di facoltosi e arricchisce le tasche di pochi. Oppure per un 70 mq in una palazzina di 25 anni ci vogliono ben 550 milioni di euro. Lo sanno bene le agenzie immobiliari che fino a pochi anni fa si contavano sulle dita di una mano e ora sono almeno una trentina.

Una contraddizione in termini, direbbe forse l’architetto di fama mondiale, Kenzo Tange, che chiamato dall’amministrazione comunale nei primi anni 90 ebbe per primo il compito di gettare le linee guida per trasformare Jesolo in una città vera, e che in termini pratici avrebbe dovuto dare quell’impulso positivo ad una località balneare che vive solo 4 mesi all’anno per poi cadere nella stagione invernale in una sorta di letargo civile. E forse la causa è proprio da ricercare in questa politica espansionistica che non ha tenuto conto che una cittadina cresce solo quando esiste un collegamento direttamente proporzionale tra persone che vi risiedono e sviluppo urbanistico, e non viceversa.

D’altra parte l’ambizioso “Master Plan” realizzato dal noto giapponese di fama internazionale, presentato nel 1994 e approvato definitivamente con qualche variante il 18 aprile del 2003, aveva ben altri obiettivi, rispetto a quello che oggi è sotto gli occhi di tutti.

L’idea portante mirava principalmente a tre obiettivi. Il primo era quello di creare una zona residenziale permanente (l’attuale progetto di edilizia residenziale popolare Campana ndr) che entro il 2012 avrebbe dovuto portare Jesolo al traguardo di 35mila residenti. La seconda era quella che prevedeva l’accorpamento volumetrico di alcuni stabili per rilanciare l’arenile sia in termini di qualità che di sobrietà architettonica. E infine, il terzo obiettivo era quello di creare un parco centrale, una specie di Central Park newyorchese, proprio nel bel mezzo della nuova area residenziale. Insomma tutto ruotava attorno ad un elemento fondante, che ogni urbanista prende solitamente in considerazione, cioè una città pensata e costruita a dimensione dei suoi abitanti. Infrastrutture e attività commerciali erano stati studiati per soddisfare i bisogni non solo dei turisti che affollano nei mesi estivi il litorale, ma anche dei residenti, in un contesto che avrebbe portato nuova linfa vitale all’attività turistica che rappresenta il perno economico del territorio, capace però di dare una continuità anche nei lunghi mesi invernali a garanzia di un equilibrato e costante sviluppo socio economico.

Oggi a guardare Jesolo i veri obiettivi sono stati elusi. Quel che resta del famoso master plan, che nel corso degli anni ha subito circa 300 varianti di programma, è un’esasperta cementificazione con la conseguenze perdita anche della flebile identità sociale che ha accompagnato la storia di Jesolo per oltre un secolo.

Indubbio che nell’attuale contesto l’arredo urbano in generale sia stato migliorato grazie all’ormai consueta contrattazione tra amministrazione comunale e costruttori, dove quest’ultimi in cambio di aumenti di cubatura hanno fatto un vero e proprio restyling di piazzette e strade. Ma la fuga specialmente per i giovani è stata comunque inevitabile. I prezzi delle case sono lievitati, tanto che oggi pochi eletti potrebbero permettersi di acquistare un’abitazione a Jesolo, e nonostante la crescita dell’offerta abitativa stagionale il maggiore flusso turistico si è ridotto prevalentemente nei fine settimana. L’attuale sindaco Francesco Calzavara tempo fa rilasciò un intervista a un giornale locale giustificando l’attuale espansione immobiliarista come un motivo valido per incentivare il ritorno della “creme” facoltosa lombarda, proprio come avvenne negli anni 50 e 60, periodo in cui Jesolo era considerata una spiaggia d’elite.

