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Ci facciamo un Tonchino?

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(5 Gennaio 2012) Enzo Apicella

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    (Imperialismo e guerra)

    Medio Oriente, giorni di destabilizzazione

    (5 Agosto 2010)

    ahmadinejad

    Granata o bomba carta che sia l’attentato fallito al presidente iraniano Ahmadinejad, prima smentito poi confermato dalla stessa fonte ufficiale governativa del Fars che ha ripetuto quanto avevano già annunciato la tivù Al-Arabiya e numerose agenzie internazionali, rende il quadro mediorientale di queste ore altamente elettrico. La notizia segue d’un giorno l’incidente di frontiera (quattro morti) nel sud del Libano, il più grave dall’ultimo conflitto nell’area più ristretta dei Territori Occupati e dei Paesi limitrofi. Nei giorni scorsi, costatando il clima che si respira da settimane, i presidenti siriano Assad e libanese Suleiman più il sovrano saudita Adbullah avevano discusso delle tensioni sempre vive nella regione. L’azione contro il capo di Stato iraniano si è svolta nella provincia di Hamedan, 350 km dalla capitale, dove Ahmadinejad era in visita ufficiale. Un territorio che finora non aveva dato origine a particolari conflitti differentemente dalle maggiori città del Paese coinvolte nelle contestazioni post elettorali dell’anno passato o dalle province meridionali confinanti col Pakistan. Soprattutto il Baluchistan era stato teatro nell’ottobre 2009 del mega attentato nel quale avevano perso la vita importanti capi pasdaran come il generale Shusthari. Su quel colpo, rivendicato dai guerriglieri fondamentalisti “Soldati di Dio” di Abdel Rigi formazione sunnita vicina ad Al Qaeda e come quella struttura degli anni Ottanta ampiamente foraggiata dalla Cia, erano lanciate ipotesi d’un aperto aiuto delle Intelligence occidentali (inglese e statunitense). L’idea del sovvertimento dell’attuale leadership iraniana tramite mobilitazioni di piazza pilotate o attentati è ormai una realtà della quale discutono anche seri analisti geopolitici. Non è certo cosa nuova nella storia del Paese che ha conosciuto le pesanti ingerenze straniere all’epoca del governo legittimo di Mossadeq rovesciato per restaurare la dinastia Pahalavi. Al tempo stesso è vero come l’insofferenza, soprattutto giovanile e femminile per gli aspetti più contraddittori del velayat-e faqih, ha raggiunto l’apice proprio nelle strabordanti manifestazioni di piazza e anche in quelle che celebravano la dipartita di personaggi recentemente scomparsi come l’ayatollah Montazeri. Eppure, come dimostravano gli scontri dei giorni dell’Ashura con morti e risposta violenta del movimento verde ai picchiatori basij, i ragazzi delle piazze di Teheran ed Esfahan finora non hanno cercato l’insurrezione né alcuna opposizione si è organizzata per una presa violenta del potere. Pensare al gesto liberatorio dell’attentato contro l’uomo simbolo del Partito dei Guardiani della Rivoluzione è possibile ma sa anche d’ingenuità o di velleitarismo politico. Gli anti-regime occidentali e non sostengono invece come taluni attentati, quello d’inizio anno all’ingegnere nucleare Mohammadi e questo contro il presidente, potrebbero essere orchestrati dai Servizi di casa per mettere alle corde oppositori e compattare la popolazione contro i “nemici esterni”. Non estranei, naturalmente, la partita strategico-militare e quella energetica che vede il Paese degli ayatollah dover resistere alle sanzioni sul nucleare e cercare soluzioni praticabili per l’import-export del greggio attraverso gli oleodotti regionali.

    4 agosto 2010

    Enrico Campofreda

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