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(9 Marzo 2012) Enzo Apicella
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Cgil: la mozione 2 verso l’area programmatica

(29 Maggio 2010)

L’ultima riunione dei componenti del direttivo nazionale eletti con la mozione “La Cgil che vogliamo” ha dato il via al percorso per la costituzione di un’area programmatica statutaria, per garantire la continuità della mozione.
La scelta non è stata semplice perché molte delle forze e delle persone che avevano dato vita alla mozione avevano inizialmente dichiarato che essa non sarebbe continuata come area. Che cosa ha fatto sì che si arrivasse a cambiare idea e a scegliere questa strada?
Diverse ragioni di fondo, che elenchiamo:

1 – l’andamento e le conclusioni del congresso. Per gran parte del percorso congressuale la maggioranza ha negato il merito delle differenze tra i due documenti. Si è parlato di attacco alla Cgil, di scioglimento dello Spi, di guerre tra burocrazie, senza affrontare i contenuti della discussione. Solo nell’ultima fase dei congressi, e in particolare nelle conclusioni del congresso nazionale della Cgil, il segretario generale ha riconosciuto l’esistenza di rilevanti differenze su due punti di fondo, il giudizio sull’accordo separato sul sistema contrattuale e il rapporto tra unità e democrazia sindacale. Se fin dall’inizio queste differenze fossero state marcate e portate agli iscritti, il congresso avrebbe avuto un altro corso in termini di trasparenza e anche di possibilità di mediazione.

2 – si è deciso di cambiare lo Statuto a maggioranza, contro la minoranza congressuale, per la prima volta nella storia della Cgil. E’ chiaro che questa non è una questione di poco conto perché implica una modifica nei fatti, oltre che in termini di principio, della natura e delle regole democratiche dell’organizzazione

3 – Dopo la conclusione del congresso è mancato qualsiasi riconoscimento alle ragioni della mozione, sia nella vita interna dell’organizzazione, sia nella formazione dei gruppi dirigenti, sia nella definizione delle scelte.

E’ chiaro che la decisione di continuare la battaglia politica della mozione, di fronte al rifiuto di cambiare la Cgil come sarebbe necessario, richiede il ricorso agli strumenti statutari, che soli garantiscono gli spazi, le agibilità democratiche, i diritti di proposta, le possibilità di iniziativa.
Alla base di questa scelta c’è dunque la volontà di continuare, nelle condizioni concrete in cui oggi si svolge il confronto in Cgil. E questo è dovuto al fatto che l’attacco ai lavoratori, la gestione della crisi da parte del Governo, le posizioni complici di Cisl e Uil, richiedono ancor più di prima il cambiamento di linea e di pratica nella Cgil. Lo stesso fallimento della principale operazione politica tentata nel congresso nazionale dalla maggioranza lo dimostra. Con quel congresso si è tentata l’apertura a Cisl e Uil, si sono condannati i fischi, si è considerato sbagliato il ricorso a conflitti troppo lunghi, come si imputa alla Fiom, si è dialogato con Governo e Confindustria. Appena concluso il congresso, Confindustria, Cisl, Uil e Governo si sono trovati più volte senza la Cgil per concordare la manovra finanziaria sul bilancio. E la Cgil è costretta così per l’ennesima volta a proclamare da sola mobilitazioni e scioperi, peraltro in modo assolutamente insufficiente e che può apparire persino non convinto.
La denuncia di fondo del documento “La Cgil che vogliamo” e cioè che occorre un cambiamento profondo nella linea della Cgil, altrimenti si va verso la marginalità, resta quindi tuttora valida e dimostrata dai fatti. Dalle contraddizioni e incertezze di un gruppo dirigente che oscilla continuamente tra lo sciopero da soli e l’unità a tutti i costi con Cisl e Uil.
Per questo la continuità della mozione nell’area.
C’è però un tema di fondo che la discussione ha sollevato e che va affrontato. L’esperienza delle aree programmatiche, in particolare quella di Lavoro Società, non è stata sempre positiva. E’ vero che c’è la storia di un’area come la Rete28Aprile, che è sempre stata totalmente disinteressata a operazioni di potere e che ha condotto sempre una trasparente lotta politica. Però il peso dell’esperienza di un’area centralizzata, come è Lavoro Società, che ha rinunciato a qualsiasi funzione politica in cambio di una collocazione come componente della maggioranza, posizione che è ai limiti dello Statuto, sta lì ad insegnare che bisogna seguire altre strade. L’area che nascerà dalla mozione dovrà quindi essere fondata su vasti principi democratici, senza nessuna forma di centralismo democratico, sulla priorità della lotta politica e della partecipazione, piuttosto che del manuale Cencelli nei gruppi dirigenti. Per questo essa dovrà darsi uno statuto di partecipazione preciso, che dovrà essere approvato da una vasta consultazione e alla fine da un’assemblea nazionale.
Al direttivo del 7, 8 e 9 giugno verrà quindi presentato un documento che preannuncia la costituzione dell’area e, successivamente, entro la fine di giugno dovranno svolgersi le riunioni territoriali e poi l’assemblea nazionale, che definirà le caratteristiche, i contenuti, le modalità democratiche di funzionamento di essa.
La continuità della mozione in area programmatica è una scelta rilevante per la Cgil e per tutto il sindacato italiano. Non bisogna dimenticare che questa mozione rappresenta 308.000 militanti in carne ed ossa nel congresso, cioè 1/5 di un’organizzazione che ha quasi 6 milioni di iscritti. Essa è presente in maniera diffusa in tutto il territorio nazionale, è in maggioranza nella Fiom e in alcune importanti Camere del Lavoro. L’area che nascerà ha quindi la forza per incidere nelle scelte e nelle pratiche future della Cgil.

Roma, 28 maggio 2010

Giorgio Cremaschi
Rete 28 Aprile nella Cgil per l’indipendenza e la democrazia sindacale

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