Così le intenzioni originarie del tanto discusso Master Plan si sono sempre più affievolite per fare spazio ad una speculazione selvaggia, quasi fosse la panacea di tutti i mali. Ascoltando alcuni dei residenti il mercato immobiliare avrebbe favorito i piccoli e medi imprenditori della regione che avrebbero investito il contante delle loro aziende sul sicuro mattone, determinando una lievitazione dei prezzi incontrollata.

Così jesolo oggi rappresenta un caso alquanto singolare con prezzi che viaggiano da se, a scapito di una crescita demografica parallela, e senza migliorare la qualità della vita per chi ci vive tutto l’anno.

Indubbio che aumentare demograficamente una città comporta un onere maggiore per l’amministrazione: più scuole, più strutture pubbliche e più servizi d’aggregazione sociale, forse ritenuti poco importanti per l’attuale gestione. Ma questo elemento rappresenta il cuore pulsante di una qualsiasi città. Nel 1991 Jesolo, secondo i dati diffusi dall’Istat aveva 22.151 residenti e dieci anni più tardi erano diventati 22.698. Una crescita irrisoria rispetto ai presunti 6 milioni di metri cubi di cemento realizzati negli utlimi anni, e che secondo i demografi si possono tradurre in una capacità insediativa di circa 50mila abitanti. D’altra parte siamo in una regione che registra un primato negativo assieme alla Puglia e al Lazio, per quanto concerne l’avanzata del cemento. Dal 2001 al 2008 il Veneto ha perso ben 100 chilomentri quadrati tra aree verdi e agricole (Rapporto Istat 2009) per far spazio a nuovi insediamenti urbani.

Osservando i dati dell’anagrafe jesolana da gennaio a dicembre del 2008 i residenti complessivi erano 24.875. Nello stesso anno sono nati nel comune 214 bimbi, contro 218 decessi. Sempre nello stesso anno 575 persone avrebbero cancellato la loro residenza e 1006 avrebbero deciso di trasferirsi nel comune jesolano con una differenza positiva di appena 426 unità.

L’istat nel suo ultimo bilancio demografico provvisorio relativo al mese di febbraio 2009 riporta invece una diminuzione di 15 unità su una popolazione residente di 24.916, considerando le nuove nascite e i decessi, i nuovi iscritti all’anagrafe e quelli che si sono cancellati.

Il giorno di ferragosto il Gazzettino ha pubblicato un articolo nel quale il primo cittadino sottolineava la crescita dei residenti come progettato dell’architetto giapponese, a dimostrazione di un traguardo raggiunto soddisfacente. “Da 23.465 del 31 dicembre 2003 si è passati a 25.106 del 31 luglio 2009?, ha ribadito orgogliosamente il primo cittadino, dimenticando che il Master Plan a conti fatti ipotizzava una crescita per raggiungere circa 35mila unità entro il 2012. Se così fosse l’amministrazione comunale dovrebbe in soli 3 anni recuperare i mancanti 10mila nuovi abitanti caduti nell’oblio. Un risultato alquanto difficile visto che in 18 anni l’aumento complessivo è stato pari a 2.955 unità. Tuttavia a parte le buone intenzioni centrare gli obiettivi originari non è cosa facile. Molti giovani impossibilitati ad acquistare un’abitazione hanno dovuto subire un trasferimento forzato nei comuni limitrofi dove il prezzo delle case è più abbordabile, rompendo di fatto anche la continuità di famiglie nate e vissute per decenni nel litorale jesolano.

Eppure Jesolo, non poteva essere meno di una grande megalopoli e così altre lottizzazioni sono andate a far spazio ai nuovi centri commerciali aperti tutto l’anno, che nei mesi invernali somigliano più a delle astronavi atterrate nel deserto. Tre sono già stati realizzati: Laguna Shopping, i Giardini di Jesolo e la nuova Ca’ Silis, mentre altri due sono previsti nell’area in cui un tempo sorgeva uno dei locali storici della Jesolo by night, Le Capannine, dove nel 1965 il regista Pietro Germi girò le scene del suo capolavoro “Signore e Signori”, e nella Piazza Torino in zona Pineta. E se anche i centri commerciali fossero intesi con la concezione di creare dei poli aggregativi, gli attuali 25mila residenti sarebbero insufficienti per mettere in moto quel meccanismo economico tale da giustificarne la massiccia presenza, senza considerare i disagi provocati nella viabilità durante i mesi estivi.

