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(4 Agosto 2012) Enzo Apicella

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(Il saccheggio del territorio)

Disastro del Golfo del Messico: la marea nera del capitalismo.

(9 Luglio 2010)




L’economia capitalistica, più volte nella storia lo ha dimostrato, considera la natura una merce da sfruttare a proprio vantaggio. Al pari del lavoro umano, anche la natura è considerata un costo da abbattere per poter incrementare i profitti delle aziende che operano nei diversi mercati. L’ultimo esempio, forse il più eclatante, riguarda lo sversamento di petrolio nelle acque del golfo del Messico, iniziato lo scorso 20 aprile.

Una breve ricostruzione dei fatti

Il disastro è avvenuto sulla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, di proprietà della multinazionale svizzera Transocean ed affittata temporaneamente all’azienda British Petroleum. La piattaforma petrolifera si trovava a circa 80 km dalle coste della Louisiana, nel Golfo del Messico. Il 20 aprile una forte esplosione fa divampare un violentissimo incendio, a causa del quale muoiono all’istante 11 lavoratori, mentre altri 17 restano feriti. Da indagini successive al disastro è emerso che l’esplosione è stata causata da una falla nel sistema di sicurezza della piattaforma petrolifera di cui la dirigenza della British Petroleum (d’ora in poi Bp) era a conoscenza da tempo. I padroni dell’azienda, pur di non perdere dei giorni di lavoro e dunque decine di milioni di profitti, hanno dolosamente esposto le vite dei lavoratori al rischio altissimo, poi puntualmente verificatosi, di un disastro senza precedenti. I proprietari ed i dirigenti della Bp hanno cercato immediatamente di discolparsi, adducendo spiegazioni fantasiose circa una presunta imprevedibilità dell’accaduto.
È falso! Loro sapevano benissimo dei rischi a cui sarebbero andati incontro i lavoratori che operavano sulla piattaforma e, scientemente e volontariamente, hanno mantenuto tutto sotto silenzio pur di continuare a macinare profitti. Ancora una volta i capitalisti mostrano il loro vero obiettivo, vale a dire quello di sfruttare all’inverosimile il lavoro umano e l’ambiente pur di accumulare infinitamente ricchezze. Ma tali indebite utilità sono sporche del sangue dei lavoratori sacrificati sull’altare dei profitti da questi assassini con giacca, cravatta e colletto bianco.

Le conseguenze ambientali

Oltre ad avere sulla coscienza le vite dei lavoratori uccisi dall’incendio divampato sulla piattaforma petrolifera, i padroni e la dirigenza della Bp hanno anche le responsabilità di danni ambientali ed economici immensi. Per quanto riguarda l’ambiente, è necessario qui ricordare alcune tra le più significative conseguenze di questo disastro. Subito dopo l’esplosione della piattaforma, si è aperta una falla che ancora oggi continua a disperdere nell’oceano migliaia di barili di petrolio ogni giorno. Radicalmente alterati risultano essere i processi vitali della fauna marina, le prime specie animali vittime del disastro sono state quelle di dimensioni più piccole e poste alla base della catena alimentare, come ad esempio il plancton. Fra le specie coinvolte ve ne sono anche di dimensioni più grandi, come ad esempio numerose specie di pesci, tartarughe marine, squali, delfini e capodogli, tonni, granchi e gamberi, ostriche, menhaden, varie specie di uccelli delle rive, molte specie di uccelli migratori, pellicani. Evidentemente, le conseguenze negative che derivano dallo sversamento in mare del petrolio, incidono anche sull’uomo, per via della catena alimentare.

Le conseguenze sulla salute e sulla vita umana

Il disastro provocato dalla bramosia di profitto dei padroni della Bp aggraverà, nel breve e nel medio periodo, le malattie respiratorie e le allergie sulla pelle. Nel lungo periodo, altresì, il disastro provocherà un radicale aumento statistico dei tumori sugli abitanti delle zone colpite, oltre ad un aumento sensibile degli aborti spontanei. Sono danni incalcolabili che ricadranno sulle masse popolari della Louisiana, colpendo al solito le classi meno abbienti di quei territori. Centinaia di pescatori, infatti, che traevano il proprio sostentamento dall’attività ittica, hanno assistito, da un giorno all’altro, al crollo d’ogni aspettativa per il futuro e d’ogni benché minima certezza per il presente.

Le responsabilità dell’amministrazione Obama

Il presidente degli Stati Uniti, Obama, ha chiesto il risarcimento danni alla Bp per ciò che ha provocato. Obama, che non è uno stupido, sa benissimo che questa vicenda potrebbe minare la base del suo consenso sociale. Per questo motivo tenta di combinare una politica assolutamente incline agli interessi delle multinazionali capitalistiche con proclami populistici su un presunto risarcimento danni che la Bp dovrebbe elargire al governo americano. Sono boutades populistiche, oltre che ipocrite, perché sorvolano su un punto fondamentale, vale a dire la responsabilità politica in capo all’amministrazione statunitense che ha elargito la concessione per lo sfruttamento del giacimento petrolifero alla Transocean e dunque alla Bp. Se è vero che il materiale assassinio di 11 lavoratori, il ferimento di altri 17, il tracollo della base di sussistenza di larga parte dei pescatori della Louisiana che vivono del proprio lavoro, i danni incalcolabili alla flora ed alla fauna marina, i danni alla salute umana sono ascrivibili alla Bp; è altrettanto vero che della responsabilità per aver creato le condizioni indispensabili affinché il disastro avvenisse sono del governo borghese diretto da Obama.

La necessità di un mondo sottratto al capitalismo

È dunque evidente come il vero responsabile di tutto sia il sistema capitalistico, con le sue storture e le sue iniquità. L’attualità dell’oggi (un “oggi” che dura da oltre duecento anni) ci presenta un sistema economico-sociale in cui primeggia la ricerca del profitto privato per un manipolo di famiglie, a discapito del benessere e della sicurezza sociale e materiale per la stragrande maggioranza della popolazione mondiale. Combattere per un mondo diverso, in cui venga prima di tutto l’uomo considerato in quanto tale, un mondo non più diviso in classi, è oggi tanto più necessario quanto maggiormente viene aggravandosi la crisi del modello capitalistico di sviluppo economico e sociale. Ma per fare tutto questo, è necessario creare le condizioni affinché attraverso la sua forza propulsiva, il proletariato mondiale, che è l’unica classe sociale il cui dominio può portare all’abolizione delle classi, scardini l’attuale disumano sistema capitalistico e lo sostituisca con un altro sistema, confacente agli interessi della maggioranza della popolazione mondiale, vale a dire il socialismo.

Claudio Mastrogiulio - PdAC

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