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Ecco la fine che attende (fra l'indifferenza) dello stabilimento OMSA Faenza (MN)

(2 Luglio 2010)

Nerino Grassi proprietario (anche) dello stabilimento OMSA di FAENZA (RA) non ha ancora ufficializzato la data, ma ha già fissato l'incontro decisivo delle sorti dello stabilimento emilian: è per il prossimo martedì 13 luglio nonostante i sindacati avessero richiesto con insistenza che tutto ciò fosse prima.

L'incontro, del resto, anticipa di sole due settimane la fine prevista per tutte le lavorazioni di via Pana. Dopodiché anche gli ultimi dieci macchinari - in cui al momento lavorano a rotazione i 350 dipendenti - saranno smantellati e dunque si dovrà partire con la riconversione.

Ed è proprio questo il problema: perché per ora non c'è alcun piano in proposito.
I rappresentanti dei lavoratori e delle istituzioni, a quindici giorni dalla chiusura, non sanno ancora nulla sul progetto su cui confrontarsi.
Se la sede deputata a presentare i progetti è il Mise, per ora questo tavolo resta vuoto di contenuti.

Ad aggravare la situazione è il passare del tempo e con esso l'avvicinarsi dell'aprile 2011, data in cui - per accedere al secondo anno di cassa integrazione straordinaria - dovranno essere riallocate almeno un terzo della 350 maestranze attualmente in organico.

Il progetto della pollina proposto dai manager di Nerino Grassi è in alto mare e avrà tempi lunghi. I corsi di formazione che devono avviare istituzioni e sindacati non sono ancora venuti alla luce e dal canto suo il Gruppo Golden Lady non ha nemmeno fatto partire l'outplacement, ossia quell'attività con cui società autorizzate agiscono a supporto della ricollocazione dei dipendenti in uscita da un'azienda.

Per chiudere il quadretto gli incentivi all'esodo sono giudicati bassi da lavoratori e sindacati, ma da quelle cifre, l’impresa non si è mossa.
«Siamo fermi all'incontro che abbiamo avuto in Regione oltre un mese fa e nulla si muove – ha commentato Renzo Fabbri, segretario provinciale della Filctem Cgil.

La preoccupazione è tanta, dicono i lavoratori, perché l'azienda non ha ancora comunicato il nome di un compratore interessato o di un progetto alternativo.
Se entro fine luglio non ci sarà chiarezza i lavoratori fanno sapere che torneranno a bloccare la fuoriuscita dei macchinari, prima che sia troppo tardi….

Claudio Casadio, vicepresidente della Provincia aspetta l’incontro del 13 confidando …

E’ dunque questo ciò che emerge dalle ultime vicende e che le lavoratrici e i lavoratori OMSA vogliono che si sappia: il tutto inizia con la volontà dell’imprenditore mantovano di delocalizzare in Sebia, dove ha aperto uno stabilimento con oltre 1200 operai addetti alla produzione di calze e collant, con salari e diritti decisamente a “basso costo”. Il silenzio imbarazzante di sindacato e politica mantovani su una vicenda che ci riguarda da vicinissimo e che dovrebbe essere tenuta presente proprio per il pericolo che rappresenta (trattandosi di un importante impresa mantovana che ha deciso di de localizzare la produzione…), sembra dunque non trovare amplificazione, a dispetto degli altri gravissimi esempi nostrani, come quello della Nuova Pansac dell’altro mantovano doc Lori. L’impunità assoluta del padronato di scegliere come meglio crede, solo in base ai propri interessi, per contro, dovrebbe coinvolgere e interessare maggiormente chi vanta di ….rappresentare gli interessi di lavoratori e classe operaia, oggi “virtualmente” all’opposizione del governo delle destra. Purtroppo omologazione e trasversalità a sostegno, sempre e comunque, degli imprenditori, prevalgono impunemente e a suon di propaganda, anche a costo di tacere e far tacere su ciò che accade a poche decine di km di distanza da una realtà che si vuole mantenere sonnacchiosa e … rassegnata.

monica perugini
segretario Comunisti Sinistra popolare Lombardia
consigliere provinciale Mantova

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