Verso gli anni ‘80 un appartamento a Jesolo poteva costare 800 mila di vecchie lire al metro quadrato, e solo qualche anno più tardi con l’avvento dell’euro il prezzo era quintuplicato.

Molti alberghi si sono trasformati in condomini, abbassando notevolmente la ricettività alberghiera, che era considerata la punta di diamante dell’ospitalità jesolana, per fare spazio a nuove costruzioni abitative, alcune delle quali, in via di realizzazione nelle aree frontemare, recentemente sono state addirittura bloccate dalla Sovraintendenza per non aver rispettato la cosiddetta legge salvacosta. Norma che il presidente della regione Veneto Giancarlo Galan non ha mai nascosto di ritenere come un vero blocco per lo sviluppo.

E così non solo il territorio jesolano che si estende per 95 chilomentri quadrati è stato stravolto, non solo i 14 chilomentri di costa che si affacciano sull’Adriatico sembrano ricordare un muro di cemento a protezione di un improbabile tsunami, ma anche la vita sociale per chi ci vive tutto l’anno e per chi trascorre qualche giorno di vacanza ha inciso profondamente sulle abitudini.

A parte qualche caso isolato Jesolo anche nel periodo estivo offre ben poco. Un carosello interminabile di negozi che fanno perdere l’orientamento in una ripetizione ossessiva di attività commerciali lungo le vie più importanti, come la Via Bafile, l’arteria principale, divenuta isola pedonale a partire dai primi anni ‘80, mentre a pochi metri dal mare la polizia municipale vigila costantemente per contrastare gli indecorosi “vù comprà”.

Ma non è tutto, perchè anche il turismo mordi e fuggi è diventato un problema. Quest’anno lungo l’arenile proprio per combattere l’ondata dei pendolari che nel fine settimana affollano la spiaggia hanno pensato di realizzare delle transenne per delimitare la loro scomoda presenza non oltre i cinque metri dal bagnasciuga. Turisti di serie B che non rientrano affatto nelle aspettative dell’amministrazione, la quale tempo fa aveva addirittura pensato di introdurre la spiaggia a pagamento.

Anche la vita notturna che negli anni scorsi attraeva migliaia di giovani si è spenta. Sì perchè l’amministrazione aveva pensato bene di delocalizzare in periferia le discoteche in un progetto chiamato X site che avrebbe dovuto ospitare il cosiddetto quartiere della musica 12 mesi l’anno. Progetto che non è mai decollato. Così i vecchi locali notturni sono stati definitivamente chiusi e al loro posto sono sorti ancora nuovi appartamenti.

Jesolo a poco a poco è così diventata un vero e proprio porto del business dove il mattone fa da padrone, ma per pochi eletti. La gente del posto vocifera che le case sono così costose perchè gli unici a comprarle sarebbero tanti facoltosi imprenditori e liberi professionisti delle ricche province venete che investono il proprio “nero” piuttosto che lasciarlo ammuffire sotto il materasso. Un’ipotesi alquanto azzardata. Tuttavia la stima calcolata a luglio 2009 da Krls Network of Business Ethics per conto di Contribuenti.it, Associazione Contribuenti Italiani, che monitora costantemente il fenomeno dell’evasione fiscale in Italia, attribuisce al Veneto la maglia nera per crescita numerica di evasori con un + 15,7%, assieme alla Lombardia (+16%) e alla Campania (+14,2%). Inoltre un’indagine della Guardia di Finanza ha recentemente scovato 168 evasori nella ricca Treviso che dichiaravano quanto un lavoratore precario, mentre una quarantina erano addirittura sconosciuti al fisco. Alcuni di questi però sono risultati proprietari di abitazioni proprio a Jesolo.

Gli eventi culturali nel litorale sono diventati una rarità. A parte i folkloristici fuochi d’artificio di ferragosto, la consueta esibizione delle frecce tricolori e da quest’anno anche la Casa Light per le selezioni al Grande fratello, con tanto di ospiti come la maggiorata Cristina Dal Basso, a Jesolo non ci sono cinema, nessuna libreria all’altezza delle presenze estive, rare presentazioni teatrali, di mostre, o di libri magari consumate davanti a un chiosco sulla spiaggia, mentre gli eventi ufficializzati orgogliosamente dal Comune si riducono a qualche apparizione della Miss bellezza di turno, o di qualche attore della commedia all’italiana ai quali sono stati dedicati tratti del lungomare.

Nancy Brilli, Sophia Loren, Christian De Sica, solo per fare qualche nome, fanno pensare più ai film dei fratelli Vanzina che pur nella loro simpatia e ironicità hanno ben poco a che vedere con le vere origini della cultura contadina di questo territorio e delle storie che l’hanno contraddistinta. Ma si sa quando il soldo impera, o meglio i “schei”, come si dice in dialetto dopo la dominazione austro-ungarica, diventa scomodo ricordare quello che eravamo. Una prerogativa necessaria, perchè comprendere il passato, il tessuto sociale, la composizione e la crescita storica di una piccola comunità è un elemento indispensabile per indirizzare scelte più efficaci a vantaggio della collettività.Jesolo una recente veduta aerea
Fa una certa impressione leggere una lettera pubblicata il 12 agosto scorso sul Gazzettino nella quale un lettore denuncia una città sempre più asfittica, strangolata dal cemento, pacchiana e pretenziosa. “A Jesolo ci vengono anche persone che sanno leggere e scrivere, che si guardano attorno, che fanno confronti”. Un monito che forse l’amministrazione comunale dovrebbe valutare, perchè i turisti non possono essere considerati come un modello sociale dal pensiero unico, bensì persone alla ricerca di un pluralismo composito di offerte.

Sfide che molti comuni italiani hanno già affrontato con entusiasmo e con passione e che alla fine hanno dato dei risultati positivi. Basta pensare a festival come Locarno, o al Giffoni, oppure al Pordenone Legge, o alle manifestazioni cinematografiche. Eventi culturali spesso partiti con grande scetticismo e poco pubblico, ma che alla fine hanno trovato un riconoscimento a livello internazionale. Insomma, il fatto che l’amministrazione comunale escluda a priori certi eventi per favorirne altri, significa classificare il turista medio come una persona che non sa “leggere e scrivere”, proprio come polemizza il lettore del quotidiano veneto.

Se non fosse per il mare che evoca ricordi lontani anche l’inverno a Jesolo, proprio per il suo mancato aumento demografico, si riduce a una città fantasma con una densità di popolazione pari a circa 262 abitanti per chilometro quadrato.

Al panorama freddo dell’autunno che offre la vista di una città dove i suoi abitanti sembrano essere fuggiti per un’improvvisa e dilagante epidemia si sommano i cantieri a cielo aperto. Muratori, posatori, falegnami al servizio delle grosse ditte costruttrici, impegnati ad allargare sempre più i confini naturali di questa località che ha puntato sul sensazionalismo urbanistico e spregiudicato. Insomma la città si dovrebbe migliorare per aiutare l’uomo a realizzarsi nella sua duplice dimensione, personale e sociale, invece, a Jesolo questo non succede.

Un vero e proprio impero immobiliare dalle case vuote. Qualche attrazione turistica per illudere i vacanzieri più sprovveduti sono alla base di una ricetta che vuole incantare anche l’occhio più disattento puntando su un dinamico e apparente progresso svuotato dal suo sviluppo. Peccato che oltre il muro di cemento ci sia il nulla.

Alessandro Ambrosin

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